Emanuela ColatostiNon poteva essere scelto luogo migliore per il compleanno di economiacircolare.com. Lo scorso 11 ottobre, qualche giorno dopo l’assalto dei militanti fascisti di Forza Nuova alla Cigl di Roma, la testata romana nata dall’esperienza del Centro documentazione conflitti ambientali ha festeggiato un anno dalla fondazione presso la sede della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana, ndr), il sindacato dei giornalisti. In qualche modo, le circostanze di cronaca hanno rinforzato la stretta correlazione tra crisi sociale e ambientale: nodi che ormai stanno venendo al pettine e che non si possono sciogliere da soli. Davvero non ci resta altro che sfogare rabbia e frustrazione sui simboli? Secondo Marica Di Pierri, direttrice responsabile di economiacircolare.com, bisogna lavorare a testa bassa per formulare strategie che rispondano alle richieste della contemporaneità: “Servono nuovi modelli sociali e un giornalismo costruttivo, che sia in grado di raccontarli, spiegarli e insegnarli”. Economiacircolare.com è un giornale a ‘tre teste’: il Centro documentazione conflitti ambientali è il campo di ricerca da cui attivisti ambientali hanno sentito l’esigenza di divulgare le alternative; l’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, ndr), il quale non si limita a fornire dati e report, ma analizza ogni possibilità di innovazione e individua ogni criticità insieme a uno sguardo attento della redazione; Erion, la no-profit impegnata nello smaltimento e riutilizzo di rifiuti tecnologici, che finanzia il magazine. Le professionalità coinvolte nell’informazione dell’utenza sulle possibilità dell’economia circolare sembrano essere organizzate in una squadra di ricerca. Secondo Raffaele Lupoli, direttore editoriale del giornale, “comunicare l’economia circolare significa decostruire il paradigma dell’economia dei consumi fondato sullo sfruttamento intensivo delle risorse - come se queste fossero inesauribili - e sull’idea del ‘rifiuto’ come ‘scarto’. Nella lingua inglese la parola ‘rifiuto’ nasconde anche un significato positivo”, aggiunge Claudia Brunori del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali di Enea e vicedirettrice della testata, “waste significa anche spreco”. Recuperando l’idea dello scarto come spreco, la linearità dell’economia si interrompe, per trasformarsi in un ciclo come quello degli ordini naturali. Si arriva così alla conclusione di Lupoli: “Per la situazione sociale e ambientale in cui viviamo oggi, bisogna avere il coraggio di dare risposte che creino discontinuità. Noi crediamo che la linearità dell’economia debba trovare una sua interruzione. Per questo, proviamo a mettere in campo proposte sempre nuove”. Eppure, l’economia circolare non è un modello nato l’altro ieri, insieme alle filosofie della ‘decrescita felice’. La prima definizione è degli anni ’60 del secolo scorso, ha ricordato Claudio Perissinotti Bisoni, project manager di Innovazione e sviluppo di Uni, l’ente nazionale che produce normativa tecnica per la certificazione dei prodotti. Ora che di definizioni di economia circolare ne esistono più di cento, bisogna escludere tutte quelle che la confondono con quella del riciclo: “La circolarità del modello non si spiega a partire dalla gestione dei rifiuti, ma a partire dalla produzione”, chiarisce la Brunori. Un’affermazione che stride dolorosamente con l’appello alla responsabilità del cittadino. “Il cittadino può fare la sua parte: ha il potere del portafoglio”, conclude la vicedirettrice di economiacircolare.com. Ancor prima di considerare il ‘classismo’ dei prezzi, che affligge la maggior parte della filiera ecosostenibile, la contraddizione finale suggerisce un’abitudine a pensare l’individuo come consumatore, retaggio di un sistema economico lineare. Il lavoro di decostruzione, dunque, è ancora lungo.





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