Recentemente, mi sono trovato a discutere di Rivoluzione francese, come sempre, criticandone i fondamenti (e ricordando la lezione di Giuseppe Mazzini in merito). Ho sempre ritenuto, infatti, che raramente le rivoluzioni politiche - tutte profondamente sanguinarie e fondate su principi di supremazia di una classe su un’altra - siano e siano state foriere di emancipazione individuale e, dunque, sociale. Raramente, salvo quella Americana del 1775, allorquando i coloni si ribellarono alla tirannia britannica e pretesero non già una improbabile “eguaglianza sociale”, bensì “un’eguaglianza individuale”, basata sul sacrosanto principio a essere rappresentati nelle istituzioni e, dunque, nel poter concorrere democraticamente alla gestione del Governo statuale. La Rivoluzione francese, pur ispirata a principi illuministici e massonici (quelli del conte di Cagliostro) di libertà, eguaglianza e fratellanza, si rivelò ben presto per ciò che era: un bagno di sangue fondato sulla lotta fra classi, senza alcuna possibilità di dialogo interclassista e senza delle guide politiche veramente illuminate, capaci di fondare uno Stato autenticamente democratico e liberale come invece avvenuto nei neonati Stati Uniti d'America. Robespierre impose ben presto il Terrore e fece ghigliottinare persino i suoi compagni pur di mantenere saldo il potere. Il che non è poi diverso da ciò che fece, oltre un secolo dopo, Stalin nell’Unione Sovietica con i suoi oppositori politici interni. Il tutto con la conseguenza che, ben presto, la Francia tornò a essere una monarchia assoluta con Napoleone I e, successivamente, con l’altro despota, Napoleone III, e si dovrà attendere il 1871 perché essa si tramuti, finalmente, in autentica Repubblica parlamentare e democratica. E’ perciò che, personalmente, mi rifiuto di annoverare la Rivoluzione francese fra i grandi avvenimenti storici di libertà ed emancipazione: preferisco ricordarla come monito contro certo estremismo intriso di apparenti “buoni sentimenti” ma, in realtà, contenente i germi dell’autoritarismo e della bramosia di potere.
(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)