Francesca BuffoIl ministro Brunetta ha fatto la sua parte definendoli: "L'Italia peggiore”. E subito c'è chi ha colto l'occasione per farne uno show con storie di vita urlate da un palco. Così parte la protesta di milioni di persone che da anni tirano la ‘cinghia’, resistendo strenuamente all'assenza di garanzie. E non si tratta solo di chi anela al posto fisso, perché a scendere in campo ci sono anche tutti i professionisti che lavorano a partita iva, versano i contributi, ma poi non hanno gli stessi diritti dei lavoratori sia sotto il profilo della sanità, sia per il trattamento pensionistico. Per non parlare del recupero crediti. Già, perché le aziende non pagano e basta: un solo committente in ritardo o in difetto crea una 'catena' di disperazione. È quello che succede fra free-lance. Il cliente lo si gestisce con un giro di fatture dove ogni fase del lavoro corrisponde a un professionista. È il sistema del 'tutti insieme facciamo un'azienda'. Poi, però, se il tuo cliente non paga ecco che gli amici con i quali lavori da anni diventano fornitori e si innesca una guerra tra poveri. Sì, perché il professionista costituisce una ditta individuale, non è una Srl, quindi risponde in solido, magari con la casa che si è acquistata faticosamente pagando 15 anni di mutuo. L'intervento dell'avvocato non serve: minimo 1000,00 euro per avviare un decreto ingiuntivo, ma la trafila è talmente lunga che quando arrivi al cliente questo ha già dichiarato fallimento e magari riaperto un'altra società sotto altro nome. Ci si potrebbe anche fermare qui, per dimostrare che è ben altra "l'Italia peggiore". E invece no, c'è di più. Ci sono i finti 'buoni' che urlano la notizia, ma l'informazione che forniscono non è mai completa. Avete mai sentito Santoro farsi portavoce della sua categoria? Ah, già… voi non lo sapete: esistono anche i precari dell'informazione. L'altro volto del giornalismo italiano. Quello di cui Santoro non vi ha mai parlato (e probabilmente non lo farà mai). Lo ha fatto, tuttavia, il collega Vincenzo Greco sulla sua testata on-line diariosette.it, per rendere omaggio a un altro collega, portato dal precariato al gesto estremo del suicidio, ma nei dati esposti c'è la prova che il peccato è ben più grave: l'omicidio di un'intera categoria di professionisti.

I precari dell’informazione

Pochi ‘unti dal Signore’ in un mare di precariato: è l’immagine preoccupante del giornalismo italiano – A Napoli assemblea di giornalisti – possibile proclamazione di uno sciopero

