Noi Siamo Chiesa critica il Vaticano e la Cei per la ‘campagna’ sul crocifisso che si è conclusa con la recente sentenza della Corte europea. I cattolici dovrebbero riflettere sul crocifisso nel raccoglimento delle loro coscienze e impedire che esso sia usato come simbolo di una pagana religione civile. La riforma da parte della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo della sentenza di primo grado sul crocifisso è la conseguenza di pressioni politiche ininterrotte da parte di molti governi e di timori diffusi in una parte dell’opinione pubblica sulla possibile riduzione in Europa di proprie tradizionali identità. Noi riteniamo che abbia contribuito, in modo determinante, a creare le condizioni per questa sentenza la posizione assunta dal Vaticano e dai vertici della Conferenza episcopale italiana. Essi hanno responsabilità di segno negativo che, in futuro, noi pensiamo dovranno essere riconosciute alla luce di una differente riflessione sull’Evangelo. Noi Siamo Chiesa prende atto e rispetta il responso della Corte, di cui naturalmente si impegna ad approfondire le motivazioni. Ciò premesso, facciamo ancora una volta presente che sono tanti, nel nostro paese e in tutta Europa, i cattolici che hanno, da tempo, un’opinione differente sul problema dei simboli religiosi e, in definitiva, su come concepire la laicità nelle istituzioni democratiche. Anche per esprimere punti di vista che non sono solo del nostro movimento e che coincidono con quelli delle Chiese evangeliche del nostro paese, ci permettiamo di affermare con molta convinzione che:
1) e’ inaccettabile - come è invece stato sostenuto dalla Cei - sostenere che il rifiuto del crocifisso nelle sedi pubbliche (scuole, tribunali, ospedali) significherebbe relegare i cristiani nel privato. E’ fatto di comune conoscenza che i cristiani, forse più ora che nel recente passato, hanno ruoli e adeguata voce nell’opinione pubblica, soprattutto in Italia;
2) in particolare in Europa la Chiese cristiane hanno ottenuto, con l’art. 17 della nuova Costituzione europea, la possibilità di un “dialogo permanente”e organico con le istituzioni comunitarie; non sono quindi discriminate;
3) il crocifisso è simbolo di una religione, quella cristiana (come anche la sentenza riconosce) e non può/non deve essere usato come espressione di una pretesa religione civile dell’Occidente;
4) la laicità nella Costituzione repubblicana, e anche nella Costituzione europea, non può essere integrata da aggettivi (“laica”, “inclusiva” etc. etc.) allo scopo di ridurne l’importanza come fondamento dello Stato democratico moderno e di trarne conseguenze indebite sui simboli;
5) i simboli comuni a tutti i cittadini non possono che essere la bandiera, l’inno nazionale e la figura del Presidente della Repubblica;
6) come cristiani, di fronte alla necessità di una nuova e credibile evangelizzazione, pensiamo che si debba puntare soprattutto alla crescita della vita di fede e alla pratica delle “opere”.di cui parla il Vangelo. Il crocifisso è un simbolo religioso sul quale tutti i cristiani debbono meditare nel raccoglimento delle loro coscienze, sia nella preghiera individuale che in quella comunitaria, e del quale  non debbono  pretendere alcuna ostensione.

Prendendo atto che la sentenza, a certe condizioni,  ritiene prevalente la competenza statuale  sui simboli, “Noi Siamo Chiesa” si impegna perché, nel nostro paese, una maturazione della coscienza civile e della sensibilità religiosa porti nel tempo a soluzioni legislative coerenti, da una parte con la Costituzione, dall’altra con l’evangelico “date a Cesare quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio”.


