Francesca BuffoArturo Diaconale è il direttore responsabile del quotidiano ‘L’opinione delle Libertà’, la storica testata fondata da Camillo Cavour oggi punto di riferimento indiscusso di tutta l’area dei laici e liberali italiani. Nel corso della sua carriera, Diaconale si è spesso occupato anche dei temi sindacali di una professione difficile ma molto amata dai giovani, divenendo un esponente di punta del sindacato dei giornalisti italiani contribuendo a modificare il contratto nazionale di lavoro a vantaggio dell’intera categoria professionale. Lo abbiamo intervistato per scambiare assieme a lui alcune riflessioni intorno ai temi della laicità e sulla questione giovanile.

Arturo Diaconale, qual è il suo parere su questa laicità italiana che, sostanzialmente, sembra sempre ‘inchiodata’ a uno stadio di ‘inconsapevolezza sociale’?

“In Italia, la laicità non è mai stata particolarmente fortunata, perché, tranne per la parentesi, anche lunga, che ha seguito la formazione dello Stato unitario e la fase dell’Italia liberale, nel secolo scorso il nostro Paese ha avuto un marchio culturale e ideologico completamente diverso: prima è passato attraverso l’esperienza del fascismo, poi ha subìto per lunghi decenni il peso condizionante della cultura cattolica da un lato e di quella marxista dall’altro. Quindi, le battaglie laiche sono state delle grandi conquiste che si sono realizzate solo all’inizio degli anni ‘70 e che sono giunte in ritardo rispetto a tanti altri Paesi”.

E’ per questo motivo che la laicità, nel nostro Paese, più che un principio eminentemente filosofico-culturale viene vista come una cultura ‘sottile’, difficile: una sorta di ‘viottolo’ impervio, una specie di ‘strettoia’?
“Sì: è una ‘strettoia’ che dovrebbe essere allargata, ma che adesso va a ritrovarsi una situazione politico-sociale radicalmente mutata rispetto al passato. Oggi, ci sono esigenze diverse, ma la stagione dei diritti civili dovrebbe essere comunque proseguita, poiché su questo terreno le conquiste laiche non sono state completate. Ecco, questa stagione sembra essere schiacciata da altri fenomeni, dai timori che giungono per i flussi di immigrazione clandestina, da queste ‘ventate’ xenofobe che sembrano coinvolgere l’intera Europa e non soltanto l’Italia, anche se, qui da noi, in misura assolutamente ridotta e relativa. Inoltre, noi siamo ormai tutti condizionati da una situazione di dualismo politico forzato, da uno scontro continuo che non riesce a sbloccarsi, da una delegittimazione reciproca tra i due ‘campi’ del sistema bipolare italiano che paralizza un po’ tutto, che non fa pensare ad altre questioni al di fuori della conquista del potere da parte di uno schieramento o dall’altro”.

Per quanto riguarda il mondo giovanile, Silvio Berlusconi di recente ha ipotizzato delle modalità di ‘inculcamento’ ideologico da parte, in particolare, del mondo della scuola. A noi, viceversa, non sembra che in molti giovani si possa inculcare granché: chi ha delle idee, le ha già precise e molti adolescenti si dimostrano forse più moderni di quello che noi stessi siamo stati un tempo. Lei cosa ne pensa?
“Sicuramente, i giovani e la nuove generazioni hanno sensibilità diverse rispetto a quelle precedenti, perché vivono una situazione e una società che si è completamente trasformata, con strumenti completamente nuovi e rivoluzionari. Basti pensare all’influenza della rete, di internet, alla possibilità di avere un’informazione ‘orizzontale’, che riguarda l’intero pianeta, in tempo reale: un’opportunità che le generazioni precedenti non detenevano. Quindi, da questo punto di vista, diciamo che il condizionamento che una volta proveniva dalla scuola, la quale era l’unico luogo reale di informazione e di formazione dei giovani, oggi è sicuramente ridimensionato e ridotto. Detto questo, però, appare chiaro che la scuola o la presenza di professori eccessivamente ‘orientati’ possano avere una loro influenza, condizionando le menti dei giovani, i quali vorrebbero farsi da soli una loro conoscenza, ma che non possono fare a meno dello strumento offerto dalla scuola. Io, comunque, non sono pessimista nei loro confronti”.

