Noi che viviamo la politica, che ce l’abbiamo nel sangue sin dai tempi del liceo, che abbiamo vissuto passioni vere, ci sentiamo disarmati. La cosa preoccupa non poco. Certamente, dobbiamo comprendere se questo nostro amore deluso sia momentaneo, cioè dovuto al fatto che la politica in questa fase non ci piace per nulla, o se si tratta di una condizione o di uno stato generale. Se fosse uno stato d'animo generale, la cosa sarebbe molto più grave. Ma, ripeto, a noi pare che ci sia molto malcontento nell'aria e, forse, i nostri politici dovrebbero percepirlo anziché ‘sorvolare la traversa’. La cosa che più ci lascia sconcertati sono le alleanze improponibili, per quanto si cerchi di comprenderle: destre che sconfinano nelle sinistre e viceversa. Si perde ogni senso di appartenenza culturale, in questo modo. E ciò vale per ambo le parti. Anche perché diviene evidente come certi ‘valori’ siano stati disattesi completamente da un ambiente di ‘voltaggabana’, a destra e a manca, mentre la gente non arriva più alla fine del mese. Troppa demagogia e poche soluzioni concrete: questa è stata la politica degli ultimi venti anni. Noi crediamo sempre nell’esistenza di precise ‘case’ della politica, di culture e tradizioni identitarie ben distinte tra loro, in cui ognuno possa scegliere la propria. Crediamo inoltre nel confronto dialettico, leale e costruttivo, fra schieramenti diversi, ma tutto ciò non lo vediamo più: vediamo solamente improbabili ‘ammucchiate’ tese a prenderci per il ‘di dietro’.