Vittorio LussanaPer natura, i laici tendono a interessarsi maggiormente alla figura umana, più che a quella divina, di Gesù Cristo. Il Gesù laico, infatti, è sorretto da una forte volontà di redenzione per le vittime dell’istituzionalizzazione politica della religione operata dai Farisei, quei “sepolcri imbiancati” che adottano la fede in quanto strumento di repressione e di condizionamento sociale. Il Gesù laico non viene, perciò, a “portare la pace, ma una spada”. Ciò rende la figura del figliolo del falegname di Nazareth paragonabile a quella di un ‘rivoluzionario’. Tuttavia, riflettendo meglio sul concetto di ‘rivoluzione’, a me è sempre apparsa un’idea alquanto ‘bizzarra’ quella tesa a raffigurarla in quanto fenomeno da realizzarsi attraverso la violenza fisica o da dietro delle barricate. Anzi, ritengo tale concezione una suggestione ‘antistorica’. Nel particolare periodo storico in cui Gesù è vissuto, dire alla gente: “Porgi al nemico l’altra guancia” rappresentò un concetto clamorosamente anticonformista, un vero e proprio ‘scandalo’. Dunque, ho sempre ritenuto la figura di Gesù rivoluzionaria soprattutto in tal senso. Essere laici, in particolar modo in Italia, significa non essere cattolici nel senso restrittivo di questo termine, non avere, cioè, nei confronti dei Vangeli, né le inibizioni di un cattolico praticante (inibizioni in quanto terrore per delle mancanze di rispetto), né quelle di un cattolico ‘inconscio’, che teme il cattolicesimo stesso come ‘ricaduta’ della condizione conformista e borghese già superata attraverso una moderna concezione della laicità. Da simili premesse, possiamo tuttavia cominciare a trarre una serie di importanti considerazioni di principio: la laicità, esattamente come la religione, non è una filosofia ‘materialista’. Anzi, in essa si intravedono momenti di idealismo, di volontà conoscitiva e di impegno civile, tutti elementi ‘trascendenti’ tipici di una vera e propria filosofia morale. Dove scienza e religione, invece, divaricano rispetto al proprio sentiero comune è sulla questione del mistero, poiché la laicità può avere finalità ‘poetiche’, ma non prevede nessuna incursione sul terreno del ‘miracolismo’ o del puro ritualismo dogmatico. Tuttavia, pur dissociandosi dagli elementi materialistici che la rinchiuderebbero in uno schematismo ideologico, la laicità non può nemmeno considerarsi una diversa forma di ‘storicismo’, poiché essa tende a volgere il proprio sguardo in avanti, sino a raggiungere un’immanenza spirituale tale da assumere Gesù stesso non in quanto Figlio di Dio, bensì - e più semplicemente - come un personaggio dall’immensa natura umana. In Gesù, mai l’umanità è stata così alta, rigorosa e ideale da andare al di là dei comuni termini dell’umanità stessa. Da non cattolico, dunque, si possono comunque trarre dal Vangelo indicazioni di altissimo valore spirituale. E ciò proprio grazie al ‘distacco’ della laicità, ovvero per la mancanza di quelle inibizioni - il filosofo siciliano Giovanni Gentile le avrebbe definite “contaminazioni formali” - che generalmente vincolano i cattolici ‘conformisti’. In tal senso, un laico è libero da qualsiasi schematismo e, proprio per questa ragione, è maggiormente in grado di comprendere appieno il tracollo irreversibile di quel relativismo ideologico verificatosi nel corso del XX secolo, un declino avvertibile e individuabile in tutte le nostre attuali incertezze. Una crisi come quella che stiamo attraversando potrebbe persino assumere i contorni di una regressione verso forme di religiosità ‘estreme’, che rischiano di andare ben oltre l’irrazionalismo ‘fideista’, fino a sconfinare nel misticismo ascetico, scavalcando persino l’ortodossia più rigida. Ma un uomo che venne al mondo con il chiaro intento di sacrificarsi per il mondo stesso non può rimanere prigioniero di una religione della paura, totalmente improntata attorno a un dogmatismo ritualista che ‘mostra il fianco’ al vero relativismo della modernità: quello del mero possesso dei beni materiali come unico scopo dell’esistenza. La laicità, in tal senso, può dunque occupare, oggi, lo ‘spazio ideale’ lasciato libero dal crollo delle ideologie marxiste. Ciò porterebbe con sé due conseguenze culturali estremamente importanti: a) ricreerebbe una condizione di sana ‘concorrenza’ nella formazione spirituale e civile dei cittadini; b) rilancerebbe una ‘sfida’ al cuore del mondo cattolico, imperniata sul grado di duttilità necessaria ad affrontare le questioni più controverse della modernizzazione. In base a una simile prospettiva, la laicità può pertanto assumere un ruolo tutto sommato complementare a quello della religione, secolarizzandola, rendendola più attuale, maggiormente adatta ai nostri tempi. Insomma, se il cattolicesimo proposto da Ratzinger, Bertone e Bagnasco intende mantenere le proprie posizioni nel merito di numerose questioni, non è detto che ciò possa rappresentare, di per sé, un male. Soprattutto, al fine della maggior diffusione di una nuova ‘intellettualità laica’. La laicità, insomma, potrebbe rappresentare - non solamente sotto un profilo culturale - quell’innovazione e quel cambiamento ‘rivoluzionario’ della mentalità collettiva dei cittadini che tanto servirebbe al nostro Paese. Una felice Pasqua ai nostri lettori e a tutti gli italiani. Cattolici e non.


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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - domenica 1 aprile 2012 13.23
RISPOSTA AL SIG. GIAVAZZI: la ringrazio, egregio lettore, per il garbato commento. In effetti, la distinzione tra cristianesimo e cattolicesimo sembra possedere una propria fondatezza, così come confermato dalla nota 'massima' di Benedetto Croce: "Non possiamo non dirci cristiani". Tuttavia, anche il titolo di Cristo ha una propria radice che, dalla documentazione ambientale e archeologica attualmente a disposizione, non sembra corripondere a un titolo espressamente richiesto da Gesù, bensì a una sovrastruttura ideologica successiva, derivante da una durissima contesa religiosa avvenuta nei primissimi secoli d. C. In ogni caso, richiamare Gesù Nazareth non in quanto figlio di Dio, bensì come primo vero fondatore del principio di laicità nel corso della propria contesa teologica con i Farisei, può essere assunto come punto di riferimento assai interessante al fine di ricreare un terreno di dialogo e di principio condivisibile per tutta la nostra società.
Cordiali saluti e una serena Pasqua a lei.
VITTORIO LUSSANA
Giovanni Giavazzi - Vigevano - Mail - domenica 1 aprile 2012 12.10
Se ho ben compreso il pensiero di Lussana, la sua posizione potrebbe anche essere cristiana, ma non cattolica. Gli evangelici italiani, ad esempio, sono estramemente aperti sui principi "non negoziabili" della gerarchia cattolica, non discostandosi praticamente dal pensiero laico di Lussana. Anche se credono in un Gesù figlio di Dio.


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