Sottovalutare la protesta partita dalla Sicilia con autotrasportatori, agricoltori e pescatori che hanno paralizzato le città è un grave errore politico. Queste categorie, più abituate alla lotta rispetto ad altre, esprimono un dissenso profondo sulla qualità dei governi regionali e di quelli nazionali che hanno guidato il Paese dal 2000 a oggi. Interpretano, in maniera forse un po’ troppo colorita, la voglia di riforme che pongano in primo piano la tutela del lavoro di quelle categorie che hanno subito pesanti penalizzazioni sul versante del reddito e sulla capacità di stare sul mercato. Non sono loro quindi ad andare sul banco degli imputati, ma una classe dirigente che fa dell'assistenzialismo e del clientelismo la base della propria attività, senza avere una visione generale di uno sviluppo sostenibile. Il vuoto governativo è ormai palese a tutti. Si ha l'impressione di una volontà autoreferenziale, che mira a conservare il potere con ogni mezzo senza indicare alcuna strategia per l'avvenire. Il propagarsi della protesta in tutto il meridione può essere una miccia che può infiammare l'intero Paese se non si pongono in atto i giusti rimedi. Non applicare la patrimoniale ai grandi patrimoni viene visto dai lavoratori, in genere, come un atto di mantenimento delle diseguaglianze sociali. La proposta del segretario nazionale del Psi, Riccardo Nencini, di tassare i grandi patrimoni, di tassare le transazioni finanziarie in raccordo con l'Europa e di destinare i proventi della tassazione a nuovo lavoro per i giovani e le donne va nella giusta direzione. Non si può chiedere la decurtazione dei redditi, per incapacità politica, ai lavoratori in lotta e, nello stesso tempo, non offrire nessuna speranza di lavoro ai loro figli, penalizzando due volte le famiglie meridionali. Si può spegnere la miccia che si trasformerà in incendio solo con provvedimenti operativi che rompano con il recente passato, contrassegnato da un’avidità politica senza priva di risposte e di possibili soluzioni.