Ma non l’ha preoccupata questa sorta di lapsus ‘freudiano’ del premier: ‘inculcatori’ le famiglie e ‘inculcatori’ i professori, come se la società e il mondo intero fossero per natura sottoposti a condizionamenti costanti, a continue contaminazioni?
“Io non credo si sia trattato di un lapsus ‘freudiano’. Sicuramente, Berlusconi esprime un punto di vista che ha un certo riscontro nella realtà, e cioè che all’interno delle scuole, della scuola pubblica in particolar modo, vi sia stata una forte politicizzazione di settori importanti del mondo accademico: è un dato di fatto che va avanti da almeno 30-40 anni e non è una novità. Che questa influenza si sia ridotta, però, è anche un altro fatto: siamo di fronte, sicuramente, a un’influenza minore rispetto agli anni ‘70, ‘80 e agli stessi anni ’90 del secolo appena trascorso. Ringraziando Dio, oggi viviamo in una società aperta, in cui Berlusconi può dire la sua e gli altri possono contestarlo…”.

O magari anche indurlo a riflettere, no?
“Si può indurlo a riflettere, certamente. Tuttavia, io credo che le riflessioni debbano essere a 360 gradi. Sicuramente, Berlusconi su questo terreno esagera, ma è altrettanto sicuro che, per esempio in certe università, ci siano alcuni corpi accademici che esagerano in senso esattamente opposto. Quindi, chiunque abbai un minimo di questa esperienza lo sa, lo ha toccato con mano e continua a toccarlo con mano, anche se si tratta di fenomeni che, per fortuna, si stanno riducendo. Però, non sono assolutamente scomparsi: non dimentichiamo che quando il Papa volle andare a ‘la Sapienza’, l’accesso gli venne impedito da delle minoranze che erano sostenute da alcuni professori. Faccio quest’esempio perché ce ne sono tanti. In realtà, manca chi insegni una vera coscienza critica, ovvero a essere critici senza essere conformisti, anche se, purtroppo, viviamo in un’epoca estremamente conformista e il messaggio che viene fornito ai giovani, troppo spesso è proprio di omologazione conformista, dunque non liberale”.
 


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Redazione - Roma - Mail - lunedi 25 luglio 2011 20.47
@Ciamau Caro lettore, fuori tema? Non credo. Comunque la si possa pensare il pensiero berlusconiano viene condiviso da molti. Perché allora non approfondire e capire con quali argomentazioni questa parte di Paese sostiene le proprie tesi? Noi abbiamo proposto l'argomento ad Arturo Diaconale e lui ci ha fornito il suo punto di vista. È comunque un'occasione di confronto nell'attuale dibattito culturale italiano.
Ciamau - Roma - Mail Web Site - venerdi 22 luglio 2011 17.15
Mah, citare Berlusconi parlando di laicità è come menzionare Lenin discutendo di liberismo.
Il nostro della laicità ha fatto strame, ricordiamoci che fine ha fatto l'evoluzionismo alle elementari grazie al suo ministro Moratti.
Non si può certo dire che da quando c'è Berlusconi la scuola sia diventata più rispettosa dei diversi orientamenti politici, religiosi ed etici.
E' grazie al Tribunale di Padova se oggi, chi non vuol fare religione cattolica a scuola, può optare per attività didattiche e formative (l'ora alternativa).
La Gelmini si è dovuta arrendere dopo aver tentato di cancellare quella possibilità.

Apprezzo molto le vostre opinioni e non da oggi, ma mi pare che in questo caso siate andati fuori tema.
Saluti


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