La straordinaria impresa
dell’Atalanta bergamasca calcio, unica squadra italiana a riportare in patria un trofeo prestigioso come
l’Europa League, ci dà modo di riflettere su cosa non riusciamo a comprendere
dell’aziendalismo moderno. Qui ci troviamo di fronte a una società che non risponde ai vecchi criteri del
capitalismo industriale, ma ne mantiene i
valori, rigenerando i giocatori stranieri
'scartati' dalle grandi squadre senza abbandonare la sua tradizionale
vocazione a
'pescare talenti' nel proprio
vivaio. Sono tanti i giovani scoperti proprio
dall’Atalanta nel corso della storia del calcio italiano. A cominciare da
Antonio Cabrini e
Gaetano Scirea, grazie ai quali abbiamo vinto un
campionato del mondo. Per non parlare dei successi della
Juventus negli
anni ’80 del secolo scorso.
Giampiero Boniperti, che oltre a essere un grande calciatore fu un grandissimo presidente, aveva
'fiuto' in queste cose. E veniva regolarmente a
'pescare' giovani talenti proprio tra le formazioni giovanili della
provincia bergamasca. Un circuito di squadre che incontriamo ancora oggi con i loro
pullman lungo la statale del
Tonale, che conduce al centro sportivo di
Clusone, presso il quale
l’Atalanta si reca regolarmente ogni estate per preparare la nuova stagione. E’ vero, la
cordata americana proprietaria, oggi, della
squadra nerazzurra si basa, anch’essa, su una
'bolla' finanziaria di
fondi d’investimento. Ma grazie alla politica di
valorizzazione dei suoi giovani, i
conti dell’Atalanta sono sempre
in ordine, anno dopo anno. Il capitalismo moderno, infatti, è così: unisce
tradizione e
modernità. Ed è questo ciò che non si riesce a comprendere qui da noi, soprattutto nelle
grandi città. Ecco perché abbiamo una squadra campione d’Italia,
l’Internazionale di Milano, che per riuscire a ottenere i propri risultati ha finito col dover subire il più classico dei
'pignoramenti', passando di mano quasi a
'costo zero'. E qualcuno ci ha anche accusati di
'letture fantasiose' per questo. A riprova del fatto che bisogna avere anche delle
risorse interne, non solamente affidarsi al
'riccone' di turno, secondo una
visione d’impresa che
'puzza' ancora di
classismo borghese. La piccola
Atalanta vince
l’Europa League con dei
'ragazzini' provenienti dal proprio vivaio come
Matteo Ruggeri, nato e cresciuto in
alta Val Brembana, a fianco di un
vicecampione d’Africa come
Ademola Lookman e a uno
'scarto' del
Milan, tecnicamente dotatissimo ma fisicamente gracile, come
Charles De Ketelaere. Il belga
CDK, come viene chiamato dai
tifosi atalantini, era un giocatore che bisognava attendere, aiutandolo e credendo in lui. Ma le
grandi squadre non hanno tempo per queste cose: hanno bisogno di
vincere subito, senza un briciolo di
memoria, cioè senza ripensare al grande
Dino Viola, il presidente della
A. S. Roma, quando mandò un giovanissimo
Bruno Conti, pescato sulle spiagge di
Nettuno, a
'farsi le ossa' nel
Genoa. Un
'prestito' che contribuì a formare quello che divenne uno dei grandi
talenti del calcio italiano, vero ispiratore della
vittoria dell'Italia ai
mondiali spagnoli del
1982. Bisogna avere
'fiuto' per certe cose e
credere nell’umanità. Invece, si continua a rimanere
prigionieri della più
plumbea sfiducia: l’errore classico della
borghesia più ignorante, qualunquista e
fascista. Bisogna
dare fiducia alle persone, giocatori, allenatori o dirigenti che siano. Una qualità che
l’Atalanta aveva già dimostrato con
Josip Ilicic, altro talento da
'pallone d’oro' non compreso della
Fiorentina. Si pensa solo ai
soldi e si dimenticano le
'gestioni', il sano
lavoro, i
sacrifici che ci vogliono per ottenere dei risultati.
Tutti vogliono tutto, raggiungendo, alla fine, ben poco.
L’Atalanta non è un
'fuoco di paglia': sono già
8 anni che la
squadra bergamasca è lì a
dimostrarlo. A partire dalla scelta di un allenatorie
illuminato come
Gian Piero Gasperini, che proprio
l’Inter esonerò solamente dopo
4 giornate di campionato.
L’Atalanta, invece, ha saputo credere in lui: ha saputo
aspettare. Manca questa
empatia nella nostra attuale
cultura imprenditoriale: come quando si pretende la
patente di guida senza ritenere di dover superare
l’esame di teoria. E’ tutto
appiattito sul
pragmatismo, su un
'mordi e fuggi' squallidamente
pornografico e
volgare. Un
capitalismo dissociato da se stesso, che genera solamente dei
dissociati.