Chiara ScattoneMentre il Governo Monti ha preso il via tra le macerie lasciate dal suo predecessore, al ministero della Salute si consuma una delle beffe più drammatiche per la laicità dello Stato. La sottosegretaria Eugenia Roccella, già nota alle cronache per il suo stretto legame con la Curia romana, emana le nuove linee guida sulla procreazione medicalmente assistita, l’arcinota legge 40 del 2004 che impone limiti e vincoli in chiave sacramentale sulla fecondazione assistita. Le battaglie delle coppie italiane, costrette, nella maggior parte dei casi, a rivolgersi a un giudice o a tentare in Spagna o in Turchia la via della maternità, sono state cancellate dalla revisione ‘roccelliana’. Le sentenze fino a oggi emesse, tra cui alcune della Corte Costituzionale, sono state scacciate come una mosca dal nostro sistema. La Roccella ha infatti stabilito che la diagnosi ‘preimpianto’ – l’esame che permette di identificare la presenza di malattie genetiche o alterazioni cromosomiche negli embrioni generati in provetta dalle coppie a rischio prima di essere impiantati nell’utero – la crioconservazione degli embrioni fecondati e il diritto di ricorrere alla fecondazione assistita per i portatori di malattie genetiche non sono possibili. Le sentenze annullavano queste restrizioni? Ebbene, la Roccella le ha confermate. Ma non è finita qui: tra le nuove linee guida della Roccella si legge anche l’introduzione di una nuova procedura di identificazione e ‘schedatura’ dei pazienti che richiedono e accedono all’intervento. Un colpo di mano? Piuttosto un 'golpe' a favore della Chiesa cattolica. E allora ‘buttiamo alle ortiche’ le sentenze dei Tribunali, prima tra tutte quella di Cagliari in seguito supportata dalla Corte Costituzionale, che nel 2007 aveva annullato il veto introdotto dalla legge 40 sulla diagnosi ‘preimpianto’ e ordinato all’ospedale di eseguirla. Oppure, la storica sentenza del Tribunale di Bologna, che nel 2010 aveva autorizzato per la prima volta a una coppia fertile portatrice di Atrofia muscolare spinale di tipo 1 la fecondazione assistita. Ma le nuove linee guida mostrano tuttavia un paradosso: i portatori di malattie genetiche non potranno più ricorrere alla fecondazione assistita, ma i malati di Hiv, Hbc e Hcv sì. Perché la vita va salvata a ogni costo (sic). Attualmente, il nuovo provvedimento è passato nelle mani del Consiglio Superiore della Sanità per il parere obbligatorio, ma la Roccella si sente sicura, dichiarando che “non ci sono modifiche al testo” e che le sentenze dei Tribunali, in quanto di tipo “amministrativo, riguardano singole coppie” e non l’impianto complessivo e generale della legge. E ancora, dichiara la sottosegretaria: “Questa legge è giusta” e nel corso degli anni ha dimostrato di essere “efficace rispetto a quanto avviene negli altri Paesi”. Faceva forse riferimento alla Spagna o alla Turchia, mete dei ‘viaggi della speranza’ di molti nostri concittadini in cerca di una maternità ‘sicura’, che il nostro Paese ostacola? Le polemiche si sono scatenate. E se Livia Turco parla di “grave arretramento culturale”,  Flavia Perina, di Futuro e Libertà, ha dichiarato che in questa maniera si sta di fatto favorendo il ricorso all’aborto e che se le questioni bioetiche finiscono sempre per risolversi in Tribunale, la colpa è certamente del potere politico che “continua a sfidarne le sentenze, con disposizioni che violano il buon senso, oltre ai principi elementi di diritto e giustizia”. Mentre il professor Antinori si spinge ancora più in là, definendo questo atto “una grave violazione dei diritti umani e un atto fortemente discriminatorio e razzista”, poiché esclude i pazienti portatori di malattie genetiche quali la beta-talassemia, la fibrosi cistica e la sindrome di Down, di fare ricorso alla fecondazione assistita. Pertanto, se siete una coppia a rischio o siete portatori sani di malattie genetiche avete solo due scelte, oramai: andare all’estero, magari nella laicissima e islamica Turchia, o abortire. Un bel modo, questo, di tutelare la salute dei cittadini.


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