Francesca BuffoAll'indomani del veto britannico alla riforma dei Trattati Ue, il presidente francese Nicolas Sarkozy, in un'intervista concessa al quotidiano Le Monde, ha dichiarato che "ormai esistono chiaramente due Europa". Non la pensa allo stesso modo Lech Walesa, leader di Solidarnosc ed ex presidente polacco, secondo il quale "noi dobbiamo sostenere quello che abbiamo cominciato a costruire. Dobbiamo renderci conto dei nostri errori e dobbiamo comprendere che dobbiamo andare verso l'unità, verso un'organizzazione migliore, un governo migliore dell'Unione europea e un maggiore equilibrio" (fonte TM News). Tuttavia, quello dei governi europei è un "noi" messo in discussione da più parti. In tutto ciò, la crisi economica rappresenta solo una parte del problema. Perché quel che più ha pesato sul processo di unificazione è la differenza sociale, economica e strutturale fra gli Stati membri. La vera utopia europea è stata quella di pensare di poter ricondurre realtà totalmente differenti a standard unici. Al di là dell'introduzione della moneta unica, l'adeguamento alle diverse norme comunitarie ha richiesto fin da subito un enorme sforzo economico e organizzativo per gli stati. Ne ha risentito l'Italia, con il suo discreto grado di modernità (quando è stato stipulato il trattato di Maastricht, nel 1991, il nostro paese era la quarta potenza industriale del mondo) e ancora di più i Paesi dell'est europeo. Non che sull'argomento siano mancate le analisi e le relative riflessioni. Un'interessante rapporto, per esempio, è stato pubblicato dall'Università degli studi di Siena nel maggio 2010 (scaricabile su internet: http://www.econ-pol.unisi.it/quaderni/596.pdf): due rapporti della Direzione per gli affari economici e finanziari della Commissione europea (European Commission 2009, 2010) che forniscono un quadro ben documentato e condivisibile della genesi degli squilibri europei, sia commerciali che nei bilanci interni dei settori pubblici e privati, nel periodo 1999- 2009. Se volete addentrarvi in tale lettura, preparatevi alla solita 'dose' di grafici e tabelle su economia, differenze salariali, competitività di prezzo e così via. Ma se amate la sintesi, ecco un'affermazione che da sola riassume il nocciolo della questione: "Sebbene le famiglie felici dovrebbero assomigliarsi, anche nel caso dei Paesi in avanzo (Germania, Paesi Bassi, Austria e Finlandia) ciascuno Stato fa storia a sé". Ed ecco come l'Europa non riesce a essere un'Unione.




(articolo tratto dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
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