L'estate è finita. E con l’autunno alle porte, per la capitale è giunto il momento di tornare alle
urne. Se esistesse un
termometro politico, certamente le
periferie di Roma e di tutta la
provincia segnerebbero
temperature preoccupanti, soprattutto per quel che riguarda l’annosa questione dei
rifiuti. Dal
14 luglio scorso, l’indifferenziata della
megalopoli del Lazio è tornata a nutrire la discarica di
Roncigliano (Rm), località afferente al comune di
Albano (Rm). Il sito è alla settima riapertura dopo
l’incendio doloso del 2016, che aveva danneggiato in modo irreparabile lo stabilimento che raccoglie il
secco dei rifiuti e li rende legalmente compatibili con il conferimento in discarica
(Tmb, ndr). La
Regione Lazio avrebbe voluto che la
sindaca Raggi fosse in grado di individuare un luogo entro i confini di
Roma capitale, per il conferimento dell’immondizia. Invece, nei
5 anni di mandato, la sindaca ha utilizzato i provvedimenti di
Roma città metropolitana (un ente che ha sostituito la vecchia area provinciale), per
bypassare la
Giunta Zingaretti e anche quella dei comuni dell’ex provincia. Quest’estate si pensava anche di riaprire i cancelli di
Colle Fagiolara, presso
Colleferro (Rm), dove i lavori di messa in sicurezza della discarica sono già iniziati. Le regioni
Toscana e
Campania si erano offerte di accogliere i rifiuti della
‘città eterna’, cosa che prevederà un rincaro sulla bolletta dei romani. Ma il
viaggio dei rifiuti fuori regione inizierà a partire solamente da
ottobre. Oggi è perciò
Albano a farsi carico di circa
300 tonnellate al giorno di rifiuti, a fronte delle
1100 previste dai primi accordi. Ma il
15 settembre ha chiuso i battenti anche
Civitavecchia (Rm). Quindi, l’immondizia destinata ad
Albano potrebbe aumentare ulteriormente. I cittadini sono in presidio permanente di fronte alla discarica del paesino dei
Castelli Romani: monitorano la situazione. Nelle settimane passate avevano denunciato
odori più intensi del dovuto. Dopo ben due manifestazioni di fronte alle sedi
dell’Arpa, i risultati del monitoraggio a campione delle
‘ecoballe’ sono stati resi noti: i rifiuti provenienti da
Frosinone presentano irregolarità, mentre quelli di
Rocca Cencia (comune di Roma) sono a
norma di legge per
un infinitesimo. Un respiro di sollievo per la
Raggi. A preoccupare, però, sono gli ultimi dati pubblicati da
Arpa circa il monitoraggio delle
falde acquifere, che presentano alcune situazioni preoccupanti. Per esempio, al
Villaggio Ardeatino, una frazione di
Ardea (Rm) che si trova a mezzo chilometro dalla discarica, il piccolo raggruppamento di case non è servito da un
acquedotto e l'approvvigionamento dell’acqua avviene grazie a
pozzi. Ma il
20 settembre scorso, la
Asl Roma 6 ha dovuto chiudere un
pozzo inquinato. Le analisi hanno rilevato non solo la presenza di
enterococchi e
batteri coliformi (residui fognari, ndr) ben sopra i limiti di legge, ma soprattutto il
dicloro-propano: un composto chimico generalmente associato alle discariche e al trattamento dei rifiuti indifferenziati, in valori di concentrazione pari a
1,2 microgrammi per litro, contro il limite fissato a
0,15: circa
l’800% in più. Le
‘ecoballe’ smaltite ad
Albano saranno anche a norma di legge, ma il sito di
Roncigliano è decisamente compromesso. In pratica, gli
agenti inquinanti hanno
attraversato il terreno e
avvelenato l’acqua. I costi economici dell’ennesimo
danno ambientale saranno distribuiti in modo sufficientemente equo tra tutti i cittadini. Ma quelli
sanitari, come al solito, inseguiranno la
povertà.