Lo scorso
25 novembre si è tenuta, presso la sala parrocchiale della
basilica di San Crisogono di
piazza Sidney Sonnino in
Roma, la presentazione del nuovo romanzo di
Rosanna Sabatini intitolato:
‘Sara delle bambole’, edito da
LuoghInteriori. Figlia delle vicende del secolo scorso,
‘Sara delle bambole’ è la storia di
Anna, una donna forte e combattiva, che avrebbe voluto rendersi utile a tutti gli uomini partiti per la
Grande Guerra e che, a differenza del suo
"Carlin", erano tornati.
‘Sara delle bambole’ è una vita in cui ogni lettore può riconoscersi, almeno in alcuni tratti del percorso della protagonista. Una storia che mette in evidenza l'energia positiva che scaturisce dal perseguire i propri obiettivi. Un
romanzo coinvolgente, per la dinamica concatenazione degli eventi che abbracciano quasi
ottant'anni di
storia d'Italia. A margine della presentazione abbiamo scambiato alcune impressioni con l’autrice, già nota al pubblico romano per alcune sue pubblicazioni di assoluto valore poetico.
Rosanna Sabatini, lei è conosciuta in campo editoriale come poetessa ‘vera’ in senso tecnico, ma questa volta ha voluto cimentarsi con un romanzo, ‘Sara delle bambole’, edito da LuoghInteriori: com’è nata questa scelta?
“In realtà, ‘Sara delle bambole’ è il mio secondo romanzo dopo ‘La ragazza sbagliata’, pubblicato a cura di Porto Seguro Editore. Semplicemente, ho cominciato a scrivere dei racconti e, in seguito, mi sono cimentata nella scrittura di romanzi”.
Questo suo lavoro è stato presentato a Roma, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: una tempistica voluta, dato il tema da lei trattato?
“La tempistica non è voluta, ma è stata scelta dal dottor Antonio Vella, l’editore del mio romanzo breve e direttore editoriale di LuoghInteriori. Ovviamente, sono stata contenta di tale coincidenza, perché ho sempre trattato il tema della violenza fisica e psichica sulle donne, sia in poesia, sia in prosa. In particolare, nel racconto ‘Donne contro’, che fa parte della raccolta ‘Un volo d’aquiloni’, ho persino affrontato il tema del ‘mobbing’ delle donne verso altre donne”.
Questa volta, la critica si è focalizzata sulla sua capacità di tratteggiare i cosiddetti ‘sfondi storici’, alcuni anche molto complessi, attraverso un’eccellente capacità di sintesi fotografica: era al corrente di questa sua lucidità espressiva?
“Ho sempre amato la Storia. All’università, ho scelto l’indirizzo storico-geografico per la mia laurea in Lettere moderne. In ‘Sara delle bambole’, che abbraccia circa ottanta anni di Storia d’Italia durante i quali si svolge la vita della protagonista principale, Anna, ho voluto lasciare la Storia come sfondo sintetico, ma nello stesso tempo significativo, per non mettere in ombra le vicende narrate, che meritavano una particolare attenzione, perché possiedono un valore trasversale e universale”.
Tornando alla condizione femminile: quanto l’Italia è in ritardo, secondo lei, nell’abbandonare quel tradizionalismo patriarcale che tende a nascondere distorsioni e dissimulazioni gabellandole come forme di interiorità intimista?
“L’Italia, insieme ovviamente ad altri Paesi, è indubbiamente in ritardo. Spesso, alcuni aspetti sociali negativi sono nascosti da un ‘perbenismo di ritorno’, spesso collegato anche alla politica. Inoltre, in alcune aree del nostro Paese esistono ‘sacche’ di ‘inculturazione’ che alimentano tali tradizionalismi, che si estende in molti altri ambiti, favorito dalle difficoltà economico-sociali”.
Ma non esiste anche il problema opposto, cioè il pericolo di mettere tutto in ‘piazza’ con la scusa del ‘dialogo’, svuotando la cumulazione e la coltivazione interiore di valori e sentimenti?
“Certamente: il pericolo dell’eccesso opposto esiste sempre. Le nuove tecnologie, per esempio, spingono a mettere tutto ‘in piazza’, perché la maggior parte di noi smania per rendersi visibile e acquistare notorietà sul social, sui giornali e nelle trasmissioni televisive. Sembra quasi che abbiamo allontanato le emozioni dalla nostra vita, oppure che non le sappiamo più riconoscere perché diseducati, avendo privilegiato un razionalismo freddo e meccanicista, collegato alla tecnologia. Dovremmo dare più spazio al nostro cuore rispetto al cervello, ritrovando noi stessi e recuperando i sentimenti, attraverso le emozioni. In questa ricerca, la lettura di ‘buoni libri’, a mio parere, può aiutare. Purtroppo, in questo campo l’editoria sta puntando sempre più verso storie ‘noir’, ‘dark’ o ‘horror’, per motivazioni commerciali. Addirittura, ci sono scuole che ritengono di poter forgiare le nuove generazioni di scrittori e lettori, attraverso la scrittura e lettura di tale tipi di generi letterari. Anche il cinema ne risente, ma il discorso è talmente complesso che non possiamo trattarlo in questa sede”.
Dopo ‘Sara delle bambole’ cos’altro ha in cantiere? Un nuovo romanzo, oppure un ritorno alla poesia?
“Dopo ‘Sara delle bambole’ ho in cantiere tanti progetti, alcuni già pronti nel cassetto e altri da avviare o ultimare. Il primo riguarda la trilogia bilingue di corti teatrali musicali sulla pandemia che, attraverso un ‘viaggio’ tra il serio della ‘tragedia’ e l’ironia della ‘commedia’, è indirizzata agli adulti ma, soprattutto, ai ragazzi, che sono stati quelli che hanno subito le maggiori conseguenze dei vari lockdown. E, oltre alla pandemia, tratta anche il tema della salvaguardia del nostro pianeta per le future generazioni. Inoltre, è già pronto un altro romanzo che prende spunto dalla guerra del Libano del 1975, per poi svilupparsi in altri scenari. Infine, nel cassetto sono pronti alcuni racconti brevi ‘metropolitani’ e altri da inserire in una nuova raccolta, fiabe e filastrocche per bambini. Infine, c’è anche una silloge di poesie in vernacolo, nate dalla frequentazione del Centro Romanesco Trilussa”.