La tendenza al
riscaldamento globale, per
l’Italia è una volta e mezzo maggiore rispetto a quella di tutto il resto del pianeta. Un dato che non solo conferma quanto i cambiamenti climatici non siano solo
un’ipotesi pessimista sul futuro, ma riguarda anche
l’Italia di oggi, con i suoi frequenti incendi, i nubifragi, le siccità e i danni all'agricoltura. Sicuramente, in tutto questo ha avuto un peso la
cattiva gestione del territorio. Ma non basta un singolo elemento a spiegare come mai
l’Italia si stia scaldando a una
velocità doppia rispetto a quella di tutti gli altri Paesi. Oltre alle politiche volte alla riduzione delle emissioni di
gas serra per limitare i danni futuri, il nostro Paese ha urgenza di mettere in atto alcune
‘strategie di adattamento’, rispetto alla conseguenze dei
cambiamenti climatici già in corso. E occorre una mobilitazione a tutti i livelli, dai cittadini alle municipalità, dalle regioni al governo centrale, per mettere in campo delle
azioni di risposta. Gli effetti dei
cambiamenti climatici cominciano a farsi vedere ormai ovunque, a dire il vero, ma poiché il mondo è così grande, è difficile individuare i vari collegamenti, per capire quanto un problema sia davvero globale.
Cosa sta succedendo, insomma, a livello climatico? Secondo gli studi più recenti
dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo dell’Onu che si sta occupando di monitorare i cambiamenti climatici planetari,
ndr) il nostro pianeta si è scaldato di poco meno di
un grado come
media globale, ma stiamo andando verso un
aumento della temperatura media che, a fine secolo, potrà essere, se non si interviene decisamente, compresa tra i
4 e i
5 gradi centigradi. Questo aumento della temperatura è dovuto alla continua crescita e concentrazione delle
emissioni di gas a ‘effetto serra’, come il
biossido di carbonio (Co2), il
metano e il
protossido di azoto. Il cambiamento climatico, inoltre, diviene più rapido e più rilevante rispetto alle
variazioni di temperatura occorse negli ultimi
diecimila anni, ossia da quanto esiste la nostra civiltà. Si tratta di cambiamenti che hanno sempre interessato la
Terra, questo è verissimo: non ha del tutto
'torto', chi parla di
cicli storici di riscaldamento e di
raffreddamento del nostro pianeta. Solo che, fino a qualche secolo fa, essi erano
mutamenti ‘lenti’, dovuti a
fenomeni naturali quali, per esempio, le
oscillazioni dell’asse terrestre. Oppure, duravano pochi anni, se dovuti a
fenomeni vulcanici. Cosa è successo, invece, dopo l’avvento della
prima rivoluzione industriale? Due cose molto importanti:
a) secondo il
V Rapporto dell’Ipcc, “l’influenza dell’uomo sui cambiamenti climatici è indiscutibile”. Infatti, proprio dall’inizio della
rivoluzione industriale, la concentrazione atmosferica
dell’anidride carbonica è aumentata del
40% a causa del massiccio uso di
combustibili fossili nelle attività umane, mentre la concentrazione del
gas metano è cresciuta del
150% e la concentrazione del
protossido di azoto è cresciuta del
20% circa;
b) i
cambiamenti climatici in corso sono molto
più veloci e repentini rispetto a quelli del passato, mettendo a rischio la capacità di adattamento degli esseri viventi. Bene: in tutto questo processo, l’allarme è
particolarmente grave per il nostro Paese, poiché analizzando attentamente i dati delle temperature,
l’Italia si sta scaldando più velocemente rispetto alla media globale delle altre terre emerse del pianeta. Il nuovo record, raggiunto nel
2014, è stato di
+1.45°C rispetto al trentennio
1971-2000 (fonte:
Isac-Cnr, l’istituto bolognese del
Consiglio nazionale delle ricerche, che si sta occupando di monitorare i mutamenti dell’atmosfera e del clima in Italia,
ndr). Anche a livello globale, sempre nel
2014, si è toccato il record delle
temperature globali, con un aumento di
+0,46°C rispetto al trentennio
1971-2000. Tutto ciò sta generando una situazione che rende la lotta ai
cambiamenti climatici una
priorità assoluta, che dev’essere contemplata in tutti i programmi e le piattaforme politiche
di tutti i Partiti, progressisti o
conservatori essi siano. L’errore più grave, infatti, sarebbe quello di una
sottovalutazione del problema, che potrebbe generare, nel giro di qualche decennio, un
innalzamento delle acque marine del nostro pianeta. Un fatto gravissimo per un
‘bacino chiuso’ come quello del
Mediterraneo, che non possiede
‘sfoghi’ né sul lato di
Gibilterra, né attraverso quello del
canale di Suez. Inoltre, il Paese che più degli altri rischia di essere
travolto dall’innalzamento delle acque, per questioni puramente geografiche è proprio il nostro, poiché si rischia di vedere
buona parte dell’Italia meridionale finire sott’acqua, a cominciare dalle regioni con le coste più pianeggianti
(Puglia e Basilicata). La questione, dunque, non è solamente relativa alla cosiddetta
‘guerra energetica’ o al fastidio dovuto a
stagioni estive sempre più torride, capaci di provocare tragedie come quella avvenuta, il mese scorso, sul
massiccio della Marmolada. Questi ultimi eventi,
siccità e
scioglimento dei ghiacciai, sono ancora i
primi sintomi di ciò che stiamo rischiando, con un Paese per
tre/quarti adagiato nel bel mezzo del
mar Mediterraneo. I pericoli che stiamo correndo sono ben peggiori: c’è il rischio di un aumento del
volume idrogeologico dell’intero bacino del
Mediterraneo, che porterebbe
l’Italia sotto il
livello del mare, senza che nessuno abbia soluzioni efficaci per impedirlo. Un’eventualità che possiamo ancora
evitare, se vi sarà una vera presa d’atto e di
responsabilità da parte dell’intera
classe dirigente del nostro Paese. Un capacità, quest’ultima, di cui
dubitiamo fortemente.