Francesca BuffoIl videomessaggio sta ‘passeggiando’ per il web da qualche giorno. La richiesta è di massima diffusione fra colleghi, amici e parenti: 10 euro per una tv di servizio pubblico (nome scelto per il sito web dell’iniziativa). La reazione è un coro di commenti tutt’altro che unanime. Si va dall’estasi dei fedelissimi ‘antiberlusconiani’, che identificano il giornalista Santoro come il paladino della comunicazione ‘antibavaglio’, alle critiche di chi si ricorda bene i numeri (oltre 2 milioni di ‘buonuscita’ dalla Rai e una trasmissione che raccoglieva 45 milioni di euro di pubblicità all’anno). Certo, nessuno si immaginava – Santoro in primis – che la condizione di giornalista dipendente/indipendente fosse uno stato poco piacevole da sperimentare. Nel piccolo video promozionale si parla molto di Berlusconi, ma non si trova il tempo di spiegare che la realizzazione della sua trasmissione costava in media 200 mila euro a puntata. Una serie di ‘Annozero’ corrisponde, in pratica, a circa 6/7 milioni di euro di costi, cifra recuperabile se ognuno dei 6 milioni di fedeli telespettatori versa un contributo di 10 euro). Difficile fornire la stessa qualità in autofinanziamento o senza una buona emittente televisiva alle spalle. Ma dove sono finiti i ricavi della pubblicità che ogni anno la Sipra riusciva a incassare per gli spot del prima/durante/dopo il giovedì sera di Raidue? Semplice: se non hai un’emittente alle spalle, non hai neanche un commerciale. Non che gli editori/giornalisti indipendenti non l’avessero detto e ridetto nel corso degli anni: il mercato italiano non è un vero mercato e produrre qualità senza denaro è difficilissimo.  Sì, perché quella che Santoro oggi sventola come una prospettiva idilliaca verso il suo affezionatissimo pubblico (5-7 milioni di italiani che – per amore o per odio – lo hanno seguito in video con il suo ‘Annozero’) è la scelta di vita di moltissimi giornalisti italiani. “Il sogno o l’utopia di una comunicazione senza padroni economici e senza padrini politici” è il pane quotidiano di moltissime testate indipendenti che, forse, solo attraverso internet hanno potuto ottenere riscontri (se non economici, almeno di consenso fra i lettori) che moralmente ‘ripagano’ il duro lavoro svolto ‘controcorrente’. È chiaro, perciò, che il collega Santoro ha preso contatto con una realtà ‘difficile da digerire’: chi ha i soldi, in Italia, vince la partita. Certo, il suo nome sarà un ottimo ‘lasciapassare’ per ottenere esclusive e interviste. Ma tutto il lavoro di struttura e attrezzature, redazione, riprese esterne, montaggio video e quant’altro richiede forti investimenti economici. Il nuovo programma, “Comizi d’amore”, avrà inizio il prossimo 3 novembre. E i risultati della campagna di finanziamento “10 euro di tivvù” probabilmente verranno diffusi nel corso delle prossime settimane.  Al di là della opinabilità, o meno, di questa operazione editoriale solleviamo un unico dubbio: ha senso puntare tutto su un’operazione anti-premier? Perché se è vero, come dicono o auspicano in molti, che Berlusconi al Governo ha i mesi contati, con lui potrebbero sparire anche i Travaglio, i Santoro e tutti quelli che sono cresciuti proporzionalmente all’indice di non gradimento del Silvio nazionale.


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