La vicenda tra Fini e Berlusconi ha assunto contorni quasi burlesque, indegni di una classe che si vorrebbe dirigente. L’attacco dell’altro giorno de ‘Il Giornale’ di Vittorio Feltri al presidente della Camera non è altro che il ripetersi di uno schema già visto e messo in opera dal quotidiano della famiglia Berlusconi contro gli ‘amici-nemici’ scomodi. È stato così nel caso Boffo, ad esempio. E abbiamo visto compiere le stesse mosse ‘feltriane’ nei confronti della signora Veronica Lario: insulti, attacchi, diffamazioni e successive scuse del patron del quotidiano e datore di lavoro del direttore, che facendo finta di non essere a conoscenza di quel che il proprio dipendente rimescola durante il giorno si mostra, davanti all’offeso, stupito e rammaricato per l’accaduto. “Esprimo la più convinta solidarietà per gli attacchi personali che ‘Il Giornale’ gli ha mosso…”. Sono queste le parole espresse da Berlusconi a Fini dopo l’uscita della prima pagina del suo giornale che denunciava a gran voce: “Un milione alla suocera di Fini”. Feltri, dal canto suo, ribadisce la veridicità delle notizie riportate sul quotidiano, ma la perplessità e il solito ‘squallore’ della vicenda si annidano in un paio di elementi: innanzitutto, ‘Il Giornale’ è un quotidiano, come tanti altri, a tiratura nazionale che, come tanti altri, gode di finanziamenti pubblici per la stampa. Tuttavia, non è esattamente un giornale come tanti altri, poiché la sua proprietà, nei fatti, è nella mani della famiglia più ricca e potente del Paese: la famiglia Berlusconi, che attraverso il suo giornale cerca di ‘fare’ la notizia, ovvero la crea, la ‘impacchetta’, la ‘imbelletta’, la studia e la ‘sbatte’, infine, in prima pagina. La politica si fa anche così, spostando l’attenzione della società su un evento posto in primo piano. Fini ha dato un milione di euro alla suocera. Nei fatti, le persone raziocinanti penserebbero: “Chissenefrega, Fini può fare ciò che vuole con i suoi soldi”. Ma la notizia innesta un meccanismo di perversa curiosità, assai pericoloso per la nostra informazione: le ‘chiacchiere’, i ‘gossip’ (come questo di Fini) non sono notizie e non avrebbero alcun motivo di finire sulla prima pagina di un quotidiano nazionale, ma possono divenire strumenti pericolosi se gestiti e utilizzati come mezzo politico. Il fine dell’attacco personale è quello di screditare, ancora una volta, il presidente della Camera, ovvero un uomo al momento ‘scomodo’, che ha scatenato le ira del dominus in pubblico, permettendosi un attacco frontale durante la Direzione del Partito del 22 aprile ultimo scorso. Fini ha screditato la capacità coesiva del ‘padrone’ affermando la propria estraneità e il proprio dissenso ad alcuni dei progetti ‘politici’ della coalizione, da sempre succube e schiava di un capo capace di conciliare gli animi e le teste solo grazie alla sua immensa ricchezza personale. Le 19 leggi ‘ad se ipsum’ sono la palese dimostrazione che il parlamento ha perso la propria primaria funzione di produrre leggi per il buon andamento dello Stato e per i cittadini, per assumere il compito di amministrare e risolvere le questioni del primo ministro. Fini, davanti alla folta platea di ‘discepoli’ del Pdl, ha sancito un proprio diritto al dissenso. Probabilmente, ben poche volte Berlusconi si è trovato di fronte a una situazione simile: qualcuno che si permette di dissentire dal suo operato, dalle sue intenzioni, dal suo ‘verbo’. E Fini, un po’ come la Lario, avendo detto ‘no’, ora dovrà esser pronto a subirne le conseguenze, affrontando gli attacchi, palesi o subdoli, che gli verranno scagliati contro. Così come è successo a Veronica Lario, che ha dovuto sopportare dei tentativi di umiliazione e di discredito pubblico con la pubblicazione, in prima pagina, le foto giovanili di un passato ormai dimenticato. Questa è la ‘tecnica’ politica di oggi: screditare il ‘nemico’, perché ognuno di noi ha uno scheletro nell’armadio e, se non si riesce a trovarlo, lo si inventa e si ‘spara a zero’, purché l’effetto venga raggiunto. Il pubblico ricorderà solo il clamore e le chiacchiere iniziali, dimenticando le successive scuse o le possibili denunce per diffamazione. L’italiano, infatti, ha una predilezione per il pettegolezzo e per il gossip, tanto che le edicole sono cariche di periodici che illustrano la vita di personaggi noti e meno noti con i loro amori, i loro divorzi, i loro tradimenti e le loro fughe. L’italiano è morboso: adora guardare dal buco della serratura nella stanza del vicino, dimenticandosi di guardare sotto le proprie lenzuola. E chi da tempo ha compreso questo meccanismo, sa bene come cavalcare l’onda del pettegolezzo e delle varie perversioni italiane: ‘sputtanare il vicino’ raccontandone i segreti o le presunte stravaganze (basti ricordare la vicenda dei calzini turchesi del giudice Mesiano). Poco importa se certe notizie sono irrilevanti, perché centrare l’attenzione su un argomento ‘altro’ allontana gli sguardi da se stessi e dalle proprie ‘magagne’. È una tecnica efficace, tanto che, nel frastuono delle chiacchiere futili, il Governo ne ha approfittato per varare leggi vergognose, che danneggiano la società civile, giuridica e democratica del Paese senza che quasi nessuno se ne accorgesse, perché i telegiornali parlavano d’altro. E i giornali? Beh, sono pochi gli italiani che leggono i quotidiani. E quei pochi che lo fanno hanno probabilmente le idee già chiare su chi ‘tifare’ o votare. La rottura con Fini, in ogni caso, presenta un’anomalia: lo stesso animatore del dissenso teme le conseguenze delle proprie azioni e si rifugia in dichiarazioni che, se da un lato cercano di imbonire il ‘capo’ richiamando rispetto e convergendo con l’altro alleato - la Lega - nella decisione di non andare alle urne, dall’altro scalpita e freme, dissentendo ma non mollando né la propria poltrona, né la maggioranza di Governo. Quale sarà il suo gioco? Fini non sembra avere molti ‘uomini’ per compiere una secessione. E i suoi colonnelli lo stanno abbandonando per mete più sicure.