Nei dibattiti televisivi di questi ultimi tempi è accaduto di tutto: membri di governo che hanno abbandonato polemicamente un dibattito, discussioni al limite dell’assurdo su vicende che poco o nulla hanno a che fare non soltanto con la politica, ma persino con l’evidente processo di ‘deistituzionalizzazione’ attuato dallo schieramento moderato italiano, un processo a cui, bisogna notare, l’opposizione di sinistra non ha saputo rispondere adeguatamente o in maniera credibile. L’Italia rimane una democrazia ‘bloccata’, post ideologica. Negli altri Paesi, allorquando il ciclo di una specifica squadra di governo o di una determinata coalizione è terminato, una buona parte dei cittadini tende a cambiarla attraverso un normale giuoco di alternanze periodiche tra progressisti e conservatori. In Italia, invece, tutto questo non è concepito e non avviene: gli elettorati rimangono ‘inscatolati’ tra odi, testardaggini e rancori di svariato genere e tipo, non avviene alcun superamento dialettico di contraddizioni e contrapposizioni, la stessa alternanza di governo viene assicurata solamente da qualche ‘escamotages’ di natura puramente elettorale, attraverso qualche ‘ribaltone’, oppure tramite qualche lista ‘civetta’ schierata da una parte anziché da un’altra. Questa situazione appare indiscutibilmente insostenibile. Così come insostenibili sono i dibattiti televisivi che si ascoltano ovunque, poiché l’opposizione affida ormai esclusivamente a una ‘squadra’ di giornalisti l’incarico di tentare una maggiore incisività sull’opinione pubblica attraverso logiche che sono, tuttavia, quelle di una ‘videocrazia’ e non quelle di un maturo sistema democratico. I motivi di una simile degenerazione sono, in verità, i soliti di sempre: una pigrizia mentale della cosiddetta ‘anima populi’ che vive la politica nella sua fase di competizione ideologica (siamo il Paese con le più alte percentuali al mondo di affluenza alle urne), ma non quella delle normali procedure parlamentari. Un assolutismo di fondo, di natura più ‘dogmatico-religiosa’ che effettivamente ideologica, perché laddove ci sono delle identità e delle ideologie precise ci sarebbero anche delle idee, delle visioni distinte sul tipo di società che si intende rigenerare o eventualmente mantenere. Qui da noi, invece, non c’è nulla di tutto questo, ma solamente una gara di ‘vuoti’, di mere immagini, di edonismi o tipologie di atteggiamenti: da quello provocatorio e ‘revanchista’, a quello di stampo ‘buonista’ basato su tutta una serie di moralismi e ipocrisie. I talk show proposti dalle nostre televisioni non fanno altro che rispecchiare questa realtà inconfutabile: dibattiti confusi, disordinati, astratti, mal condotti, dove la maleducazione e l’interruzione imperversa come elemento di trasgressione mentre, in realtà, è solamente malafede, ignoranza, vacuità. Per dirla in termini 'marxiani': la nostra televisione è ormai l’evidente espressione di una piccola borghesia che non può realizzare nient’altro che piccole idee, poiché rappresenta solamente piccoli uomini.
Presidente dell'Associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile dei mensili 'Periodico italiano magazine' e 'Confronto Italia'
(articolo tratto dal numero di febbraio del mensile 'Liberoreporter')