Antonio Di GiovanniSono ormai lontani gli echi dello slogan “Roma ladrona” scanditi dal popolo Padano. Qualcuno ci aveva creduto davvero, qualcuno no, oggi non ci crede proprio più nessuno. Il salvataggio in extremis del ministro delle Politiche agricole, Francesco Saverio Romano - accusato di collusione con la mafia - determinato soprattutto voti della Lega, sembra inneggiare  uno slogan diverso, al grido di  “Padania affarona”. Pare essere finita, nel nostro Paese, la grande politica: quella vera, dei leader autentici, dei grandi statisti che hanno cambiato il corso della Storia. E non soltanto nel circuito istituzionale ‘Parlamento-Governo’, ma anche nei programmi dei Partiti, che non sono più capaci di coinvolgere e mobilitare l’elettorato con proposte alternative, in grado di risolvere la profonda crisi economica che ci sta attanagliando. La Lega di Umberto Bossi, che inizialmente sembrava aver rotto gli schemi ponendosi l’obiettivo di superare antichi squilibri di ordine economico, sociale e culturale, col tempo è scesa drasticamente a compromessi di dubbia valenza, che si sono progressivamente aggravati in ragione soprattutto di uno sviluppo del capitalismo disordinato e incoerente, senza alcun rispetto di valori etici. L’obiettivo vero della Lega era quello di elaborare un progetto organico di sviluppo della società capace di restituire ai cittadini il senso vero di un’autentica comunità: il federalismo, l’immigrazione clandestina, la tutela degli operai e delle fasce più deboli e, soprattutto, l’eliminazione della corruzione politica. Invece, confrontando le situazioni di disagio sociale ed economico da un lato e i fatti delinquenziali e di corruzione dall’altro, si resta disorientati e al contempo pervasi da un esteso senso di grande preoccupazione. È vero che si tratta di problemi secolari, che non possono essere risolti con un colpo di ‘bacchetta magica’. Ma è altresì vero che gran parte della nostra classe politica, persa com’è dietro ai quotidiani ‘giochetti’ di potere, non si accorge delle forme sempre più diffuse di presa di coscienza civile di questi problemi. Non crediamo, in effetti, che gli italiani vogliano rispolverare la vecchia favola della società civile capace e virtuosa e della società politica incapace e corrotta, ma è un fatto indiscutibile che, negli ultimi decenni, per non andare troppo oltre, la nostra classe dirigente sia andata progressivamente deteriorandosi. Le ultime vicende attestano palesemente la gravità di una progressione negativa. Le cause sono plurime: in particolare, il graduale venir meno dei contenuti ideali e programmatici dei Partiti in favore di forme effimere di acclamazione dei leader e di presenzialismo televisivo; l’introduzione di un ‘bipolarismo all’italiana’ che ha tendenzialmente ristretto le forme di mediazione della cultura politica rispetto ai problemi sociali; il sistema elettorale vigente, con l’introduzione delle ‘liste bloccate’, che non ha di certo contribuito a una migliore selezione del personale politico. Ma soprattutto, si potrebbe dire che c’è un deficit culturale nell’impostare un progetto di grandi riforme, come quelle sbandierate dalla Lega, necessarie per mettere al passo la nostra società con gli sviluppi, tumultuosi e impensati, che negli ultimi anni si sono prodotti in tutti i campi, da quello economico a quello dei costumi sociali. Si tratta di un’opera epocale, che deve però esser condotta secondo criteri progettuali lungimiranti e non contingenti. L’orientamento della politica e soprattutto dei politici dovrebbe essere sempre e soltanto la ricerca e la cura dell’interesse generale, così da superare i molteplici, piccoli interessi di parte o delle varie ‘caste’ presenti nel Paese. Si deve, peraltro, effettuare una ricerca cauta, minuziosa, attenta a non disperdere il patrimonio valoriale e ideale che sta alla base della nostra Costituzione, nel nome di una ‘novità’ spesso più apparente che reale. Quel principio di legalità del ‘Senatur’ quando stimolava le folle per sconfiggere il sistema corrotto del Parlamento romano, sembra essere un vano ricordo. A poco più di un anno alla scadenza della legislatura, si direbbe che i leghisti, tra una manovra e l’altra e tra una legge ad personam e l’altra non abbiano dedicato molto tempo all’approvazione di autentiche riforme di sistema. Certo, sono state affrontate diverse problematiche, come per esempio quelle del federalismo fiscale, della scuola e dell’università, della giustizia, dello sviluppo economico e del lavoro. Tuttavia, possiamo dire si sia trattato solo di ‘spezzoni’ di riforme, non ancora attuate pienamente e che, comunque, non sempre corrispondono alle reali esigenze del Paese. Si vuol sperare, infine, che molti elettori abbandonino il terreno dell’antipolitica e dell’antiparlamentarismo per riappacificarsi con le grandi scelte della politica e una rinnovata fiducia nel Parlamento. Allo stesso tempo, però, ci chiediamo se la reiezione della mozione di sfiducia contro il ministro Romano sia stata una scelta di alto rilievo politico, venendo meno al  monito del cardinale Bagnasco di “purificare l’aria, affinché  le nuove generazioni non restino avvelenate”.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio