Come vivono i numerari. La caccia alle vocazioni. I documenti 'non ufficiali' occultati alla Chiesa. Il violento distacco dalla famiglia. La manipolazione delle coscienze. L'espropriazione dei beni. Il lavoro non retribuito. Il libro dell'ex numeraria Emanuela Provera 'Dentro l'Opus Dei' edito da Chiarelettere nasce da un forum on line privato e non accessibile. Qui, per più di un anno si sono 'incontrati' gli ex numerari italiani, uomini e donne con grande sensibilità religiosa, in passato 'rapiti' dalla missione: fare l'Opus Dei nel mondo. Storie italiane, da Milano a Palermo, da Roma a Bari. Raccontano di un nuovo integralismo che attraversa la nostra società: asili nido, centri sportivi, scuole, residenze universitarie. Tutto 'bellissimo' e organizzato grazie alla potenza finanziaria dell'Opera. Piogge di fondi, anche dallo Stato. Così funziona la milizia di Dio voluta da Josemarìa Escrivà de Balaguer.
Emanuela, lei è stata una numeraria dell'Opera dal 1986 al 2000: quali sono i motivi che l'hanno spinta a fornire una testimonianza diretta della sua esperienza?
"Il motivo principale è quello dell'informazione. Mi sono accorta, vivendo nell'Opus Dei, che non c'era una comunicazione corretta, innanzitutto nei confronti delle istituzioni e poi, in seconda battuta, di tutti i cittadini. Per cui, l'esigenza di informare, spinta da una sensibilità sociale, mi ha portato a testimoniare, a continuare a informare i cittadini e le istituzioni di quello che è veramente l'Opus Dei".
Esiste un mondo sconosciuto alla maggior parte di noi: chi fa parte dell'impalpabile gerarchia dell'Opus Dei?
"Al momento, è impossibile conoscere con certezza gli appartenenti alla Prelatura. Questo per un motivo molto preciso: l'Opus Dei è stata riconosciuta da Carol Wojtyla come 'prelatura personale' con l'obiettivo principale da parte dell'istituzione e dell'organizzazione dell'Opus Dei di essere svincolata da qualunque tipo di controllo, in particolar modo sul numero delle ammissioni e sul numero delle dimissioni. Questo l'ha ottenuto con la 'prelatura personale', che prevede una dipendenza dell'istituzione dalla Sacra Congregazione dei Vescovi. Ciò significa mancanza di controllo per cui, allo stato attuale, neppure le due interpellanze parlamentari hanno potuto concedere alle istituzioni governative di conoscere gli appartenenti all'istituzione".
"Porte spalancate per chi vuole uscire, semmai porte socchiuse per chi vuole aderire": lei che come ha vissuto l'accerchiamento incantatore dell'Opus?
"Questa è una delle grandi bugie che vengono raccontate dall'Opus Dei ai propri membri, ma è anche una delle grandi bugie che vengono raccontate esternamente. Io ho ricevuto una forte pressione per entrare e ho ricevuto anche una forte pressione per rimanere all'interno. Addirittura, mi era stato offerto un posto di lavoro prestigioso, a condizione però che fossi rimasta internamente".
Soffrire, pregare, lavorare per gli obiettivi dell'Opera: com'è scandita normalmente la giornata di una giovane numeraria?
"Intanto, lo potete leggere benissimo nei due libri che sono stati pubblicati: nel mio 'Dentro l'Opus Dei' c'è la descrizione perfetta fatta da Elena Longo sulla 'giornata tipo', ma anche nel libro di Ferruccio Pinotti (Opus Dei Segreta, edito da Bur Futuro Passato). Quello che posso dire è che la giornata di una numeraria è prevista in ogni singola ora, per ogni singolo minuto, in ogni momento della settimana e in ogni mese dell'anno. L'organizzazione di questa giornata, che prevede degli appuntamenti molto precisi, individuali o all'interno della comunità, è codificata all'interno dei 'documenti interni', così chiamati in gergo, documenti segreti, al momento non conosciuti dalle istituzioni, tantomeno dai singoli cittadini e neppure dai membri esterni, perché questi documenti, che disciplinano la giornata dei membri dell'Opus Dei, sono consultabili solamente dai direttori, ovvero da coloro che hanno incarichi di formazione all'interno della prelatura".
Come é concepita la donna all'interno dell'Opus Dei?
"La condizione della donna è legata a una ideologia fortemente maschilista e tradizionale nel senso negativo del termine per cui, col pretesto di proporre un modello della Madonna che si occupava della casa, di Gesù, di San Giuseppe, utilizzando ancora una volta i valori religiosi e spirituali e i buoni sentimenti della gente, si induce la donna in una condizione di assoluta subordinazione, ma anche di mancanza di libertà e di mancato sviluppo della propria personalità, a cominciare proprio dalla affermazione professionale, con eccezioni che si contano sulle dita di una mano che, in realtà, sono situazioni create per manifestare un'immagine della prelatura che non è reale, ma teso a ingannare, ancora una volta, cittadini e istituzioni".
