Per chi non sapesse cosa regalare per le ormai prossime
festività natalizie, c’è un bel libro in circolazione, che s’intitola:
‘Sassi e perle’ (Officine culturali romane), scritto dalla poetessa
Paola Ercole e dalla critica letteraria,
Cinzia Baldazzi. Perché questo suggerimento? Semplicemente per il fatto che non si tratta della solita
silloge per eletti, comprensibile a pochi, un qualcosa che presuppone lo sforzo di dover
decodificare la
poetica dell’autrice, il
‘significante’ e il
‘significato’. In questo caso, la
poetessa viene affiancata da
un’eccellente critica letteraria che suggerisce, evoca, richiama stilemi e altissima cultura.
Un’idea, finalmente: un’ottima idea per non abbandonare il lettore. I versi della
Ercole sono profondi, autentici,
‘pascoliani’, richiamano un
mondo naturale e
sentimenti sinceri: una poetica che potrebbe incontrare il lettore già di per sé, per l’evidente
percettività spirituale e la totale mancanza di
dissimulazione. Ma la decodificazione della
Baldazzi diviene
guida letteraria, indicazione precisa, contesti e discendenze che rimettono ogni cosa al proprio posto, come quando si agganciano uno all’altro i
‘vagoni’ di un
trenino elettrico. “Il lettore non è un bambino”, si obietterà. Certamente. Non era questa, infatti,
l’intenzione editoriale che ha mosso le due autrici. Al contrario, si è trattato del non volersi affidare a una
visione idealtipica del
‘lettore-medio’, spesso totalmente
‘campata per aria’, al fine di andargli incontro veramente. Una
provocazione, in fondo. Ma
vivaddio, si tratta di
un bel modo di essere provocati: da un canto della
Ercole di
5-6 righe al massimo si giunge a rovistare, con stile e senza annoiare,
Apollinaire, Villon, Prampolini, persino la filosofia politica di
de Montaigne. Riflessioni che non solo completano al meglio il messaggio, ma
colpiscono il lettore, entusiasmandolo. Non siamo di fronte alla classica spiegazione che può indurre a
chiudersi in se stessi o a
rifuggire i ricordi, per non tornare con la mente verso
dolori, sofferenze individuali,
esperienze personali poco piacevoli. L’abilità della
Baldazzi è quella opposta: non si rivolge alla
‘pancia’, ma
all’intelligenza, alle
idee, all’evoluzione storico-culturale europea e mondiale. Ci rammenta cosa pensavamo negli anni della
contestazione e, in seguito, del
riflusso. Ma anche cosa si pensava o si dibatteva ai tempi dei
poeti ‘maledettissimi’, del
futurismo più ‘ruggente’ o del
romanticismo inglese. La
Ercole ci mostra il suo
cuore di donna, le sue sconfitte ma anche il suo riscatto personale; la
Baldazzi, a sua volta, ci insegna a
‘pensare la letteratura’, a come si lavora sul
linguaggio, a ritornare presso la nostra identità culturale.
Poetica e
semiotica, dunque: un
connubio assolutamente indovinato, innovativo e moderno, che non potevamo non segnalare.
Paola Ercole e
Cinzia Baldazzi, in questo loro lavoro in cui la
critica viene posta esattamente
‘a fronte’ della
poesia stessa, hanno saputo dimostrare il
potere della scrittura come riscatto dalle sconfitte, dalle delusioni, da un’esistenza sempre più
‘liquida’, che rischia di trascinarci verso un
inverno d'indifferenza o, addirittura, di
freddezza: la poesia come
antidoto, per resistere a una
logica sociale spesso tagliata con
l’accetta dell’ideologia. E la
cultura, per aggredire nel giusto modo una
deriva grigia di insensibilità, menefreghismo o, quando va bene, di
‘alzate di spalle’.