A prescindere dai
litigi a sinistra e dalle
subdole manovre a destra, in generale le cose non vanno molto bene, qui da noi. La nostra classe politica, infatti, interpreta malamente una determinata
suggestione liberale, intendendola come
sostegno all'iniziativa privata, abdicando quasi totalmente ai
controlli sulle ripercussioni delle
azioni private stesse nel
settore pubblico, collettivo e sociale. In parole semplici, lo Stato italiano ha storicamente continuato a
finanziare imprese il cui risultato, sulla bilancia dei pagamenti, era del tutto
ininfluente nell’attivo e, viceversa, pesantemente
condizionante sul versante passivo. Non è dunque possibile pensare che una simile
politica economica appartenga a una qualsivoglia
'scuola' politica: tutto risulta alquanto
improvvisato. Ben altra diviene, quindi, la questione da porsi: quella relativa al
ruolo avuto in passato dai nostri
rappresentanti politici. E su tale versante, a parte qualche eccezione, il
buon ricordo dei
passati decenni inizia a
sfumare. Un
benessere costruito attraverso una politica statale del
'laissez faire', adattata negativamente anche nel
sociale, ha generato una massa di cittadini privi di ogni forma di
etica solidaristica a sinistra, o
cultural-nazionale a destra. Per esempio: la maggior parte delle nostre
abitazioni sono state costruite
abusivamente anche nei grandi centri urbani: un fenomeno contro il quale si è ricorso, per affrontare il dilagante problema, a una lunga serie di
condoni adottati solo per
necessità fiscali, non certo per la
qualità 'ambientale' venutasi a generare. Inoltre, molta
occupazione si basa ancora su un lavoro
'nero' o
sottopagato, mentre sul lato delle
professioni lo
sviluppo tecnologico ne ha
ampliato gli orizzonti a danno, tuttavia, della
qualità professionale effettiva. In sostanza, il popolo italiano, di fronte a un’attività dello Stato particolarmente
squilibrata sul
versante fiscale, si è creato un proprio
ordine individualistico, per non dire
egoistico. E seppur ricercando una migliore
qualità della vita, non intende mettere in discussione ciò che,
legittimamente, ritiene di esser riuscito a
'strappare' a un
mondo politico il più delle volte totalmente
inadeguato.