Fece scalpore l’affermazione del professor Umberto Veronesi sul fatto che lui i bidoni gialli dei rifiuti radioattivi se li sarebbe portati a letto. Sotto il profilo del rischio non aveva torto, perché la radioattività è un fenomeno naturale con cui conviviamo: tutti gli esseri viventi sono radioattivi e se per noi umani si applicassero alla lettera le rigidissime norme italiane, passando a ‘miglior vita’ non dovremmo venire messi in una bara, ma dopo adeguato trattamento magari in un impianto tipo ‘Marcoule’, essere lasciati in uno di quei fusti gialli e avviati presso un sito di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La radioattività di ogni persona umana è in media una volta e mezza di quella, superata la quale, i materiali vengono in Italia classificati come rifiuti radioattivi. Sarà perché sono meno prudente del professor Veronesi, magari solo perché ho qualche annetto di meno, ma a letto invece di un bidone giallo preferisco una di quelle procaci bellezze definite ‘atomiche’, pur senza riferimento alcuno al fenomeno della loro radioattività. Perché siamo tutti radioattivi, persino i brutti e le ‘racchie’ e non solo le ‘atomiche’ da schianto? Dipende dai nostri costituenti, tra i quali il potassio, un elemento fondamentale per le funzioni fisiologiche, di cui 120 milligrammi ogni chilo sono costituiti dall’isotopo radioattivo ‘40’ e che all’interno del nostro corpo è responsabile di circa ottomila disintegrazioni al secondo (8 mila becquerel) in radiazioni ‘beta’. Inoltre, a renderci radioattivi contribuisce il carbonio ‘14’, presente in tutti gli alimenti organici che ingeriamo e il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, un componente dell’acqua la cui conta viene utilizzata per datare, per esempio, vini pregiati, in maniera omologa alla più nota datazione col metodo del carbonio ‘14’, adottato per i reperti archeologici. Siamo stati a lungo indecisi se parlarne in un articolo di giornale, perché la psicosi imperante potrebbe spingere le mamme a non dare più banane e altra salutare frutta ricca di potassio ai loro bambini. Poi ci siamo decisi a farlo, perché la radioattività di una banana di 150 grammi contenente in media 525 milligrammi di potassio, comporta un’attività pari a 520 picocurie (19,24 becquerel), che è stata assunta come informale unità di misura, il BED (Banana Equivalent Dose, cioè dose equivalente a una banana) contro le psicosi diffuse dai ‘talebani’ ecoambientalisti. Per esempio, negli Stati Uniti gli immancabili seminatori di paura ingenerarono una psicosi tra gli abitanti dell’area dopo avere diffuso la notizia, a seguito dell’incidente di Three Mile Island del 1979, che nel latte delle mucche della zona erano stati riscontrati 20 picocurie per litro di radioattività. In quel caso, l’unità di misura della “dose equivalente a una banana” funzionò egregiamente. La dose di 20 picocurie equivale a quella di una fettina di banana ipotizzata divisa in 26 parti eguali. L’esempio, almeno negli Stati Uniti d’America, funzionò assai meglio delle dosi ammissibili secondo le tabelle della Food and Drug Administration, che all’epoca fissavano il limite a 12 mila picocurie per litro, oggi ridotti a 4.600. Con un certo provincialismo da ‘Repubblica delle banane radioattive’ proviamo ad applicare il BED all’incidente di Marcoule, avvenuto in forno per il trattamento dei residui a bassa attività, che costituiscono il 90% della massa totale, ma veicolano solo l’1% della radioattività totale. In genere, questo tipo di rifiuti vengono stoccati in centrale e si aspetta qualche anno che la loro radioattività decada per poterli trattare come normali rifiuti, secondo le tipologie tradizionali. Nel contingente si stava riducendo, tramite fusione, il volume di 4 tonnellate di scorie metalliche a bassa attività per complessivi 67 mila becquerel, quindi (67 mila : 4 mila = 16,75 becquerel al chilo). Già, ma il BED assume come riferimento una banana di 150 grammi. Quindi, se una banana viene accreditata di 19.24 becquerel, un chilo di banane ha una attività di 19,24 x (1000/125) = 153,92 becquerel al chilo, quasi 9,2 volte più elevata di quella dei rifiuti correttamente classificati nel rapporto francese come “déchets métalliques de Très Faible Activité” (rottami metallici a molto bassa attività). E come la mettiamo con gli 8 mila becquerel di un individuo ipotizzato di 80 chili di peso, dovuti al solo contributo del potassio ‘40’? Infatti 8 mila : 80 = 100 becquerel al chilo, quindi 100 : 16,75 = 5,97, ovvero quasi sei volte superiore alla attività dei rottami metallici a molto bassa attività in trattamento nell’impianto Centraco (Centre nucléaire de traitement et de conditionnement) di Marcoule. Viene da chiedersi se erano gli operatori a dover essere protetti dal ‘pericolo’ rappresentato dalle scorie, o viceversa. E se poi nel cestino della merenda avessero avuto le pericolosissime banane? Comunque, rispetto le personali scelte del professor Umberto Veronesi, ma continuo a preferire di condividere il mio letto con una procace e ‘calda’ bellezza ‘atomica’, piuttosto che con un freddo bidone giallo. Forse, a tal punto, è il caso di ricapitolare quanto avvenuto nel forno per fondere rottami metallici di Marcoule, che hanno fatto gridare ai soliti oscurantisti cacciatori di streghe al grave pericolo del nucleare tanto da chiedere l’abbandono a livello continentale di questa pericolosissima attività. La bocca del forno dell’impianto del ‘Centre nucléaire de traitement et de conditionnement’ veniva sorvegliata a vista attraverso un vetro, che ha ceduto a seguito di una ‘sfiammata’ con esplosione, perché probabilmente era stato caricato qualcosa che ha deflagrato per l’elevato calore. La deflagrazione ha mandato in frantumi il vetro, coinvolgendo il personale di sorveglianza. Un tecnico, poiché investito da metallo fuso incandescente e non per effetto di radiazioni, moriva carbonizzato e altri 4 rimanevano feriti, di cui uno in maniera grave, che veniva ricoverato in elicottero in un centro per grandi ustionati. L’incidente è avvenuto alle ore 11 e 45 del 12 settembre. L’allarme è totalmente rientrato alle ore 16, dopo avere verificato che non vi era stata alcuna fuoriuscita di radiazioni, nel senso che, a tal punto, i feriti non avessero contaminato le ‘pericolosissime’ scorie nucleari. Dopo questo articolo siamo certi che qualche ‘illuminato’ ecoambientalista chiederà di vietare il commercio della banane. Anzi, proporrà di eliminare dall’Europa ogni traccia di popolazione umana, in quanto pericolosamente radioattiva persino per le infernali scorie nucleari. Forse è per questo superficiale approccio, che il 12 e 13 giugno di quest’anno 25.643.652 cittadini elettori hanno votato l’abrogazione dell’abrogazione del nucleare, quindi paradossalmente il suo rilancio; probabilmente, lo hanno fatto senza aver letto i quesiti referendari, ma solo perché suggestionati dalla propaganda ecoambientalista e dalle paure diffuse, come nel caso dell’incidente di Marcoule, con grande incoscienza e, soprattutto, megagalattica incompetenza. Ma, se così è stato, nel senso che il referendum sotto il profilo giuridico ha annullato la cancellazione del nucleare, si allora è messa in atto una emerita presa in giro degli elettori? Perché, se così fosse effettivamente, non se la sarebbero proprio meritata? Naturalmente, a cominciare da Antonio Di Pietro, Beppe Grillo, Adriano Celentano e Angelo Bonelli, che si guardano dal replicare a queste constatazioni. Non sanno correttamente comprendere e gestire neppure il significato di un referendum e poi pretendono di pontificare su questioni tecniche in materia di nucleare.
Segretario nazionale del Comitato italiano per il rilancio del nucleare (Cirn)