Vittorio LussanaDopo i recenti fatti di Genova, in cui il parroco della chiesa dello Spirito Santo è rimasto coinvolto nell’ennesimo scandalo a base di droga e pedofilia, è bene cominciare a riflettere più approfonditamente intorno a un fenomeno che sta letteralmente trascinando le gerarchie ecclesiastiche verso una clamorosa crisi di nervi. Proverò dunque a proporre un’ipotesi volutamente provocatoria, tesa tuttavia a innescare un dibattito riflessivo che non vuol rappresentare una generica requisitoria supportata da pretese scientifiche. Innanzitutto, mi sembra necessario chiarire un primo punto: il pedofilo è una persona sessualmente immatura che rievoca simbolicamente la propria infanzia. In tale contesto psichico, la mancanza di maturità sessuale dei preti appare una forma di pericoloso irrigidimento del loro ‘status’ evolutivo a una sessualità ‘larvale’. Questa interpretazione sembra essere confermata dall’età media delle vittime di pedofilia, compresa fra gli 8 e i 16 anni. Dev’essere inoltre sottolineato il fatto che, quasi sempre, si tratta di pedofilia omosessuale. Questo elemento, oltre a confermare come il prete pedofilo soffra di profondi conflitti interiori con la propria sessualità, ci pone di fronte a una patologia psichiatrica estremamente complessa. Pertanto, non basta arrestarsi sulla soglia della semplice espressione di tendenze sessuali regressive, poiché queste rappresentano un elemento che può sussistere in svariate altre forme nella sessualità di moltissimi individui. Dovremmo invece provare a considerare un altro nesso: quello sado-masochistico. Anche qualora non vi sia violenza esplicita, infatti, è innegabile che il pedofilo, per sottomettere la propria vittima, faccia leva sul proprio potere di persona adulta, sulla sua superiorità fisica e psicologica. Sotto questo aspetto, appare evidente che lo scopo del pedofilo non è quello di dare piacere, bensì di ottenerlo utilizzando la propria vittima come un oggetto, quasi fosse un ‘bambolotto’. E’ questa la vera componente autoritaria della pedofilia: il possessivismo morboso. Ovvero, l’essenza più intima della teologia cattolica. Tra le svariate religioni del mondo, infatti, il cattolicesimo è quella che offre ai suoi seguaci il maggior numero di simboli infantili. E, proprio come si fa con i bambini, dal cattolicesimo vengono pedagogicamente propinate promesse, minacce, premi o punizioni. Raramente si parla di responsabilità personali o di libere decisioni individuali: i cattolici debbono soprattutto osservare, seguire, credere, aderire, confessare, pentirsi. Guarda caso, anche i pedofili hanno bisogno di soggetti passivi e inconsapevoli: si tratta solo di coincidenze? Di un ‘parallelismo’ alquanto forzato? Può anche darsi. Fatto sta che il bambino vittima del prete-pedofilo, così come del pedofilo ‘tout court’, sembra stranamente rappresentare la metafora perfetta del bravo cattolico: sottomesso, timoroso, silenzioso, fiducioso che tutto ciò che accade sia per il suo bene. Quel che a questo punto appare più grave, tuttavia, è il fatto che il prete pedofilo non cessi mai di essere un prete. Anzi, egli esprime nella sua forma più eloquente ed esplicita quell’ideologia che la sua mente ha assorbito negli anni, finendo con l’identificarsi con essa. Ecco perché i preti pedofili, quando vengono scoperti, non lasciano mai il sacerdozio, a differenza di quelli che hanno avuto delle banali relazioni sessuali. Come mai è così difficile che questi ‘vermi’ siano sospesi dalle celebrazioni religiose? La pedofilia esprime ruoli e significati intimamente cattolici, sebbene il prete pedofilo si ritrovi nel paradossale ruolo di essere, al contempo, un carnefice - poiché commette