Ecco il pensiero del parlamentare Franco Grillini, iscritto alla Camera al gruppo dei Ds, riguardo ai possibili scenari futuri del suo partito e di tutta la coalizione di centrosinistra.

On. Grillini, quali sono le differenze di fondo per le quali, nel suo partito, sulla questione del referendum per l’estensibilità dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori c’è chi è favorevole e chi è contrario?
“In generale, esiste una certa coincidenza fra l’appartenenza alle correnti e la scelta di adesione o meno al referendum sull’articolo 18. Il gruppo di Morando è contrario, la corrente di centro è per l’astensione, mentre il ‘correntone’ è per il sì. Per quanto mi riguarda, non ritengo che questa diversità di posizioni rappresenti un problema insormontabile. E’ semmai il segnale di una forza politica ormai compiutamente democratica dove, sulle questioni di grande rilevanza, c’è la libertà di espressione e di scelta”.

Ma lei non crede che, insistendo di questo passo, potrebbe crearsi una frattura insanabile nella sinistra in generale e nei Ds in particolare?
“No, non credo, perché sulle grandi questioni che riguardano la vita del Paese e che, in particolare, si riferiscono ai diritti dei cittadini, trovo particolarmente giusto che la libertà di espressione sia massima. Il referendum, come è noto, prevede tre possibilità: il voto favorevole, quello contrario o l’astensione al voto stesso. Certo è che, indubbiamente, sarebbe preferibile che la sinistra avesse una posizione unitaria…”.

Chi, all’interno dei Ds, è massimalista e chi riformista? E come mai questi due termini sono tornati così di moda nella dialettica interna del partito?
“In un partito che ha abbandonato le vecchie liturgie del centralismo democratico, il dibattito si svolge ‘alla luce del sole’, come è giusto che sia. E, come succede in ogni formazione politica, esiste un centro, una sinistra e una destra che si confrontano con le rispettive idee, sui grandi problemi del Paese. C’è da dire che, di recente, i Ds hanno saputo ritrovare una certa unità, soprattutto a livello locale. Il che è stato molto apprezzato dagli elettori, i quali hanno dato fiducia ai Democratici di sinistra alle recenti amministrative, e il partito è avanzato in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale rispetto alle consultazioni amministrative precedenti”.

E’ vero che buona parte di quella sinistra che discende direttamente dal vecchio Pci ha ancora una certa nostalgia per i ‘battuti sentieri’ del sindacalismo meramente contrattativo?
“A me non risulta: il dibattito nella sinistra del partito, ma direi in tutto partito, è rivolto alla rigorosa difesa dei diritti dei lavoratori che, per quanto riguarda i livelli di reddito, sono stati messi indubbiamente in discussione negli ultimi tempi. Peraltro, basta dare una scorsa ai progetti di legge in materia di lavoro firmati da tutti i parlamentari delle diverse aree di partito per rendersi conto che la proposta politica va oltre quella di un sindacalismo tradizionalmente inteso. Certo è che, in particolare, la sinistra del partito è decisamente preoccupata per il degrado delle relazioni sindacali e per la spinta del governo a praticare accordi separati, spaccando il fronte sindacale stesso”.

Negli anni del centrosinistra al governo è stato un errore non cercare un’intesa su un programma di riforme istituzionali di ampio respiro con la Lega Nord?
“E’ stato impossibile: la Lega Nord ha alzato il prezzo fino a pretendere e a richiedere la secessione del Nord dal resto del Paese. La pratica e la cultura secessionista era inaccettabile e non solo da parte del centrosinistra. Spero vivamente che la Lega Nord abbia definitivamente abbandonato l’idea di spaccare l’Italia”.

Quali sono le forze o i personaggi politici con i quali poter trovare un’intesa strategica in futuro? E’ ancora attuabile il progetto denominato ‘ticket Prodi-Cofferati’?
“Secondo me è assolutamente prematuro parlare di ‘ticket’. Alle elezioni del 2006 mancano ancora tre anni e sono convinto che il centrodestra, disponendo di una maggioranza ampia nell’attuale parlamento, non sia disponibile a correre il più che probabile rischio di una sconfitta elettorale in caso di elezioni anticipate. Per di più, Sergio Cofferati è in corsa per diventare sindaco di Bologna, mentre Prodi è ancora saldamente Presidente della Commissione Europea e potrebbe persino accettare l’idea di un secondo mandato, che gli viene proposto da più parti. D’altra parte non mancano, nella sinistra italiana e nel centrosinistra, i nomi per una leadership vincente. Uno su tutti: Valter Veltroni, emerso come vincitore morale alle recenti elezioni amministrative…”.

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