Quando scese in campo, nell’ormai lontano 1993, Berlusconi sparigliò le carte, rivoluzionò il quadro e lasciò intravedere futuri scenari politici di non poco interesse. Oggi, dopo circa tre lustri (ma il processo è in atto da anni) possiamo tirare le somme definitive e dire che le grandi attese sono andate deluse. Chi, come noi, non ha nutrito soverchie illusioni, non si è abbeverato acriticamente al verbo berlusconiano ma, allo stesso tempo, ha saputo stare sufficientemente lontano anche da tutte le sirene dell’antiberlusconismo militante, grezzo e a senso unico, può a maggior ragione affermare che la stagione delle illusioni è finita ed è finita male. Forza Italia in primis e il Partito delle libertà prossimo venturo in seconda battuta, sono la prova provata di tale fallimento. Il movimento nato grazie all’indubbio intuito e alla grande abilità del Berlusconi lungi dall’essere pian piano diventato una forza politica democratica, aperta, laica, insomma quel vagheggiato partito liberale di massa, si è al contrario trasformata in un luogo dove non esiste alcuna forma, anche minima, anche fittizia, di dibattito e incontro/scontro democratico. Forza Italia e, come tutto lascia presagire, a breve anche il Pdl, è solo e soltanto la voce del suo capo, sempre più monarca assoluto, e dei suoi pochi cortigiani. Nei vertici romani si decide per tutti, nelle varie regioni un solo luogotenente, il coordinatore regionale, trasforma i diktat che giungono dal centro in ordini indiscutibili in periferia. Chi non si adegua, nelle varie realtà provinciali, viene fatto fuori con il nuovo metodo del commissariamento. Quindi gli unici eletti, i coordinatori provinciali, vengono esautorati appena sgarrano di un millimetro. Non c’è alcun modo per far valere le proprie idee, per far vincere una linea politica piuttosto che un’altra. Non si celebrano congressi, non si mettono al voto di delegati di partito candidature e proposte politiche diverse e divergenti. E quando si devono scegliere i candidati da eleggere alla massima assemblea nazionale, il Parlamento, si usano gli stessi metodi: i candidati vengono scelti in base alla loro assoluta fedeltà e non per le loro idee politiche e le loro capacità. E, infatti, proprio Forza Italia è la più forte sostenitrice dell’abolizione dei collegi uninominali all’interno di un sistema maggioritario – dove il legame fra elettore ed eletto è molto forte – e, all’interno dell’attuale sistema proporzionale, è convinta sostenitrice dell’abolizione totale delle preferenze, per evitare che candidati meno graditi possano affermarsi ai danni di quelli voluti dai vertici del partito. In questo senso è illuminante quanto è accaduto nel corso delle ultime elezioni politiche in Toscana: il padre padrone Denis Verdini, già coordinatore regionale e ora nazionale degli azzurri, si è scelto un manipolo di fedelissimi, tutti fiorentini, lasciando alle altre realtà territoriali solo le briciole e praticamente niente al (molto eventuale) dissenso interno. E’ triste ammetterlo, per quanti avevano risposto in questo schieramento qualche sincera speranza di rinnovamento, ma FI e il Pdl sono diventati la peggiore espressione della degenerazioni del sistema dei partiti nel nostro Paese. Dopo Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica non solo non si è dato vita ad un più efficiente sistema basato su nuove formazioni politiche ma si sono proposti modelli ancora peggiori di quelli che si sarebbero dovuti sostituire. Basti pensare, in ultima analisi, alla degenerazione clerico reazionaria di Forza Italia. Il caso Eluana Englaro è, in questo senso, l’esempio massimo di questa deriva: pur di accreditarsi presso la Santa Sede come gli unici veri difensori delle teorie più estreme di un clericalismo soffocante e intollerante – il partito della vita contro quello della morte … – si è forzata la mano oltre ogni limite, arrivando addirittura ad un pericoloso scontro istituzionale. E quel che è peggio senza che un solo ministro, anche fra quelli cosiddetti laici, si sia tirato fuori da quel coro, senza che si siano udite autorevoli voci di parlamentari del Pdl prendere le distanze: come al solito si è distinta solo quella del povero Benedetto Della Vedova, ormai vera e propria mosca bianca o per meglio dire foglia di fico di un centrodestra completamente vaticanizzato. Berlusconi aveva promesso un grande partito laico, liberale, democratico di massa. E’ rimasto solo un partito di massa, perché tanti elettori ancora si fidano e lo votano. Ma Forza Italia e il futuro Pdl hanno sempre più le sembianze di quei partiti di massa di regimi che si definivano democratici ma che la democrazia l’avevano fatta a brandelli. Che grande il Berlusca! Il più grande alfiere dell’anticomunismo ha finito per dar vita all’unico partito leninista italiano. Un vero capolavoro.