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Riccardo Quinto - Conegliano / Italia - Mail - mercoledi 23 marzo 2011 10.8
Mi permetto di intervenire a proposito dell'art. di Noi Siamo Chiesa, e in particolare sulla citazione di Mt. 22, 21 (Mc 12, 17, Lc 20, 25) da cui esso è chiuso.
E' effettivamente l'incompresione di questo logion di Gesù Cristo che caratterizza nel modo più profondo, a mio vedere, l'atteggiamento della "chiesa italiana" (leggi: CEI) negli ultimi decenni e negli ultimi anni. La risposta di Gesù a chi gli chiedeva se fosse lecito pagare il tributo a Cesare è un testo fondamentale per capire la novità del cristianesimo rispetto alla tradizione (ebraica) dalla quale Egli proveniva. Il VT propone l'immagine di una cominità che è insieme religiosa, nazionale e politica. I Dieci Comandamenti sono parte dei libri "legali", il fondamento, i "principi-guida" della vita associata, il fondamento e la legittimazione del potere, anche nelle sue manifestazioni più quotidiane.
Quando vive Gesù, però, la situazione è totalmente mutata: Israele è parte dell'Impero Romano, un'entità statale che ritiene di avere la propria legittimazione in sé stesso, in modo totalmente autonomo. Gesù Cristo non fa che prendere atto della nuova situazione: uno stato che non è tributario verso alcuna religione della propria legittimazione, e che pertanto può "riconoscerle" (o, meglio, "tollerarle") tutte. Questa è l'idea dello "stato laico", ossia di uno stato che è legittimo e funziona a prescindere da un fondamento religioso, è legittimo e funziona anche in assenza di un'uniformità religiosa della popolazione che esso ingloba. Il percorso per l'affermazione delo stato laico è stato molto lungo e tortuoso, poiché il papato romano ha cercato sempre di mantenere un ruolo privilegiato di "mediazione della legittimità" rispetto agli stati europei (così, nell'assolutismo moderno, il sovrano si presentava tale "per grazia di Dio"), plasticamente reppresentato nelle cerimonie di incoronazione (a partire da quella di Carlo nell'800). In questo senso, il "Sacro Romano Impero" era una riedizione (territoriale) dell'Impero Romano, privato dall'autoligittimazione (incarnata nell'idea dell'Imperatore=Dio) e subordinato alla legittimazione del Dio cristiano mediata dal papato romano. L'elaborazione di una concezione democratica dello stato ha reso esplicito il fatto che il fondamento di esso non risiede in una religione e non è mediato da una casta sacerdotale, ma risiede autonomamente nella volontà popolare. Gli stati democratici si dotano di una costituzione che riconosce esplicitamente la sovranità popolare (ad esclusione, cioè, di ogni legittimità altrimenti fondata). I Italia, dal 1861 ad oggi, si è svolta una lunga guerra di posizione tra l'idea dello stato laico e della sovranità popolare e la struttura burocratica del papato romano, che ha cercato disperatamente (con varie strategie) di mantenere un proprio ruolo all'interno della costituzione formale o materiale dell'Italia, incarnato plasticamente nel riconoscimento di una posizione privilegiata alla casta sacerdotale dell'episcopato. L'ultimo disperato tentativo è quello di vantare una "superiorità morale" razionalmente fondata, per cui gli ultimi pontefici non hanno avuto téma di girare l'Europa proclamando che "un parlamento che legiferi in opposizione alla 'legge naturale' -ad es., permettendo l'aborto- perde la sua (!!) legittimità (!!)": Mentre il parlamento mutua la sua legittimità dalla volontà popolare, dal rispetto dei regolamenti e delle procedure, dal rimettere il proprio mandato a scadenza, i sovrani assoluti di uno stato straniero si sono permessi di dire che no, la legittimità del parlamento viene dal contenuto delle sue decisioni, e dal fatto che queste collimino o meno con i loro orientamenti, non più presentati come le conseguenze di premesse di fede, ma come verità razionali (con esse, guardacaso, coincidenti), e di cui l'episcopato - come organo periferico del potere cerntrale del papato - sarebbe garante e custode. Di fronte a tutto questo, che volete mai che sia il crocefisso nei tribunali! Molto più scandalosa è la lentezza con cui le idee di Gesù Cristo vengono elaborate e assimilate dalla "Chiesa" (in capite et in membris)! - Dal 1978 ad oggi, crisi della teologia, riduzione di un "organo collegiale" come la CEI a luogo di trasmissione di ordinio che vengono dall'alto, e il gioco è fatto. Grazie per l'attenzione


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