Vittorio LussanaIn Italia, ogni trasformazione economica e sociale non avviene in condizioni di ‘normalità’ o di ‘naturalezza produttiva’, bensì quasi sempre in seguito a immani ‘travagli’ che rendono ogni decisione politica frutto di situazioni eccezionali o dettata da condizioni di assoluta emergenza. A causa di un simile ‘analfabetismo’, la classe politica italiana tende perciò da sempre a perdersi in polemiche e diatribe tese a mutare di pochissimo ogni singolo problema che si vorrebbe affrontare, generando micidiali dibattiti in ambienti associativi e culturali generalmente ‘prezzolati’, accidiosi e inconcludenti. Un po’ come quel tale che, invece di cercare di salvare un suicida convincendolo a non commettere l’insano gesto, decide di dargli una spinta per poi poter raccontare l’accaduto secondo l’interpretazione che più gli torna comoda. Non di rado capita, in particolar modo tra i Partiti del centrodestra - ma non solo - che alcune argomentazioni particolarmente controverse vengano addirittura trasferite in precisi ambiti della propria militanza, al fine di rimodulare la posizione politica generale sulla base dei risultati emersi dalla discussione interna. La qual cosa si traduce col vecchio adagio: “Vi guiderò ovunque voi vogliate andare”, cioè l’esatto contrario di una forma di leadership politicamente stabile, forte, lungimirante. Di converso, nel Partito democratico forte ancora appare l’impronta burocratico-massimalista della linea politica genericamente espressa. Il Pd, infatti, è nato dalla ‘fusione a freddo’ di due nomenclature uguali e opposte: quella post comunista, che per propria natura ha il problema di una totale mancanza di ogni qualsivoglia bussola di orientamento liberaldemocratico e che, dunque, tende ad affidarsi al consueto movimentismo ideologico di mobilitazione ‘protestataria’ della militanza, con quella non meno burocratica e vieppiù ‘sclerotizzata’ discendente dalla cosiddetta sinistra democristiana. Per farla breve: una ‘giraffa’ innestata sopra al corpo di una ‘balena’. Tuttavia, un moderno riformismo progressista degno di questo nome, in una sede di analisi politico-scientifica può essere solamente di natura liberalsocialista. Esso, in realtà, è un antichissimo ‘ramo’ della politica italiana evolutosi come una tendenza teorizzata da Filippo Turati, Anna Kuliscioff e Leonida Bissolati - e in seguito sistematizzata strutturalmente e filosoficamente dai fratelli Rosselli - imperniata sull’opportunità di sostenere, tramite ‘appoggi esterni’, degli esecutivi di orientamento liberaldemocratico, al fine di porli nelle condizioni di attuare vaste riforme economiche e sociali. La tesi di fondo del riformismo liberalsocialista è infatti il raggiungimento del socialismo in una società a capitalismo fortemente avanzato, in cui le capacità produttive del Paese abbiano raggiunto livelli altissimi in quanto frutto della volontà cosciente della popolazione. La qual cosa non si traduce affatto nel classico schematismo ‘contrattualistico-sindacale’ in cui la maestranza operaia viene costretta ad accordarsi a tutti i costi con i detentori dei mezzi di produzione, bensì come uno sforzo di completamento dei distinti cicli storici, politici ed economici del capitalismo preso nel suo complesso, teso a preparare una classe dirigente in grado di guidare l’intera società verso la fine di ogni sfruttamento e di asservimento dell’uomo sull’uomo. Fu proprio in base a tali concetti che nacque la critica riformista al comunismo, il quale ha sempre praticato la ‘forzatura’ delle ‘maturazioni naturali’ delle condizioni necessarie all’avvento di una società socialista attraverso il potere totalitario di avanguardie di minoranza: una ‘scorciatoia’ che ha sempre finito col negare i valori più umanistici e libertari del socialismo stesso. Servirà dunque a poco resuscitare una coalizione di centrosinistra in cui potrà trovare posto tutto e il contrario di tutto, poiché ciò significherà semplicemente tornare a Crispi senza neanche passare per Giolitti.




Presidente dell'associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile delle riviste 'Periodico italiano magazine' e 'Confronto Italia'

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