Come si può decidere di morire a 41 anni? Come si può, in modo consapevole, scegliere di interrompere il proprio percorso terreno? Eppure è quello che ha deciso Pierpaolo Faggiano, giornalista di 41 anni, collaboratore della ‘Gazzetta del Mezzogiorno’. Si è tolto la vita impiccandosi ad un albero, poco distante dalla sua abitazione. “Si è abbandonato ad un gesto estremo, dettato dal profondo disagio esistenziale legato anche alla sua condizione di precarietà lavorativa”, scrive in un comunicato l'Associazione della stampa di Puglia. Un esercito di precari e lavoratori in nero: è questa l’immagine del giornalismo italiano rappresentata nel “Libro bianco sul lavoro nero”, raccolta di autobiografie del precariato curata da Renzo Santelli per il Centro di Documentazione Giornalistica. Le storie raccolte nel libro stridono con i profitti in aumento delle imprese editoriali. Il fatturato del settore, all’epoca della prima edizione del libro (2006) era cresciuto del 3,7%. In particolare, i quotidiani a pagamento avevano aumentato il ricavato della pubblicità del 2,6%, la free press del 10,6% e i periodici del 5,5%. Guadagni dorati, mentre i protagonisti del Libro bianco parlano di pezzi pagati 5, 7 o 10 euro lordi, di notizie retribuite 2 euro lordi. Nei casi in cui, ovviamente, a un pagamento si arrivi. Perché in moltissimi casi, allora come oggi, si è retribuiti in grande ritardo rispetto ai trenta giorni dalla data della consegna imposti dalla legge: la media va dai due ai tre mesi di ritardo, ma c’è anche chi ne aspetta dodici o più. E chi non vede mai denaro, sperando, dopo anni di volontariato, di riuscire a entrare. I giornalisti professionisti contrattualizzati sono circa 12.000 mentre chi svolge attività giornalistica senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato sono oltre 20.000. Insomma chi svolge attività d’informazione nel nostro Paese sono circa 30.000 persone, un terzo delle quali solo con un contratto di riferimento professionale a tempo indeterminato. Il resto è fatto di collaboratori precari. molti dei quali anche senza avere il requisito professionale adatto a svolgere questo mestiere, nei fatti lo svolge. I dati sono stati forniti sia dall’Ordine dei giornalisti, sia dall’Inpgi, l’istituto di previdenza dove versano i contributi tutti i redattori parasubordinati e collaboratori in diverse forme. Gli iscritti alla gestione separata e a quella principale sono solo 7.224 dei quali 333 non hanno avuto alcuna retribuzione, 175 risultano in pensione e 4.901 hanno una posizione contributiva attiva ma 1.815 di questi non hanno avuto alcun rapporto di lavoro nel 2005. Dei quasi 15.000 iscritti alla sola gestione separata ben 8.189 non raggiungono la soglia dei 5mila euro lordi all'anno mentre i residui 7.539 hanno redditi superiori fino a 150mila euro. C'è da notare, però, che solo 466 giornalisti spaziano da 50mila a 150mila euro. Il resto (7.073) ha un reddito mensile lordo medio che sfiora i 7000 euro (2.372), i 2mila euro (3.316) e i 4mila (1.385). Per il resto è lavoro nero, ovviamente sfruttato, e in alcuni casi mai pagato. Senza considerare che c’è una marea di giornalisti che lavora senza versare contributi di alcun tipo, e che dunque sono invisibili alle stesse statistiche. Così come c’è una marea di giornalisti che lavorano negli uffici stampa di enti pubblici e privati con contratti diversi da quelli di categoria, sfruttati e malpagati. E’ questa la cornice entro cui matura la decisione di Faggiano. “L'episodio – continua la nota dell’ Associazione della stampa di Puglia - deve imporre a tutti, specialmente a chi detiene responsabilità di governo a tutti i livelli, una profonda riflessione sul dramma di migliaia di persone, giovani e meno giovani che, non soltanto nel giornalismo, vivono ogni giorno sulla propria pelle il dramma di un'occupazione precaria e senza alcuna prospettiva di stabilizzazione. Una condizione che impedisce a chiunque di guardare al futuro con fiducia e di realizzare progetti di vita”. Poco o nulla si fa per sconfiggere la piaga del precariato e per regolarizzare una professione alla quale si accede con troppa facilità. Tant’è che ci sono giornalisti a spasso che non trovano posto nemmeno negli uffici stampa dei comuni più piccoli. E già perché capita spesso che la ‘ comunicazione’ istituzionale dei vari enti sia appannaggio dello stesso giornalista che, magari, ha anche un contratto di lavoro con qualche quotidiano. Tutto nelle mani di pochi; niente nella mani di molti. E speriamo che l’assemblea dei giornalisti campani, convocata per il 29 giugno presso l'hotel Alabardieri di Napoli, possa dare un utile contributo alla risoluzione di questa piaga. L’assemblea, convocata d'intesa con la FNSI, discuterà di lotta al precariato e alla disoccupazione. Alla seduta monotematica presenzierà il presidente nazionale della Commissione Lavoro Autonomo, Enrico Ferri. L’incontro servirà per lanciare una vera e propria mobilitazione a livello nazionale che dovrebbe culminare con una giornata di sciopero a sostegno delle difficoltà del precariato giornalistico (tratto da Diariosette, http://www.diariosette.it/articolo.asp?ID=684).




(articolo tratto dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
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