Chiara ScattoneChe la Sanità della Regione Lazio fosse un ‘buco nero’ lo si sapeva da tempo. Quel che però non sapevamo ancora – e che forse non avevamo mai preso in considerazione – è che tra le cause di questo disastro economico-finanziario vi fossero le attività di screening e di prevenzione. La presidente Polverini, donna acuta e di ingegno, ha probabilmente capito come muoversi e in che direzione agire, per cui ha dato subito avvio a una campagna di ristrutturazione delle strutture ospedaliere e assistenziali. E così, invece di rendere più efficienti gli enti preesistenti e combattere gli sprechi, che tuttora sussistono e sono, per lo più, visibili a tutti, la presidentessa del Lazio ha deciso, con ‘pugno di ferro’, di sferrare il suo attacco: via gli ospedali e i presidi sanitari inutili, via gli enti assistenziali e le onlus che non producono ‘ricchezza’. Un piano simile sta comportando la chiusura di diverse strutture ospedaliere periferiche e non solo che garantivano un’assistenza sanitaria efficiente ed efficace: ora, se ti viene un infarto nelle campagne laziali, se ti va bene devi solo percorrere meno di un centinaio di chilometri per trovare ricovero in un luogo attrezzato, sempre che abbia un posto letto per accoglierti. Altrimenti, finisci al pronto soccorso in una sala di astanteria, in attesa. Ma non è solo la chiusura degli ospedali, che la Polverini smentisce e definisce come “terrorismo psicologico”, l’allarmismo di chi insinua certe affermazioni. Ciò che preoccupa maggiormente è la politica posta in essere dalla ‘sua’ Regione. Esistono, infatti, molte strutture, principalmente delle onlus, che operano nel campo medico-sanitario e che garantiscono a migliaia di persone, ogni anno, un’assistenza sanitaria specializzata e gratuita. Ebbene, tutte queste onlus che vivono quasi esclusivamente dei contributi regionali perché non sono tra i grandi istituti, i quali possono godere dei privilegi e dei finanziamenti che piovono nelle casse delle strutture nazionali o dalle donazioni periodiche come Telethon, oggi, grazie alla ‘filosofia Polverini’, rischiano di chiudere i battenti. Il danno non è certamente solo quello dei dipendenti, che si ritroverebbero, in un periodo di crisi come questo e in un Paese così poco attento alle esigenze della società come il nostro, senza un lavoro, ma rappresenterebbe un danno ingente alla salute dei cittadini. Quanti sono coloro che non hanno mai ritenuto che lo screening e la diagnostica fossero strumenti eccezionali per la prevenzione delle malattie e, dunque, le vere armi per sconfiggere alcune delle patologie genetiche più gravi? La Polverini e i suoi dirigenti ritengono esattamente l’opposto. Ma se, allora, non nascono più malati – se non da genitori consapevoli – vuol dire che non c’è più bisogno della prevenzione? Al contrario, la prevenzione è proprio lo strumento necessario per sconfiggere alcune delle patologie genetiche più gravi. Lo sanno bene gli ematologi, i biologi e i tecnici che operano nel campo della talassemia nel Lazio, che ogni giorno combattono la loro piccola battaglia contro l’anemia mediterranea. Ed è proprio il primo centro fondato dai due ematologi che hanno scoperto la microcitemia, che oggi si ritrova a essere sottoposto alla scure dei tagli della ‘filosofia Polverini’, perché non produce ricchezza, perché è una onlus, perché i malati non nascono grazie all’opera di prevenzione e di screening che da anni il centro compie in tutte le scuole medie della regione. Probabilmente è preferibile, in quest’ottica, far nascere dei malati di talassemia, per mancanza di informazione da parte delle strutture pubbliche assistenziali: malati che saranno costretti a condurre un’esistenza misera, a causa di costanti cure invasive e perpetue che non garantiranno loro un’esistenza completa e sana, ma solamente una sopravvivenza, mai troppo lunga, dignitosa e dolorosa. Malati, inoltre, che ovviamente rappresenterebbero un costo ingente per le casse della Regione, per quelle stesse casse che la Polverini vorrebbe risanare, probabilmente chiudendo ospedali, riducendo i posti letto e sopprimendo delle strutture che potrebbero garantire a tutti i cittadini una vita sana e il più possibile lontana dalle strutture assistenziali. Il caso della onlus che abbiamo raccontato è solamente un piccolo episodio di quello che sta succedendo nella Regione Lazio. E vorrebbe essere solo l’esempio di come, talvolta, si privilegiano scelte poco previdenti e poco lungimiranti per motivazioni talora prive degli elementi di efficacia e di efficienza che si vorrebbero perseguire.





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