Nei giorni scorsi, abbiamo perso un altro grande scrittore e intellettuale:
Pietro Citati. Un saggista e un critico letterario assolutamente degno di tali qualifiche. C’è chi, come il
sottoscritto, anche per ragioni semplicemente
anagrafiche, lo aveva già letto nel
1970, quando vinse il
Premio Viareggio con una biografia su
Goethe, oggi appartenente al catalogo
Adelphi. E c’è chi lo scoprì quando vinse il
Premio Strega 1984, con la sua nota biografia romanzata
'Tolstoj'. Ma a prescindere dalla sua grandezza come scrittore, è la perdita del
critico a darci
sconforto. In tempi in cui si azzardano
ipotesi complottiste senza neanche conoscere il significato dell’espressione
‘peer review’, la scomparsa di un critico di altissimo livello come
Citati ci rende più
soli. Il suo metodo di giudicare uno scritto, infatti, ha fornito
nuovi parametri di riflessione a tutti quanti. Anche in altri campi, come la
critica teatrale, quella
musicale e, persino, quella
cinematografica. Oggi, al contrario, si propongono al lettore autentiche
‘sviolinate a tutta pagina’ a favore di
Jovanotti; oppure, dobbiamo sorbirci
l’esaltazione acritica dei
‘Maneskin’, che farebbero ottima cosa se cominciassero a domandarsi, dopo il grande successo ottenuto, cosa vorrebbero fare
"da grandi"; o addirittura, veniamo costretti ad assistere a
festival teatrali connotati da un
Premio speciale della critica ‘senza la critica’, perché tutti vogliono farsi i
complimenti tra loro. Ebbene, in una fase storica del genere, evidenziare un metodo
d’interpretazione non precostituita, mai ideologica e sempre
suscettibile di variazione a seconda del tempo e della fase storica in cui si legge un testo qualsiasi – o meglio
“si rilegge”, come giustamente ribadito di recente dalla collega
Serena Maffìa – sembra quasi di parlare di
'marziani’ dal
fruttivendolo. Perché certamente, molte problematiche possono anche apparire
noiose, arcadiche o di
élite. Ma non si può nemmeno rimanere aggrappati
“al livello del tappeto”, come diceva il filosofo partenopeo,
Riccardo Pazzaglia, in quegli stessi - e un po' maledetti -
anni ’80 del secolo scorso.
Citati fu il primo che ci fece comprendere come un’opera potesse contenere
infinite sfaccettature e che, proprio tale caratteristica, innalza il livello di un testo letterario. Perché esistono
più livelli di giudizio. E possono, dunque, sorgere distinte
interpretazioni. Ciò vale persino per una semplice
battuta teatrale, che talvolta può comunicare qualcosa di diverso rispetto a quanto il regista o l’autore intendessero rappresentare al pubblico, sia che si tratti di lettori, sia di spettatori. Un testo letterario, così come una sceneggiatura, possono trovare, talvolta, una
‘cadenza’ diversa, rispetto a quella cercata dall’autore. E quest’ultimo è tenuto a prenderne nota, perché esistono
diverse tipologie di ironia, tanto per fare un esempio. E' lo stesso discorso racchiuso nella frase di
Nanni Moretti, dopo il suo primo exploit con
'Ecce bombo': "Credevo di aver fatto un film doloroso e per pochi, mentre invece vengo a scoprire di aver girato un film comico per tutti...". Il fatto di ritrovarci, oggi, ormai completamente esacerbati da
follie ‘monocordi’ e da forme di
trascendenza totalmente
inattuali potrebbe, finalmente, farci comprendere cosa ci stava dicendo un critico come
Pietro Citati. E cioè che il vero
autore professionista sa leggere e
'ascoltare' la
critica. La quale non si limita unicamente agli
elogi o alle
stroncature: non è tutto
bianco o nero. Eppure, i nostri tempi attuali sono quelli di una
regressione: si è tenuti ad
applaudire tutti, come quando si fa festa perché la nostra nipotina ha recitato una poesia - continuamente
'imbeccata' dalla madre - al termine del
pranzo di Natale. Insomma, siamo divenuti degli
infanti, degli
immaturi. Più che altro, ci siamo
riscoperti tali persino ai più elevati livelli: mesi e mesi a parlare di un
virus nato da un
incidente di laboratorio lanciandosi accuse reciproche e minacce di
terza guerra mondiale, per poi scoprire che anche il
Covid 19 era una
zoonosi di
origine naturale. Rischiare un conflitto planetario o gelide
crisi diplomatiche per
un’ipotesi non verificata è veramente da
'scemi': inutile
'girarci attorno' innanzi
a una simile verità. Il nostro
cinismo ci induce ad allontanare le paure
accusando gli altri. Come se ogni novità o problema che appare nel mondo avesse sempre
una sola e unica causa. La realtà è assai
più complessa di come noi la giudichiamo: questo ci ha insegnato
Pietro Citati. Inascoltato, ovviamente. Per
messianismo ideologico e per scarsa, scarsissima,
cultura scientifica.