Maria Chiara D'ApoteDovendo raccontare la storia del narcotraffico sudamericano, la prima telenovela aveva man mano snaturato le proprie caratteristiche di soap opera: ai triangoli amorosi, ai melodrammi e ai disvelamenti, sono subentrate le tragedie e le efferatezze. Pertanto, già nella telenovela classica, i personaggi erano definiti in modo standardizzato e tutto si muoveva verso un lieto fine. Ma nella sua sfumatura 'narcos', l’impressione era già quella di una 'ibridazione' che ha finito col contaminare il genere, definitivamente.

Il punto della verosimiglianza
Pertanto, nella narco-telenovela, la ricostruzione storica impose uno statuto di verità e di verosimiglianza: la storia del narcotraffico richiedeva la capacità di legittimare la storia, svelando aspetti poco conosciuti dei fatti accaduti. La ricerca della verosimiglianza pretendeva, inoltre, una certa cura dei particolari, visto che lo spettatore, riguardo ai fatti anche dolorosi della vicenda, ne sentiva il bisogno. Sebbene non si trattasse di un film storico o di un docufilm, le risorse che poterono essere inserite - e che note note allo spettatore - come le foto originali o le immagini estratte da telegiornali dell’epoca, già denotavano la 'coppia di fatto' tra ricerca storica e fiction.

All’inizio fu 'Escobar: el  patron del male'
'Escobar: el patron del male' (titolo originale:
'Pablo Escobar: the drug lord', ndr) risultò, alla fine, una narco-telenovela prodotta dall’emittente colombiana 'Caracol Tv', composta da 113 puntate trasmesse nel 2012 (su Netflix, sono rintracciabili 78 episodi in lingua originale con i sottotitoli, ndr). I personaggi si aggirano fra eventi delittuosi e intrecci amorosi, in un tempo narrativo 'espanso' tra gli anni '80 e i primi anni '90 del secolo scorso (74 episodi da 45 minuti ciascuno nella 3 stagione, ndr). Nella narrazione principale confluiscono delle micro-narrazioni secondarie, che rendono la struttura più complessa. A differenza della telenovela, la serie tv sul narcotraffico ha un numero minore di capitoli/episodi e i personaggi mantengono una maggior complessità psicologica, un ritmo meno lento e si rifanno al classico film di azione-poliziesco.

Il melò prima degli omicidi
Insomma, la narco-telenovela 'Escobar: el patron del male' si affidava a uno schema narrativo ben collaudato, tutto sommato, che evidenziava marche temporali posizionate in punti strategici della storia: gli ultimi abbracci fra le future vittime di Escobar e i propri familiari, si declinano in una ciclicità inesorabile e melodrammatica, accompagnata da musiche malinconiche. Ben presto, nelle serie tv e nei film successivi, il 'melò' che precedeva gli omicidi verrà sostituito da una forte 'action' (meno latina e più nord americana) che muterà il modo di rappresentare il boss del 'cartello' di Medellin.

Macchina da presa e l’uso del montaggio alternato
Tra gli essenziali movimenti di macchina in uso durante il girato di 'Escobar: el patron del male', vi era, inoltre, un montaggio alternato, utilizzato per contrapporre i vari binomi bene/male, passando dai funerali dei giusti ai cattivi, ai fedeli di Pablo che festeggiano ascoltando la radio o guardando la televisione: ancora siamo in quella zona ibrida nella quale il boss di Medellin dice alla sua amante, tra le lenzuola, di non essere un 'mostro' e che i politici sono i veri delinquenti.

Narcos: la serie tv
Sia come sia, in 'Narcos', serie tv del 2015 prodotta da Netflix, il punto di vista è invece, quello dei 'gringos': tre stagioni da 10 episodi che raccontano le vicende del grande criminale secondo la versione di un agente della Cia, Javier Pena (l’ottimo Pedro Pascal, ndr), che cerca di catturare il boss per assicurarlo alla giustizia statunitense. A differenza del 'Escobar: el patron del male', dove il parlato degli interpreti è in lingua originale, in 'Narcos' la voce di Escobar (doppiato da Wagner Moura nelle prime due stagioni, eccellente attore brasiliano che abbiamo ritrovato anche in 'Civil War', ndr) e dei vari personaggi colombiani, è in lingua spagnola, mentre i 'gringos' americani sono doppiati.

