A dodici anni dalla scomparsa, il ‘caso-Craxi’ resta come il paradosso clamoroso di un ‘vincitore-sconfitto’: ebbe nettamente ragione sull’evoluzione negativa del sistema comunista, ebbe intuito nel voler affrontare con decisione il rinnovamento delle istituzioni italiane ed ebbe ragione sull’esito negativo della seconda Repubblica qualora si fosse fondata non sulla verità, ma sulla menzogna. Fu un grande leader della sinistra europea, c’è poco da fare, di gran lunga uno dei migliori degli ultimi trent’anni: nessun italiano fu rispettato e riconosciuto nel socialismo europeo in quanto leader ‘forte’ come lui. E questa cosa fa dispiacere ancora a molti. I conti in patria ormai sono stati fatti: uno dopo l’altro, amici e avversari, in questi anni, hanno fatto una fine ingloriosa. Resta da ricostruire una forza più coraggiosa e rinnovare un socialismo-democratico italiano ispirato ancora dall’attualità delle sue idee, dalla sua forza e dalla sua coerenza. In una fase di emergenza, sarebbe stato difficile vedere leader politici di statura sottrarsi a responsabilità di Governo e lasciare il terreno e il timone ai cosiddetti tecnici. La tecnocrazia e il dominio della finanza non possono schiacciare la politica democratica: se ciò avviene, è perché la politica ha perso i suoi uomini migliori e, con essi, la sua forza e autorevolezza.