Caterina Di PerriIn queste ultime settimane si è detto tutto e di più su Elly Schlein. E quando non c’era nulla da dire, si è inventato o ‘arzigogolato’ su motivazioni e complotti interni alla sinistra, la cui ala moderata non accetta un’outsider come la Schlein in quanto ella rappresenterebbe la manifestazione di una posizione vista come “troppo radicale”. È pacifico, dunque, che i moderati di sinistra non vogliano neanche prendere in considerazione di doversi rimboccare le maniche e incominciare a essere progressisti. In questo momento, le cose più importanti a cui prestare interesse dovrebbero essere le idee, i principi e le posizioni politiche della neocandidata Schlein, non la condizione economica della sua famiglia, come qualcuno ha scritto. Fare demagogia sul fatto che solo dal proletariato possa alzarsi una voce femminile da contrapporre alla presidente, Giorgia Meloni, è una stupidaggine. Il perno in una candidatura sono i contenuti, non lo status sociale o il folklore utile al mondo di certa informazione.

Ideologie perdute a destra e a sinistra
L’ideologia, oggi, non è un concetto accostabile alla politica come poteva esserlo nel XIX e nel XX secolo. Come il vocabolario insegna: “È idealista chi segue nobili ideali e si batte per essi”. Anacronistico, vero? Eppure un’ideologia è quell’insieme di idee, princìpi e dettami che sono alla base di un Partito politico e sui quali si forma tutta la sua struttura identitaria. Le sinistre occidentali, da sempre si sono battute per eliminare i divari sociali, per la tutela del lavoro, per i diritti civili e di genere, in difesa delle minoranze. Ebbene, oggi che tutte queste questioni sembrano utopie, non appena qualcuno esce dagli schemi standardizzati di quello che la politica è oggi diventata e subito si paventa una paura destabilizzante. Un ordine prestabilito vuole che tutto rimanga com’è: “Ma chi è questa Schlein che, senza nemmeno la tessera del Partito si vuole addirittura candidare a segretario del Pd? Ma siamo pazzi”? Tra l’altro, è anche offensivo sostenere che per candidarsi alla segreteria del Partito democratico debba esserci, necessariamente, l’appoggio di Franceschini, di Bonaccini o di Zingaretti. Questa giovane donna, da indipendente ha dimostrato di poter fare grandi cose prendendo più di 22 mila voti senza nessun Partito importante alle spalle: una voce fuori dal coro, che è in grado di fare assoli strepitosi, alla faccia degli invidiosi. E come dice Michela Di Biase: ”Proprio perché Elly è una giovane donna, c’è tutta questa attenzione a chiedersi: chi c’è dietro? Chi l’appoggia? Meschinità…”.

Elly Schlein: un linguaggio coinvolgente

Ma com’è riuscita Elly Schlein a vincere alle regionali in Emilia Romagna, si chiedono in molti? La risposta è semplice: il suo linguaggio è quello della gente che s’interessa dell’ambiente, dei diritti civili, dei diritti del lavoro, degli immigrati, della ‘non globalizzazione’ capitalista sull’onda del neoliberismo, che impernia tutto l’occidente. Da destra si sono alzate delle voci: “Ma dove lo vede, la Schlein, il neoliberismo in Italia”? Presto detto: poiché il neoliberismo è una dottrina imperniata sulla sempre minore influenza dello Stato nell’economia di un Paese, è possibile riscontrarlo ovunque. Tutto ciò che è diventato ‘azienda’, nello Stato, è il prodotto di un riassetto neoliberista avvenuto in passato. Di conseguenza, abbiamo per esempio la sanità, che dopo un decennio di ‘tagli’ e di chiusure di strutture territoriali importanti, è ridotta ai minimi storici. Quasi tutte le privatizzazioni, le deregolamentazioni e i relativi 'tagli' alla spesa pubblica in settori vitali per il Paese costituiscono azioni di ‘indietreggiamento neoliberista’, le quali hanno condizionato fortemente tutto l’occidente, dagli anni ’80 del secolo scorso in poi.

Chi non vuole una donna progressista e femminista?
Che a destra dia fastidio che Elly abbia fatto riferimento al neoliberismo può anche essere accettato, ma attaccarla sul ‘populismo’ è ridicolo. A meno che non si ritenga che l'efficacia propagandista sia appannaggio totale solo delle destre. Del resto, volendo candidarsi alle primarie del Pd con o senza tessera del Partito in tasca, il suo discorso è rivolto a tutti. E se del populismo emerge, qua e là, ci può stare. Il vero problema sorge quando sul populismo si fonda l’intera strategia di una forza politica. Ma Elly Schlein non è un personaggio conosciuto in modo trasversale dalla popolazione italiana. Infatti, a conoscerla sono soprattutto quelle persone interessate a tematiche precise, quelle che ha lei stessa argomentato nel discorso della sua candidatura. Ma è altrettanto sicuro che quanti hanno avuto modo di conoscerla come vicepresidente della Regione Emilia Romagna, abbiano toccato con mano la sua efficienza nella gestione pandemica nel suo territorio. Ma la vera forza di questa giovane politica italiana sta nel suo modo di comunicare, nei toni pacati, riflessivi ma, al contempo, assertivi, che coinvolgono le persone. Un linguaggio moderno, perché la politica deve arrivare a tutti. Quello che, invece, non è accettabile sono le critiche a sinistra di quanti vedono minata la loro posizione. Ma il cambiamento è inevitabile. E l’apparato del Partito dovrà prenderne atto. Quella parte moderata che si preoccupa che con la Schlein si possa smarrire il fondamento identitario riformista del Pd, dovrebbe invece interrogarsi sul perché dell’allontanamento dell’elettorato e su come rimediare a tutti gli errori commessi nell’ultima campagna elettorale, che ha portato Fratelli d’Italia a essere il primo Partito più votato in Italia. A destra, i voti si sono redistribuiti nella coalizione, ma a sinistra dove sono finiti? Astensionismo e Movimento 5 Stelle è la risposta più plausibile. Mentre la dirigenza Pd si perdeva in questioni di autoreferenzialità, smarrendo la linea politica e il suo sostrato, si è realizzato un distacco dai problemi degli italiani. Primo su tutti, quello inerente al mondo del lavoro e dell’inoccupazione, con l’avanzare inesorabile della povertà nelle fasce più deboli. Invece, a coloro che avevano legato il nome della neocandidata alla segreteria del Pd a quello di Matteo Renzi è stata la stessa Schlein a rispondere per le rime. Comunque vadano le cose, che sia la Schlein a diventare segretaria o qualcun altro non si può tornare indietro: il ‘palazzo’ in cui la politica di centrosinistra si è arroccata nell’ultimo decennio deve aprire le sue porte e rispondere alla gente sui temi reali che affliggono il Paese: è questo il vero tratto identitario di un Partito politico. Il Pd appare, al momento, come una crisalide incapace di trasformarsi in farfalla. Puntando sul coinvolgimento delle nuove generazioni e con Elly Schlein alla guida, forse si potrà finalmente agevolare questa trasformazione.





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