Si ritorna a parlare di riforma del sistema elettorale, ma ancora una volta la gran parte dei ‘comitati di affari’ - ops, scusate, dei Partiti - sembra non voler andare al nocciolo del problema, ovvero restituire ai cittadini la libertà di eleggere i loro rappresentanti, senza antidemocratici sbarramenti e senza maggioritari ‘spazzatutto’. L’attuale legge elettorale, che sino a oggi ha fatto comodo tanto al Pd quanto al PdL, è una norma palesemente incostituzionale e antidemocratica in quanto stabilisce che gli eletti siano nominati direttamente dai Partiti stessi e non per mezzo del democratico sistema delle preferenze. Ha poi l’abnorme difetto di prevedere uno sbarramento al 4% che manda al macero milioni di voti di elettori che hanno scelto Partiti che ad esempio hanno avuto il 3, il 2 o l’uno per cento delle preferenze. In questo contesto, ritengo più che legittimo il non andare a votare, proprio per non avallare tale sistema autoritario. Orbene,c’è chi propone ancora una volta una fantomatica uninominale, senza tener conto che non siamo gli Stati Uniti d’America e sorvolando sul fatto che in Gran Bretagna una legge elettorale di questo tipo sta inesorabilmente naufragando, dimostrando di non garantire affatto la governabilità o la stabilità dei Governi. Nessuno - e non si comprende davvero il perché - rilancia l’unica legge elettorale che in Italia ha garantito rappresentanza e una certa governabilità: il proporzionale puro, senza sbarramenti e con preferenze multiple. Una legge totalmente italiana, che non ha ‘scopiazzato’ altri sistemi elettorali. Una legge che ha permesso alla pluralità dei Partiti - che allora non erano meri comitati d’affari, bensì vere e proprie scuole di cultura politica e di Governo - di concorrere alla vita democratica del Paese. Una legge che permetteva a ciascun elettore di scegliere il proprio Partito e il proprio candidato alla carica di deputato e/o di senatore e dove i Governi si costruivano in parlamento, con l’avallo del presidente della Repubblica e sulla base di pochi ma condivisi punti programmatici. Una legge in cui, peraltro, erano garantite le culture politiche europee: quella socialista; quella liberale; quella cattolico-democratica (sono in molti quelli che si richiamano, in Italia, alla vecchia Dc, ma in realtà con essa non hanno nulla a che fare e finiscono per essere meri servitori del potere Vaticano); quella comunista, di cui oggi ne conosciamo pressoché solo la versione più reazionaria, ovvero quella cattocomunista. Se non torneremo al più presto a una legge proporzionale senza sbarramenti, ovvero a una legge pienamente democratica, l’Italia sarà destinata a rimanere nel ‘limbo’ attuale, con una classe dirigente autoreferenziale, incolta, rissosa, fatta di showman e showgirl ‘sculettanti’ eletti con sistemi più simili a quelli dei reality show (non che il sistema delle cosiddette ‘primarie’ ne sia poi tanto lontano), che un sistema che premi la cultura di Governo e il merito di ogni singolo candidato.
(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)