Papa Benedetto XVI ha scritto di recente che “lo strappo fra il Gesù ‘storico’ e quello della fede è divenuto sempre più ampio”. Ma la fede o la stessa vita cristiana può dipendere interamente da questo rapporto? E’ questo il suo unico punto di riferimento? O forse siamo semplicemente troppo abituati a pensare e a vivere il cristianesimo come un semplice codice di comportamenti, riducendolo a un mero compendio di ‘valori’? Analizziamo, pertanto, la questione sollevata: come mai il Gesù storico e il Cristo della fede si sono allontanati? Sin dai tempi della prima critica illuminista, i quattro vangeli sono stati sottoposti allo stesso trattamento con il quale vengono studiati dagli storici tutti i ‘testi’ antichi. Ovvero, quello del metodo ‘storico-critico’ quale elaborato dalla scienza storica contemporanea. Si tratta di un metodo storico, poiché esso cerca di individuare i processi storici, appunto, attraverso i quali si sono formati i vangeli; al contempo, il metodo si definisce critico in quanto si serve di criteri scientifici il più possibile obiettivi nell’analizzare le varie tappe della formazione di un testo o di un documento. E quali sono gli elementi fondamentali del metodo storico-critico? Essi sono cinque: 1) la critica testuale; 2) l’analisi linguistica con gli studi della filologia storica; 3) la critica letteraria delle fonti e la forma, i generi letterari e il loro ambiente; 4) la critica delle tradizioni e la loro evoluzione; 5) la critica della redazione fino allo studio del testo in sé. La conclusione della ricerca su Gesù, basata sui testi evangelici sottoposti alla metodologia storico-critica, è risaputa: sappiamo ben poco su di Lui. Ovvero: é il Cristo della fede ad aver generato, o meglio ‘plagiato’, l’immagine di Gesù. E chi sia stato realmente Egli storicamente, che cosa abbia fatto o detto in realtà, non ne sappiamo granché. Ma allora perché questo ‘strappo’ rappresenta un problema gravissimo per la fede cristiana? Perché rende incerto il suo punto di riferimento più autentico: l’intima amicizia del singolo individuo con Gesù, da cui tutto dipende. Se, infatti, il fulcro di una fede deve vertere verso ogni singola persona, proprio questo dato trasforma ogni rapporto religioso rendendolo a direzionalità doppia, biunivoca: una divinità ama l’uomo, ma quest’ultimo può nutrire sentimenti profondi e sinceri nei confronti di Dio. La qual cosa significa che, nel mondo contemporaneo, una fede possa sussistere solamente se si comincia a far riferimento a Gesù, nel caso del cristianesimo, in quanto persona, poiché non basta la sua immagine tramandata o la sua stessa dottrina. Ma se questa persona, il Gesù-uomo, lo si continua a mantenere imprigionato nel mistero o nel dogma nonostante il passare dei secoli, Egli sbiadisce fino al punto di non possedere più alcun contorno preciso. E la proposta cristiana diviene impossibile, poiché non si può essere amici di qualcuno che non si conosce. Stando così le cose, il cattolicesimo, preso di per sé, ha una sola via per salvarsi: proporsi semplicemente come una dottrina religiosa, oppure in quanto morale. Ma questi due ‘generi’ non sono la stessa cosa: il sentimento religioso più genuino dell’uomo non corrisponde, come erroneamente si crede - anche e soprattutto nel mondo laico - a un’adesione incondizionata a una filosofia morale. Un credente, per quanto ‘secolarizzato’ esso sia, non legge i vangeli per trarne insegnamenti pratici, pragmatici, materialistici: lo fa per un genuino bisogno interiore, un sentimento che nemmeno la cultura più massimamente scientifica riuscirà mai a eliminare, perché se anche ci provasse, tale esigenza antropologica riemergerebbe sotto altre forme, seguendo altre strade, quelle che i fedeli più autentici in genere definiscono “le misteriose vie del Signore”. Da ciò ne discende il dato di fatto che un laico non possa teorizzare l’ateismo, ovvero l’eliminazione totale della religione dalla vita del singolo individuo. E’ vero altresì il contrario: un laico deve affrontare la religione, ogni religione, favorendone gli sviluppi, individuandone le possibili evoluzioni. Ecco perché, pur non nutrendo particolare simpatia nei confronti della fede, di ogni genere e tipo di fede, ritengo quanto mai opportuno evitare di demonizzare le distinte credenze presenti nel mondo. Al contrario, è sempre più necessario, in particolar modo per chi intende professarsi laico, approcciarsi positivamente con la fede, perché nel bel mezzo delle svariate e molteplici concezioni ‘grigie’ di religiosità esistenti nel nostro pianeta, ogni tanto, in qualche singolo individuo, se ne percepisce qualcuna effettivamente ‘pura’, genuina, ‘neutra’ come la verità. La politica si nutre quasi esclusivamente delle sue logiche e dei suoi rapporti di forza, tralasciando, il più delle volte, gli aspetti qualitativi, spiritualistici, delle grandi questioni che investono il mondo. Viceversa, le religioni tendono a commettere l’errore opposto, oggettivizzando ogni cosa. Trovare la ‘porta stretta’ attraverso la quale identificare il cammino dell’umanità, a questo punto diviene la scelta migliore, sia per l’uomo laico, sia per colui che professa una propria credenza: quella è la via. Ci saranno sempre evidenti terreni di scontro, linee di confine e nuove frontiere che si formeranno in questo genere di confronti. Personalmente, tanto per fare un esempio, considero un grave errore di ‘piattezza logica’, da parte del cattolicesimo romano in particolare, rifiutarsi di prendere quanto meno in considerazione un tema come quello del controllo delle nascite in un mondo ampiamente infetto da ‘patologie’ gravissime quali la povertà, la fame, le guerre, le malattie infantili e le grandi epidemie. Tuttavia, non credo nemmeno corretto fossilizzarmi su questo mio dolore, uno dei tanti procuratomi proprio dalla fede del mio popolo e dei miei ‘padri’. Ma affermare di non desiderare figli in base alla semplice paura di non voler dare alla luce un nuovo essere umano assai facilmente destinato all’infelicità non rappresenterebbe obiezione sincera. Significherebbe, più semplicemente, ‘ammantare’ di motivazioni ideologiche una scelta che appartiene, ampiamente, alla sfera delle libertà personali, individuali, della singola persona, della donna, nel caso specifico. Rischi di incoerenza ci sono sempre, per tutte le parti in causa, non solamente per coloro che professano una credenza precisa. Perché Dio può essere con noi e stare dalla nostra parte nonostante noi stessi, malgrado noi. Tale ragionamento non mina affatto alla base il nostro presupposto di partenza, ovvero quello di una ricerca sincera e genuina del vero Gesù secondo l’evidente esigenza di un rapporto biunivoco, spiritualmente caratterizzato da una trasmissione di amicizia ‘doppia’ insieme a Lui. Più semplicemente, esso aggiunge un nuovo ‘tassello’ alla nostra ricerca: quello di non volersi accontentare della religione più superstiziosa, poiché questo è il dato che ci fa compiere continui passi in avanti verso un futuro incontro con Dio. Al singolo individuo e all’intera umanità. La strada verso questo incontro, insomma, è ancora lunga. Nonostante i Maya e le loro predizioni.
Presidente dell'associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile delle riviste 'Periodico italiano magazine' e 'Confronto Italia'