abusi senza preoccuparsi dei danni indelebili procurati - ma anche una ‘vittima’, dei suoi problemi sessuali, nonché di un’ideologia oggettivamente nociva per l’equilibrio psichico. La concatenazione ‘prete-pedofilo-bambino’ rappresenta, insomma, un’efficace metafora del rapporto fra la Chiesa e i suoi fedeli, tra un’istituzione autoritaria e i suoi seguaci. Tra l’altro, battezzando bambini inconsapevoli e indottrinandoli sin dalla scuola materna, la Chiesa, a ben vedere, sembra mettere in atto le medesime tecniche di ‘adescamento’ dei pedofili, i quali fondano la loro seduzione sulla non conoscenza, sulla non consapevolezza. In entrambi i casi, questi bambini possono provare solo sensi di colpa, non l’opportuno e sacrosanto diritto alla propria integrità fisica e mentale. Un’altra analogia tra pedofilia e cattolicesimo la troviamo addirittura nella messa, ovvero nella rievocazione del sacrificio di una vittima innocente simbolicamente drammatizzato. Ciò è molto importante, poiché si tratta della manipolazione fondamentale dell’ideologia cattolica: abituare la mente a pensare che sacrificare vittime innocenti sia un rituale sacro, espiatorio, purificatorio, confondendo l’inconscio quasi al fine di abituarlo a concezioni sottilmente perverse e sacrali. Cose del genere accadevano già in molti riti religiosi dell’antichità: quanti animali sono stati torturati, dissanguati e uccisi affinché stregoni e sacerdoti potessero illudersi di ripulire sia la propria coscienza, sia quella altrui? Possiamo perciò concludere che il pedofilo sia una persona con gravi problemi il quale, in modo irrazionale, deviante e dannoso per gli altri, cerca la propria perduta identità sessuale. Ma nel caso in cui il pedofilo sia un prete, la situazione è resa ancor più complessa a causa della nefasta influenza psichica di quella teologia che è stata oggetto dei suoi studi, della sua formazione, della sua vita. E l’omertà della Chiesa impedisce a questi preti di essere curati, supportati da specialisti, sottoposti a terapie psichiatriche, affinché si possa tentare di prevenire il continuo ripetersi di questi fenomeni. Evidentemente, qualcuno preferisce tenersi i preti pedofili piuttosto che confrontarsi, apertamente e scientificamente, con questo genere di problemi.




Presidente dell'associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile delle riviste 'Periodico italiano magazine' e 'Confronto Italia'

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Salvo - Tenerife Spagna - Mail - martedi 25 ottobre 2011 2.9
grazie per questa riflessione chiara che condivido pienamente.
sono stato vittima per anni di un prete pedofilo e a 14 anni sono entrato in seminario...ho raccontato al padre spirituale dell'abuso; mi ha fatto confessare in modo da sottomettermi ulteriormente e mi ha vietato di parlarne..sono diventato prete e dopo pochi anni mi sono messo in crisi; ho fatto un serio lavoro psicologico e in seguito mi sono spretato e oggi sono felicemente SBATTEZZATO.
ho voluto fare una breve sintesi per dire che il suo articolo dice chiaramente quello che è la chiesa e io vorrei aggiungere che la chiesa è pedofila nella sua impostazione in quanto è abuso di potere sulle coscienze, violentando le persone nel profondo del loro essere..io ne so qualcosa e dopo 15 anni di lavoro interiore non sono ancora riuscito a togliermi di dosso il senso di indegnità e di sfiducia che la chiesa è riuscita a impiantare dentro la mia coscienza...se la gente aprisse gli occhi, e sapesse tutta la verità, avremmo l'inquisizione al contrario cioè si brucerebbero preti, vescovi e papa...logicamente salvando le sue belle scarpette rosse...e cercando di non sporcargli l'ermellino...
