Roberta ValerianiUn ‘postino’ con miliardi di indirizzi. Il simbolo della ‘chiocciola’ fu scelto quasi per caso: era uno dei pochi sulla tastiera non utilizzato per scrivere nomi, ma ha storicamente cinquecento anni di vita e origini italiane. Lo sostiene il professor Giorgio Stabile, docente di Storia della Scienza presso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma, che ne ha trovato traccia negli scritti mercantili veneziani del cinquecento. Come testo non era proprio fenomenale: QWERTYUIOP - la prima fila di lettere della tastiera americana del computer - o qualcosa del genere. Ma quel messaggio, che alla fine del 1971 Ray Tomlinson spedì varie volte a se stesso per essere sicuro che funzionasse, segnò un momento memorabile nella storia delle telecomunicazioni. Era la prima e-mail mai inviata grazie al programma che l’ingegnere, allora 33enne, aveva appena creato. Sono passati quarant’anni: “Non ricordo più esattamente quale fosse il suo contenuto - racconta lo smemorato inventore - mi sembra che fosse una sequenza di lettere battute in fila sulla tastiera, ma avrebbe potuto essere qualsiasi altra cosa, incluso l’incipit del ‘Discorso di Gettysburgh’ pronunciato da Lincoln. L’unica cosa di cui sono certo è che era tutta in lettere maiuscole”. Alla Bolt Beranek and Newman, dove lavorava, avevano da pochi anni vinto un appalto con il Governo statunitense per sviluppare un sistema operativo che funzionasse al meglio su quella disomogenea rete di computer che sarebbe diventata internet. Ma l’esigenza di comunicare e trasferire file con un sistema di messaggistica elettronica non aveva ancora trovato risposta soddisfacente. Il primo programma messo a punto da Tomlinson fu il SNDMSG, veloce ma con un limite: un utente poteva mandare un messaggio a un altro solo se entrambi erano collegati al medesimo computer. All’epoca non esistevano pc individuali, ma solo enormi ‘macchine collettive’ con le quali molte persone interagivano contemporaneamente attraverso terminali connessi via telefono all’unità centrale: era una messaggistica solo locale. Il giovane ingegnere iniziò allora a lavorare al CPYNET, un protocollo sperimentale per il trasferimento dei file. “Alla fine sono riuscito a combinare le due cose, ma non fu un gran tour de force: erano solo 200 righe di codice”, racconta con disarmante modestia, “ma fu proprio quella combinazione che consentì di spedire messaggi tra computer appartenenti a reti diverse, purché collegate tra loro da Arpanet, l’embrione della ‘rete’ come la conosciamo oggi. Per identificare le diverse ‘mail box’ - e il fatto che ognuna si trovasse su una macchina diversa - Tomlinson decise di usare la ‘@’ poiché era uno dei pochi segni della tastiera non utilizzati per scrivere nomi e per di più significava ‘at’, ‘presso’ (in questo caso presso il computer che seguiva la chiocciola). “Messo a disposizione di tutti, il nuovo SNDMSG fu un successo e - dichiara - quasi tutte le mie comunicazioni cominciarono a transitare attraverso le e-mail. E non solo le mie: due anni più tardi, uno studio dimostrò che il 75 per cento del traffico di dati su Arpanet era prodotto dagli scambi di posta elettronica. Un successo in crescita”. Il numero di indirizzi di posta elettronica nel mondo - dice il recente E-mail Usage Forecast and Analysis della International Data Corp - cresciuto dai 505 milioni del 2000 a 1,2 miliardi nel 2005, nel 2011 ha raggiunto un traffico giornaliero medio di messaggi scambiati superiore ai 50 miliardi. E anche un fresco sondaggio Gallup ha confermato che l’e-mail resta l’attività principale online, la ‘killer application’ che l’allora trentatreenne ingegnere inventò senza sforzo, cambiando il mondo e senza guadagnarne una lira: “Le innovazioni sono a volte ricompensate - ci ride su - ma non questa”. Forse non a tutti è noto che il simbolo @, conosciuto come la ‘chiocciola’, il più moderno della comunicazione umana, ha storicamente cinquecento anni di vita e ha origini italiane. Lo conferma il professor Giorgio Stabile, che ne ha trovato traccia negli scritti mercantili veneziani del cinquecento: “Il simbolo @ - afferma lo storico - rappresentava un’anfora e aveva il significato di unità di peso e di capacità. Da Venezia, questo simbolo si era esteso in tutto il Mediterraneo”. Ma non si vive solo di computer, ci si mangia addirittura! Gli estremi sono infiniti: altro che Eta Beta o Pitagora, “inventori” in continuazione e d’eccezione, fumetti realizzati da menti geniali. Non si tratta di fantascienza. Dobbiamo accettare la rivoluzione in versione mini-capibile, per chi ha poca coscienza in cybernetica, poiché oggi tutto può manifestarsi ed essere piacevole, anche se ancora ignoto, come una pasta a forma di chiocciola. In linea con l’evoluzione, la cyberpasta a forma di chiocciola come nelle e-mail del computer, è ora in voga: prodotta da un pastaio marchigiano di antica tradizione, che utilizza esclusivamente trafile in bronzo per ottenere quella ruvidezza che piace tanto al sugo, si sta diffondendo a tal punto che il museo nazionale delle Paste alimentari, situato prima in piazza Scanderberg e ora in via Flaminia 141 a Roma, la presenta come un prodotto “unico al mondo”.


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