Nei giorni scorsi, alla vigilia dell’anniversario dell’11 settembre, il pastore di una minuscola congregazione di cinquanta anime, il reverendo Terry Jones, aveva annunciato al mondo intero di volere dar fuoco al Corano nella piccola cittadina di Gainseville, in Florida. La spettacolarità del gesto avrebbe dovuto richiamare l’attenzione dei media americani, ma soprattutto dei governanti nazionali e di Barak Obama in particolare, per fermare ‘quello scempio’ che nell’ottica di molti conservatori è la costruzione di una moschea vicino a Ground Zero. L’Islam non ci appartiene, è una religione ostile e pertanto va osteggiata, combattuta, rinnegata, ne vanno bruciate le effigi (il testo sacro), i musulmani sono tutti dei terroristi pronti a farsi saltare in aria per ucciderci. Più o meno sono questi i sentimenti che coinvolgono tutti coloro i quali credono di vedere nell’Islam e nei musulmani il ‘male’ moderno. Errore più grande non ci potrebbe essere, per diversi motivi. Innanzitutto, il gesto di mister Jones è apparso più scenico che religioso, così come la sua rinuncia, basata su una menzogna da lui inventata, è sembrata ancor più ridicola e ha smascherato completamente le sue intenzioni: avere venti minuti di celebrità costringendo il mondo intero a restare col fiato sospeso. La sua idea inquisitoria di fare un rogo con uno dei testi sacri del monoteismo contraddice completamente il sentimento e il messaggio lanciato dal monoteismo stesso. Il rispetto delle credenze religiose altrui e la non costrizione alla fede dovrebbero essere principi religiosi cristiani fondamentali, così come si legge d’altronde nel Corano: “Non vi è costrizione nella fede”. Il monoteismo racchiude diverse correnti religiose, che fanno capo tutte ai medesimi valori e al medesimo principio: l’unicità divina. Sono state poi le tradizioni, gli atti cultuali, la Storia dei singoli popoli e i linguaggi che hanno condotto alla diversificazione nei tre grandi rami: Ebraismo, Cristianesimo e Islam. La matrice è la sempre la medesima, i profeti proclamati in una, sono gli stessi riconosciuti nell’altra. Il reverendo Jones probabilmente ha egli stesso frainteso il messaggio evangelico di cui è portavoce, addossando a una religione le colpe di un popolo che, peraltro, non è accusato di aver commesso alcun delitto. L’11 settembre, probabilmente è un bene ricordarlo, non è una colpa di un intero popolo, ma di singoli individui che di religioso avevano ben poco. Risulta pertanto essere ancora più sciocca la dimostrazione di un dissenso verso una decisione politica e non solo. Costruire una moschea nei pressi di Ground Zero non rappresenta una provocazione verso gli americani o i cristiani, ma il rispetto dei principi di libertà e di tolleranza religiosa che sono i capisaldi della Costituzione americana. Perché Barak Obama non è intervenuto in prima persona per fermare le ridicole e pericolosissime esternazioni del reverendo Jones? Perché secondo gli emendamenti della Costituzione americani, questi avrebbe potuto liberamente dar fuoco a un libro. Tuttavia, il rispetto e il buon senso interdicono tale arbitrarietà. Addossare all’Islam le colpe del dissesto occidentale è una ridicola scusa, che equivarrebbe ad accusare l’Induismo se, in Italia, la disoccupazione giovanile rasenta livelli mai raggiunti finora. Bruciare in una pubblica piazza il Corano fa ricordare i roghi dei libri compiuti da sempre nella Storia, come quello del 1933 organizzato nella Opernplatz di Berlino per opera dei nazisti. Il rogo dei libri è un gesto osceno e arrogante, che prevede una presunzione di onnipotenza da parte di chi lo compie. Per di più, voler dare alle fiamme un testo sacro trova il suo drammatico parallelismo con il rogo dei Talmud ebraici nel periodo nazista, esempio tragico di uno dei periodi più oscuri del genere umano. La violenza che è racchiusa nel gesto di bruciare un libro considerato “contrario ai propri principi”, oppure “censurabile per la buona morale (personale)” è di una tale portata, oggi, da riuscire a far precipitare l’intero equilibrio mondiale provocando disordini in tutti i Paesi, mettendo altresì a repentaglio la vita di molteplici innocenti. La provocazione del reverendo Jones, perché solo di provocazione si può parlare, è stata dunque l’uscita incontrollata di un uomo in cerca di breve notorietà e va considerata solamente per quello che è: l’esternazione pericolosa di un uomo irragionevole. Dare troppo peso a manifestazioni di questo genere rischierebbe solo di dare avvio a una sequenza di gesti e azioni del tutto incontrollate, fomentate da agitatori popolari e politici che, puntando sui sentimenti più populisti e ‘animali’ degli individui, tentano di realizzare le proprie paranoie, ignari delle conseguenze che queste possono sviluppare nel resto del pianeta.