Vittorio CraxiL’Italia è l’unico Paese d’Europa che tocca con mano le conseguenze della crisi economica e che si sta concedendo il lusso di una crisi e di una campagna elettorale perenne, praticamente iniziata nel 2008, all’indomani della vittoria del centro-destra. Dentro questo ‘lusso’ s’intravedono tutti i limiti della capacità di Governo del centro-destra sommati alle difficoltà del centro-sinistra, che continua a spingersi in “direzione ostinata e contraria“. Se a metà dicembre, dopo l’approvazione della Finanziaria, il Governo otterrà una prorogatio insperata, esso potrà cantare una vittoria ben sapendo che di una vittoria di Pirro si tratta. Il dado della crisi politica della maggioranza è tratto da tempo: le incompatibilità di progetto e di prospettiva del Popolo delle Libertà hanno generato diverse opzioni, tutte propedeutiche al posizionamento per un supposto ‘dopo Berlusconi’ che c’è solo nelle intenzioni di coloro che ritengono di essere pronti alla successione. Chi si è agitato nel centro-destra con un certo margine di anticipo (Fini) non ha tenuto conto non solo del peso parlamentare del PdL, ma della solidità espressa dall’elettorato moderato, che non ha dato segnali significativi di disaffezione nei confronti della leadership, indebolita dai recenti scandali. E quando questi segnali sono arrivati, essi si sono indirizzati verso il magmatico mondo della disaffezione alla politica, che si può presto tradurre nell’aumento dell’astensione e dell’avvicinamento di una buona fetta di cittadini verso i movimenti o le personalità che esprimono un sentimento anti-politico. La crisi annunciata ha prodotto il movimento del centro e le inquietudini leghiste, che si sono spinte sino a preconizzare la possibilità di vedere Tremonti a Palazzo Chigi. Il centro registra anche una disponibilità di Casini a ritornare sui propri passi per dar vita a un “Governo dell’armistizio”, significando così la preoccupazione che un eventuale ritorno anticipato alle urne suonerebbe come un 8 settembre per il ceto politico italiano, con il celeberrimo: “Tutti a casa”. La congiura politica contro Berlusconi, che si è spinta persino a invocare una ‘Union Sacrée’ per abbattere il ‘tiranno’, per ora ha partorito solo l’eventualità che, in caso di elezioni anticipate, il bipolarismo all’italiana farebbe spazio a un terzo polo e che le probabilità di ‘impasse’ politico a causa di un possibile ‘no contest’ elettorale al Senato sarebbe altissimo. Staremo a vedere. Le destre sono protagoniste in questo momento, in Europa, della gestione delle crisi finanziarie, incapaci di attribuire al mercato e alla finanza le ragioni sostanziali dello shock economico. Esse continuano a illudersi che solo il sostegno all’industria e al sistema creditizio possano essere la ‘mano santa’ per garantire crescita e ripresa, voltando le spalle a sostegni a redditi e famiglie per garantire una stabilizzazione dei consumi e per generare maggiore equità e giustizia sociale in un continente in cui sembra essere scomparsa questa elementare esigenza. L’Italia non si è sottratta a questa dottrina scellerata: non si sono messe le mani nelle tasche degli italiani, almeno a quelli più ricchi, ma si è depressa la nostra capacità di investimento negli assets più importanti per la nostra capacità di ripresa: il sapere, la ricerca scientifica, la cultura in generale. Al fine di non scontentare nessuno hanno scontentato tutti, con particolare attenzione al Mezzogiorno, dove si sta annidando il rischio più enorme per la disgregazione del Paese a causa della massiccia presenza di criminalità e di giovani disoccupati. Se il mondo del progresso e il mondo del lavoro fossero uniti, a cominciare dai Partiti storici e dai sindacati, se si esercitasse una coerente ed efficace capacità di guida riformista della sinistra in Italia, promuovendo una suggestiva azione di garanzia nei confronti di larghe fette dell’elettorato che non tollera i miasmi di una politica che fa del pregiudizio e della demonizzazione dell’avversario la cifra della propria iniziativa politica, oggi, probabilmente, saremmo destinati a raccogliere il testimone politico della fine del ciclo del populismo all’italiana. I ritardi e le  carenze significative e strutturali del Partito democratico, vieppiù insidiato dall’avanzata della disubbidienza e dell’allergia del suo elettorato alle indicazioni dei candidati alle Primarie e da una volontà rigeneratrice e di cambiamento generazionale a cui viene attribuita una capacità palingenetica e salvifica, unita alla divisione dei gruppi dirigenti e alla indeterminatezza sul sistema delle alleanze che si intendono contrarre nel prossimo venturo, sfiancano l’area del centrosinistra, che non è ancora pronto all’appuntamento elettorale, impreparazione ampiamente dichiarata dalla volontà di dar vita a un Governo parlamentare fra le forze anti-berlusconiane. I socialisti hanno il compito di mantenere fermo (non immobile) il proprio baricentro, sviluppando una iniziativa di sostegno all’azione generale del riformismo italiano, riguadagnando il terreno dell’iniziativa a partire dalla presenza diffusa sul territorio italiano che portino il segno distintivo del socialismo riformista. Fare la politica socialista e preparare il nuovo centro-sinistra immaginandolo e pretendendolo a guida e orientamento riformista e progressista: è un compito che dobbiamo poter assolvere sapendo che c’è ancora un pezzo di strada da percorrere, ma la crisi italiana ci dice che c’è bisogno di noi socialisti.




(articolo tratto dal settimanale 'Avanti della domenica' del 28 novembre 2010, n. 39)
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