maria cipparrone - cosenza italia - Mail Web Site - mercoledi 1 giugno 2011 19.33
Sono completamente d'accordo co Lussana che con sapienza e profonda riflessione ha saputo entrare nelle pieghe più oscure di alcuni preti cattolici. E' sempre l'esercizio di un potere che sottende alla chiesa cattolica, temporale, politico, morale, psicologico etc. Io spero che prima o poi la gente si svegli e capisca che un conto è Dio, un conto è un manipolo( purtroppo numeroso) di persone che astutamente fanno leva sulle paure della gente, sull'ignoranza, intesa come non conoscenza, per dispiegare il proprio potere. Più la gente rimane ignorante, maggiormente si può esprimere il potere. Il peccato, la colpa, il ricatto morale, dunque, sono le armi della chiesa cattolica. come strumenti per manipolare, strumentalizzare le genti. Peggio se tutto questo si realizza su giovani coscienze, immature, ancora in erba, e per questo più deboli e fragili, su cui esercitare con più facilità l'autorità. QUESTO E' ABOMINIO! ANCORA STO ASPETTANDO UNA PRESA DI POSIZIONE RADICALE E PROVVEDIMENTI ESEMPLARI PER QUESTI MALATI DA PARTE DELLA SANTA SEDE. credo che aspetteremo a lungo..
Diego Manzoni - Pisa - Mail - mercoledi 1 giugno 2011 11.31
gentile Dr. Lussana,
ho letto con attenzione il suo articolo e dissento da alcune delle sue affermazioni.
1) La Chiesa Cattolica sottolinea l'atteggiamento del bambino (in riferimento al passo corrispondente del Vangelo) perchè il bambino è aperto alla realtà che incontra e quindi può più facilmente riconoscerne il valore e la positività. E' anche più capace di seguire l'impulso della coscienza e meno scaltrito dell'adulto nel giustificarsi quando lo disattende: ricorderò sempre, nel periodo in cui c'era l'invasione dei profughi albanesi e in cui si discuteva dell'impossibilità di poterli accogliere, il gesto di due bambini che per un po' di tempo hanno nutrito due profughi nascostisi per sfuggire ai controlli. Certo, la stessa apertura del bambino così importante quando esso incontra una persona che viva autenticamente un valore lo espone anche all'abuso da parte di chi lo guarda non come una persona ma come un oggetto.
2) La Chiesa richiede un'adesione libera e consapevole, che implichi totalmente la ragionevolezza ("chi attacca la ragione fa una cattiva teologia" diceva Chesterton). Un uomo deve sapere quello a cui aderisce e, per la sua natura di essere razionale deve anche averne chiare le ragioni. Le parole che lei ha sottolineato: osservare, seguire, credere, aderire, confessare, pentirsi, non sono in contraddizione con una adesione così. Si crede e si aderisce a ciò che si riconosce come vero. Si segue qualcuno che abbia già fatto questa strada, perchè il fai da te non funziona, si osserva un metodo, perchè la fede possa incidere nella vita e diventare ragionevole come esperienza. Siccome i desideri più veri del cuore si tradiscono e si fa ciò che è male, lo si riconosce e si chiede perdono. In genere, l'insegnamento cattolico tende a promuovere una capacità di giocare nella realtà tutte le implicazioni della fede.
3) Non so perchè la Chiesa ha fatto l'errore (forse è meglio dire il delitto) di trasferire i preti responsabili di abusi invece di denunciarli. Sicuramente la ragione non è che la Chiesa persegue obiettivi analoghi a quelli dei pedofili (mantenere la gente inconsapevole per poterne disporre a piacimento), in quanto il suo obiettivo educativo è l'opposto a quello dei pedofili: far maturare la coscienza dell'uomo perchè possa riconoscere la verità e seguirla. In questo modo l'uomo mantiene la propria libertà e non diventare schiavo del potere dominante o degli istinti.
4) Il sacrificio celebrato nella Messa è quello di Dio, cioè del Padrone di tutto. Non è un povero capretto vittima dei soprusi altrui. E' il Padrone, quello che potrebbe rendere tutto cenere, se lo volesse. E' sua la scelta del sacrificio, nessuno glielo ha imposto, se non l'amore (il sacrificio serve per la nostra salvezza). Nessuno di noi può accettare di essere sacrificato, ma qualcuno, ogni tanto si sacrifica. E quando questo succede, pur nella drammaticità, il nostro cuore ha un sussulto, come se riconoscesse qualcosa di vero. Diciamo: gli è costato troppo, ma ha fatto bene. Non possiamo considerare il sacrificio senza tener conto del giudizio che diamo su di esso quando ci capita di vederlo (o di farlo)

Alla luce di quanto sopra non ritengo che la teologia cattolica possa esercitare effetti nefasti. E' invece nefasto il rinunciare a un'adesione libera e consapevole e accontentarsi di meno, così come il considerare gli altri come qualcosa su cui esercitare un potere e sfogare le proprie problematiche sessuali. E quando si tratta di bambini che guardano all'adulto con fiducia l'ingiustizia accaduta grida vendetta al cielo. Quando questo avviene si deve solo riconoscere il male accaduto senza cercare scuse e giustificazioni (e senza cercare di occultarlo).
