L’impressione di una classe politica sempre più inascoltabile, indifferente e vergognosa rimane il dato di fondo di una fase stracolma di preoccupazioni. La ricerca di una visibilità perenne e il continuo ricorso a un propagandismo fine a se stesso continuano a generare confusione, esacerbando gli animi di molti osservatori. Che la seconda Repubblica fosse una vera e propria ‘schifezza’ lo si era ormai compreso da tempo. Ma quale sia stata la causa di una simile deriva provincialista e piccolo borghese della classe dirigente italiana non è dato sapere: nessuno approfondisce, nessuno analizza, nessuno indaga quali siano state le vere movenze di fondo (qualcuno dice, forse non a torto, l’attuale legge elettorale…) che hanno fatto trascendere la situazione a questo livello di indecenza. Il crollo del comunismo sembra essersi perpetuato trascinando con sé ogni qualsivoglia genere di analisi qualitativa, civile, della nostra realtà. La deriva personalistica ha investito tutti i campi sociali e di costume, persino quelli antropologici e comportamentali. Ogni straccio di idea, di professionalità, di spessore, di sano impegno civile e collettivo è crollata. Molti danno la colpa di ciò esclusivamente al ‘berlusconismo’, che avrebbe finito con l’avvantaggiarsi del tracollo comunista nella convinzione, parzialmente corretta, che si potesse innervare la società con una nuova forma di paternalismo spicciolo, oppure ancora con stravaganti suggestioni di liberismo selvaggio sostanzialmente confinanti con la liceità e l’anarchia, o comunque assai vicine all’irritualità e al qualunquismo. Ogni contraddizione è divenuta giustificata o giustificabile: si è contro la guerra in linea di principio, ma poi la si pratica in linea di fatto; si è contro le risse in tv, ma poi non si riesce a sfuggire alla tentazione di scatenarsi in talk show televisivi colmi di interruzioni e di polemiche gratuite; si dice, a parole, di voler disegnare una nuova società multietnica, basata su nuovi valori di solidarietà o nuove idealità, ma poi si persegue una deriva opportunistica, degenerativa, dilatoria della vita collettiva; si chiede un ritorno a criteri di meritocrazia, ma poi si continua imperterriti a procedere attraverso i consueti metodi clientelari e oligarchici, unicamente impernianti sulla costruzione di ‘lobbies’, conventicole o famiglie. Inutile, ormai, richiamarsi a culture che vedrebbero in sé le corrette soluzioni di principio: un ordinato liberalismo fornito di sani controlli amministrativi, un socialismo efficiente che non perda di vista i diritti dei singoli lungo la strada del raggiungimento graduale di obiettivi di interesse generale. Invece no: propagandismo edonistico e demagogia la fanno da padroni in tutti i campi, mentre rancori, ipocrisie o inutili barriere esclusiviste continuano a essere le metodologie politiche e comunicative praticate maggiormente. Per farla breve: una politica impegnata in uno scontro continuo, all’interno di una perenne guerra per ‘bande’. Rimanere in equilibrio all’interno di simili logiche rimane un esercizio che ha del funambolico, anche in una chiave eminentemente etico-morale. Diviene normale, alla fine, rimanere annoiati da simili comportamenti, da tutta questa somma di facce che si ostinano a non voler capire un ‘fico secco’. Dunque, per riuscire a vincere la tentazione di insultare pesantemente l’intera classe politica secondo finalità che difficilmente verrebbero comprese da gente che si inventa dei master accademici mai ottenuti, si preferisce occuparsi di altro, secondo una logica ‘evasiva’ o ‘diversiva’, che diviene il consueto rifugio dell’italiano ‘medio’. Si moltiplicano le iniziative culturali o sedicenti tali, perché naturalmente, in una società totalmente immersa nell’ipocrisia, non si può nemmeno mettere in piedi una ‘cosa’, non si può avere uno ‘straccio’ di idea senza correre il rischio di essere ‘copiati’ o immediatamente ‘rivenduti’. Si procede, insomma, per ‘clonazioni’, per continue manipolazioni, per riproduzioni ‘taroccate’, poiché non si è più in grado di produrre alcunché di veramente originale, di brillante, di virtuoso. Il più pulito ha la ‘rogna’, dato che tutto viene creato e utilizzato al solo scopo di ottenere fondi, finanziamenti a ‘pioggia’, favoritismi, sovvenzioni, prebende. La ‘spartizione’, poi, è sempre la stessa: si prende ‘dieci’, si spende ‘uno’ e con gli altri ‘nove’ si tengono fermi tutti: hai visto mai che tornino al potere gli altri? Mandare ‘al diavolo’ l’intera classe politica sarebbe il minimo. C’è solamente una persona che sta dimostrando di essere al di sopra di tutto questo marasma: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Proprio di recente, Massimo D’Alema ha ringraziato la ‘Provvidenza’ per il fatto che, all’inizio dell’estate del 2006, a qualcuno sia venuto in mente questo nome. Se Antonio Gramsci avesse potuto ascoltare che la sinistra italiana debba qualcosa alla Provvidenza si sarebbe rivoltato nella tomba: qualcuno se la ricorda ancora la recensione de ‘I promsessi sposi’ di Alessandro Manzoni, redatta e firmata proprio dal fondatore del Partito comunista d’Italia? Se persino il ‘meno peggio’ tra i leader della sinistra italiana si ritrova a dover ringraziare la Provvidenza, non diviene logico e naturale il sospetto che ci sia proprio qualcosa che non va? Che si stia vivendo in una sorta di mondo ‘alla rovescia’? La sinistra italiana dovrebbe smetterla di vergognarsi della propria cultura, della sua stessa identità, che non è interamente da ‘buttare’: non si può continuare a gettare l’acqua sporca con tutto il bambino. Se Karl Marx non si è rivelato un buon economista, ha pur sempre dimostrato di essere un ingegnoso sociologo; se Enrico Berlinguer non è riuscito a liberarsi totalmente dalla ‘cappa’ di controllo ideologico dell’Urss, qualche ‘scricchiolìo’ del ‘socialismo reale’ aveva comunque cominciato a percepirlo; se Bettino Craxi ha pensato che per poter togliere gradualmente potere ai ‘basabanchi’ democristiani fosse necessario competere sul terreno dei finanziamenti ai Partiti, ciò non significa che non avesse in mente un lucido piano di riequilibrio politico del Paese, anche se, in quella fase, l’opzione di un’alternativa democratica era ancora di là dal venire. Senza una sinistra in grado di approfondire determinati errori politici per rilanciarsi e rinnovare se stessa non vi potranno mai essere radiosi destini di progresso per il nostro Paese. Anche perché, di certi disastrosi “uomini della Provvidenza” questo Paese, in 150 anni, ne ha già avuti fin sopra i capelli. Senza offesa per Minniti, naturalmente.