Elementi  transmediatici
Gli elementi trans-mediatici, appena accennati nella versione 'telenovela-narcos', sono le foto che il detective della Dea mostra all'ambasciatrice degli Stati Uniti, al fine di mettere in evidenza i collegamenti tra narcotraffico e 'sandinisti' centoramericani tramite i video originali dell’epoca, tra i quali le dirette televisive e i discorsi del presidente Reagan quando annunciò l’inizio della guerra contro il cartello colombiano. Queste tracce documentarie sono percepite dello spettatore come un 'continuum' con l'esperienza della vita quotidiana.

Due versioni di Pablo Escobar: telenovela e serie tv
Insomma, il soggetto storico Pablo Escobar, racchiuso nel celebre motto “plata o plomo” (“soldi o piombo”, ndr), slogan di colui che poteva corrompere chiunque, ricorda altre figure storiche della malavita mafiosa: il personaggio, traslato dalla storia reale, diviene 'paradigmatico'. E la traduzione dalla realtà nella fiction viene resa attraverso alcuni elementi fondamentali: la fisiognomica, la gestualità, il tono della voce e l’accento linguistico. Le diverse prove attoriali devono essere riconoscibili dal grande pubblico e riconducibili al boss, dando vita a una vera e propria 'maschera-viso'. Il Pablo Escobar della telenovela, interpretato dal mitico Andrea Parra, fu abilissimo nel gestire corporalità e accento, sorrisi smaglianti e beffardi (gli stessi delle immagini di repertorio dell’Escobar che ride in faccia all’agente della Cia quando fu scattata la prima foto segnaletica, ndr), sereno nella sua malvagità, poiché carismatico, paradossalmente rassicurante, persino meticoloso, quasi scientifico: a lui non sfugge nulla quando annota sul suo taccuino i nomi dei condannati a morte, senza mai dimenticare un 'pater cattolico' dopo le esecuzioni: anche il rito pretende il proprio spazio. Al contrario, nella serie tv 'Narcos', l'attore Wagner Moura interpreta un Escobar più 'lunare' e torvo, in alcuni momenti quasi sgomento per aver perduto il proprio potere assoluto, conclusione prevedibile vista la pressione politica e militare esercitata dagli americani, attraverso le investigazioni della Dia. La sua postura, con il passare degli episodi, è sempre più deformata, denotata da uno sguardo abbacinato e non più fiero, meno decadente e più maledetto.

I film
In 'Escobar' (Escobar: Paradise lost del 2014), il grande Benicio Del Toro interreta un’altra versione del narco-trafficante internazionale, che il regista italiano, Andrea Di Stefano, gli ha cucito addosso. La storia narra di uno straniero che entra in contatto con il clan del boss: il giovane canadese Nick Brady (Josh Hutcherson, ndr), il quale s'innamora della nipote del criminale, Maria (Claudia Traisac). Man mano che passa il tempo, il giovane, costretto a compiere un delitto, diventa egli stesso un assassino. Per la prima volta, un elemento esterno entra a far parte della 'famiglia mafiosa', ma la distanza dalla verosimiglianza della prima telenovela-narcos diventa siderale. Un Benicio Del Toro, in versione 'Cuore di tenebra' di Konrad, che impartisce esecuzioni senza batter ciglio. E la sequenza della folla che lo applaude e alla quale lancia denaro mentre si dirige nella sua 'prigione dorata', sa tanto di un 'dopo', di superamento di quel "plata o piombo" a cui resta solo il 'panem'.

Un Escobar a misura di Javier Bardem
Nel film ‘Escobar: il fascino del male’, il regista spagnolo Javier Bardem mette in campo una versione ancor più 'personalizzata', dove non c'è tutta quella somiglianza che ci si aspetta. Rispetto alle altre 'maschere-viso', quella di Javier Bardem è surreale, goliardica e istrionica. Un film centrato più sulle abilità del protagonista e della coprotagonista, Penelope Cruz, che interpreta il ruolo della giornalista televisiva Virginia Vallejo, amante storica del patron. La ricostruzione dello studio televisivo, con una Virginia Vallejo che parla agli spettatori interpretando se stessa, sebbene sia la 'summa' della ricerca di verosimiglianza, relega Pablo Escobar nella 'gabbia' di una ricostruzione tutta fiction e 'mazzate'.





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