Ringraziandola per l'attenzione la saluto cordialmente.

Diego Manzoni
STEFANO - DESIO - Mail - mercoledi 1 giugno 2011 9.56
Nel suo articolo non colgo solo "un'ipotesi volutamente provocatoria", bensì tesi che condivido; in particolare, il passo più significativo del suo articolo ritengo sia: "E, proprio come si fa con i bambini, dal cattolicesimo vengono pedagogicamente propinate promesse, minacce, premi e punizioni. Raramente si parla di responsabilità personali o di libere decisioni individuali: i cattolici debbono osservare, seguire, credere, aderire, confessare, pentirsi". Ritengo che questa "causa" scateni, in soggetti "già predisposti", l'effetto. La ringrazio delle Sue riflessioni (anche quella precedente la Pasqua l'ho apprezzata molto).Buona giornata e buon lavoro. Cordiali saluti.
Cristina - Milano - Mail - mercoledi 1 giugno 2011 8.14
Lei ha elaborato un pensiero straordinario, con una visione sociale estremamente accurata. Gli studiosi dicono che chi ha subìto abusi nell'infanzia è predisposto a perpetrare la violenza psico-fisica a danno di altre creature. In tal caso, io purtroppo non riesco a essere magnanima e applicherei una pena esemplare a chi rovina la vita di esseri innocenti e indifesi come i bambini.
Non è un pensiero cristiano, me ne rendo conto, ma non ho nessuna pietà per questi esseri abominevoli, che meriterebbero la castrazione fisica e chimica.
Invece di spostare i preti pedofili da una congregazione all'altra, la Chiesa dovrebbe prendere provvedimenti molto duri e denunciare questo tipo di reati.
Vittorio Lussana - Roma - Mail - mercoledi 1 giugno 2011 7.47
RISPOSTA AL SIG. FILIPPO: gentilisimo lettore, innanzitutto la ringrazio per il suo interesse nei riguardi del mio lavoro. In merito ai contenuti di questo brano, vengo cortesemente a ribadirle la premessa che ho posto nella prima parte dello stesso: questa riflessione non ha la pretesa di rappresentare una tesi di carattere scientifico. Dunque, non saprei dirle se questo mio 'parallelismo' abbia la possibilità o meno di esser preso in considerazione dagli ambienti psichiatrici o da quelli in cui si studiano certe patologie mentali. L'articolo, ripeto, è volutamente provocatorio poiché ha un fine preciso, peculiare, specifico: pungolare le autorità ecclesiastiche affinché vengano presi dei provvedimenti più duri e anche clamorosi nei confronti dei cosiddetti 'preti-pedofili', sospendendoli dal servizio sacerdotale o, al limite, espellendoli dalla comunità dei fedeli. Riguardo invece alla tesi da me espressa, io mi sono limitato semplicemente a mettere assieme delle impressioni con delle caratteristiche, tentando cioè una sorta di equazione matematica tra alcuni aspetti teologici e altri di natura psichiatrica senza sapere se quest'operazione, di natura prettamente giornalistica, potesse esser considerata fondata anche sotto il profilo scientifico. Non avendo titoli in campo medico, posso solamente risponderle in termini probabilistici: può forse trattarsi di uno 'spunto' di riflessione, di una buona intuizione. La ringrazio ancora per l'attenzione prestatami. VL
Filippo - Milano - Mail - mercoledi 1 giugno 2011 7.27
La tesi è molto interessante. Sono curioso di sapere se possa essere riconosciuta dalla psichiatria ufficiale.
Leggo sempre con interesse i suoi articoli.

Grazie e cordiali saluti.


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