Elisabetta Lattanzi

Sono passati 80 anni dalla morte di Benito Mussolini e ancora si parla, quotidianamente, di lui. Nel bene e nel male, tutti gli italiani lo conoscono: i meno giovani attraverso i libri; gli storici impegnati in una ricostruzione fedele e imparziale dei fatti; gli anziani ancora vivi che hanno vissuto l’epoca del fascismo e della resistenza e sono sempre disposti a parlare con viva memoria di quei giorni. Sono stati scritti libri, aneddoti, pettegolezzi: di tutto e di più su quest’uomo, che continua a dividere l’Italia tra coloro che lo evocano come uno 'spauracchio', tra i nostalgici e tra chi non ha vissuto quel periodo storico, ma si è fatta un’idea propria della personalità del duce (dal latino 'dux': condottiero, ndr), incarnandolo nell’uomo forte, nel leader carismatico capace di trascinare le folle e di cui, secondo questi, ci sarebbe bisogno. Psicologi, storici, politologi e sociologi hanno speso fiumi di parole per spiegare come mai, dal loro punto di vista, gli italiani sono ossessionati da Mussolini. Gli esseri umani, dalla notte dei tempi, cercano un capo carismatico, che li rappresenti e a cui delegare responsabilità: dunque, il duce rappresentava perfettamente quell’idea di leader? Davvero gli italiani hanno, ancora oggi, bisogno di un uomo come lui? Era così ‘bravo’ che non ne esistono altri? La democrazia è in pericolo? La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana vieta la "riorganizzazione del Partito nazionale fascista". I padri costituenti hanno voluto mettere nero su bianco questo principio, ma c’è sempre chi, puntualmente, tira fuori il pericolo di un ritorno, fomentando scontri non solo tra politici di diverse fazioni, ma tra gli italiani stessi, che tanto hanno faticato a raggiungere l’unità per diventare una nazione libera e indipendente. Siamo di fronte a una sorta di ‘complesso del tiranno’, evidentemente. In questi giorni, è stata presentata  la serie Netflix: ‘M-Il figlio del secolo’. Un 'plot' a puntate su Mussolini che ha fatto molto parlare per l’intervista al protagonista, l’attore Luca Marinelli, il quale ha dichiarato il suo sforzo per interpretare la figura del dittatore: un ruolo che ha vissuto “come un dolore, un peso emotivo”, per cercare di comprendere questa figura e rappresentarla al meglio. Come fa un grande attore, che spinto da un senso di responsabilità, si immerge in questi personaggi per capire quali meccanismi possano ripetersi nel corso della Storia. La complessità di Mussolini è 'l’elemento-chiave' che affascinava e incuriosiva, allora come oggi: la brama di conoscere ogni minimo dettaglio sulla sua vita, specialmente quella privata, per indagare sui rapporti veri e sinceri (quando ci sono stati...), con le persone di cui si fidava e, soprattutto, per scoprire quale fosse il collante tra lui e l’Italia. Il giornalista Bruno Vespa è un attento studioso del duce e, nel suo ultimo libro, ‘Hitler e Mussolini’ (Mondadori), racconta di questi due dittatori che, associandosi, hanno tenuto il mondo col fiato sospeso, portando l’Europa alla catastrofe. Due totalitarismi diversi, che non bisogna dimenticare. Anche la Germania continua a portarsi dietro il 'fardello' di un uomo che li ha condotti alla sconfitta. E anche lì riaffiorano i tedeschi nostalgici, con episodiche manifestazioni che inneggiano ai simboli nazisti. Due uomini differenti, accomunati da un delirio di onnipotenza ed entrambi morti, nello stesso anno, con un finale tragico. Probabilmente, anche Adolf Hitler era rimasto colpito da Mussolini: dalla sua retorica, dalla passione politica, dall’uso della propaganda per avocarsi i consensi. Guardando le foto e i filmati del tempo non si può certo dire che Mussolini fosse un ‘adone’. Eppure, molte donne avrebbero fatto qualunque cosa per lui. Nelle famiglie italiane divenne frequente battezzare i figli maschi col nome di Benito. Oggi, sono pochi gli iscritti all’anagrafe con questo nome, variante spagnola del nome Benedetto: "Benedetto da Dio" o più genericamente, "fortunato". Ma Mussolini non è stato poi così 'fortunato' in vita: è morto a 62 anni, fucilato dai partigiani e il suo corpo venne appeso a testa in giù in piazzale Loreto, a Milano. Evidentemente, la sorte ha voluto che, da morto, continuasse a far parlare di sé.


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