Nell'Opus Dei viene sottratto il patrimonio delle proprie emozioni: le è mancata la sincerità degli affetti? E' riuscita a instaurare rapporti amichevoli?
"Io sono stata sradicata totalmente dal contesto sociale e affettivo originario. E così viene fatto nei confronti di tutti. Io posso testimoniare sotto giuramento che ad oggi, e mi riferisco a telefonate ricevute recentemente e che ricevo ogni settimana, le ragazze e i ragazzi che entrano nell'Opus Dei interrompono totalmente ogni comunicazione sostanziale con i propri genitori, le proprie famiglie, per mantenere rapporti assolutamente formali, falsi, improntati solo all'ottenimento di favori per l'Opus Dei. Parlo al telefono con genitori che piangono, che hanno paura di informare l'Opus Dei e di chiedere cosa sta succedendo ai figli, perché hanno paura di perderli per sempre. Quel piccolo legame falso che è rimasto con loro è un legame fragile, perché i genitori temono di perdere anche quel po' di contatto che hanno con i propri figli. Quindi, non é cambiato nulla nell'Opus Dei e lo dimostra il fatto che non più di venti giorni fa si è concluso il congresso mondiale della Prelatura, che viene fatto ogni otto anni. Questo congresso non ha previsto alcuna modifica degli statuti. Ciò significa che la prassi che viene attuata all'interno è la stessa del 1982, anno di riconoscimento della prelatura personale, la stessa degli anni '50, in cui furono editate le prime costituzioni dell'Opus Dei".
Quando si è resa conto che la vita reale è molto differente dalla vita che ha condotto?
"Me ne sono accorta verso la fine della mia permanenza nell'Opus Dei, perché non avevo nessun processo di consapevolezza, di dialettica nei confronti delle mie scelte personali, non avevo maturato uno spirito critico, un giudizio personale sulla vita. Per fare questo, bisogna intraprendere un percorso interiore che fa male, perché può condurre alla malattia e, comunque, all'isolamento all'interno dell'istituzione, a un senso di colpa molto forte. E' difficile prenderne atto. Per questo motivo, diverse persone non riescono a uscire dall'Opus Dei, nonostante non stiano bene e si rendano conto delle anomalie del sistema".
Il filo di tante azioni discutibili rimane rigorosamente nascosto: cosa potrebbe mandare in crisi l'Opera?
"E' facilissimo mandare in crisi l'Opera: basta disconoscerla come 'prelatura personale'. Basterebbe un atto della Santa Sede che faccia un'indagine seria e approfondita e venga tolta la configurazione giuridica di 'prelatura personale' la quale, peraltro, nei confronti dell'Opus Dei non è corretta, perché l'Opera non presenta assolutamente, secondo le indicazioni del codice diritto canonico che disciplinano le prelature personali, le caratteristiche di idoneità per assumere la fisionomia della prelatura. Le prelature personali non prevedono la presenza dei laici come necessaria. Invece, nell'Opus Dei, se non ci fossero i laici crollerebbe la struttura. Anche se al vertice ci sono pochi preti, in realtà tutti gli organi direzionali intermedi sono costituiti da laici. Quindi, l'Opus Dei non ha le caratteristiche di idoneità per essere dichiarata prelatura personale. Ecco perché sopravvive: non viene fatta un'indagine accurata, neanche da un punto di vista giuridico"
Vagare per il mondo come un automa programmato, ricordando la necessità di praticare il minuto eroico, per offrire questo sforzo a Dio significa avere e perdere la fede?
"Significa spostare l'esperienza religiosa in una dimensione di ateismo devoto. L'esperienza spirituale nell' Opus Dei conduce per mano il fedele rimbambito a diventare un ateo devoto, quindi a perdere il vero senso della spiritualità, della religiosità della persona umana. Io ho recuperato la fede ed è il secondo motivo, se non il primo, per cui ho lasciato la prelatura".
Cosa direbbe a una persona che vuole uscire e non trova la forza per farlo?
"Il problema è che, essendo soggetta a un controllo mentale, è difficilissimo dire a una persona qualcosa. Essa è stata indotta e ha subìto un processo che è quello del controllo mentale, che non è il lavaggio del cervello, ma una cosa diversa. Quindi, la persona che vuole uscire probabilmente è già sulla buona strada, però non va spinta. Bisogna aiutarla a condurla verso una riflessione dentro di sé per aprirla a un cammino di libertà interiore. Non c'é niente da dirle, piuttosto starle vicino, volerle bene e testimoniare con la propria esperienza che c'è un mondo, fuori dell'Opus Dei, così ricco e così bello".