Emanuela ColatostiL'estate è finita. E con l’autunno alle porte, per la capitale è giunto il momento di tornare alle urne. Se esistesse un termometro politico, certamente le periferie di Roma e di tutta la provincia segnerebbero temperature preoccupanti, soprattutto per quel che riguarda l’annosa questione dei rifiuti. Dal 14 luglio scorso, l’indifferenziata della megalopoli del Lazio è tornata a nutrire la discarica di Roncigliano (Rm), località afferente al comune di Albano (Rm). Il sito è alla settima riapertura dopo l’incendio doloso del 2016, che aveva danneggiato in modo irreparabile lo stabilimento che raccoglie il secco dei rifiuti e li rende legalmente compatibili con il conferimento in discarica (Tmb, ndr). La Regione Lazio avrebbe voluto che la sindaca Raggi fosse in grado di individuare un luogo entro i confini di Roma capitale, per il conferimento dell’immondizia. Invece, nei 5 anni di mandato, la sindaca ha utilizzato i provvedimenti di Roma città metropolitana (un ente che ha sostituito la vecchia area provinciale), per bypassare la Giunta Zingaretti e anche quella dei comuni dell’ex provincia. Quest’estate si pensava anche di riaprire i cancelli di Colle Fagiolara, presso Colleferro (Rm), dove i lavori di messa in sicurezza della discarica sono già iniziati. Le regioni Toscana e Campania si erano offerte di accogliere i rifiuti della ‘città eterna’, cosa che prevederà un rincaro sulla bolletta dei romani. Ma il viaggio dei rifiuti fuori regione inizierà a partire solamente da ottobre. Oggi è perciò Albano a farsi carico di circa 300 tonnellate al giorno di rifiuti, a fronte delle 1100 previste dai primi accordi. Ma il 15 settembre ha chiuso i battenti anche Civitavecchia (Rm). Quindi, l’immondizia destinata ad Albano potrebbe aumentare ulteriormente. I cittadini sono in presidio permanente di fronte alla discarica del paesino dei Castelli Romani: monitorano la situazione. Nelle settimane passate avevano denunciato odori più intensi del dovuto. Dopo ben due manifestazioni di fronte alle sedi dell’Arpa, i risultati del monitoraggio a campione delle ‘ecoballe’ sono stati resi noti: i rifiuti provenienti da Frosinone presentano irregolarità, mentre quelli di Rocca Cencia (comune di Roma) sono a norma di legge per un infinitesimo. Un respiro di sollievo per la Raggi. A preoccupare, però, sono gli ultimi dati pubblicati da Arpa circa il monitoraggio delle falde acquifere, che presentano alcune situazioni preoccupanti. Per esempio, al Villaggio Ardeatino, una frazione di Ardea (Rm) che si trova a mezzo chilometro dalla discarica, il piccolo raggruppamento di case non è servito da un acquedotto e l'approvvigionamento dell’acqua avviene grazie a pozzi. Ma il 20 settembre scorso, la Asl Roma 6 ha dovuto chiudere un pozzo inquinato. Le analisi hanno rilevato non solo la presenza di enterococchi e batteri coliformi (residui fognari, ndr) ben sopra i limiti di legge, ma soprattutto il dicloro-propano: un composto chimico generalmente associato alle discariche e al trattamento dei rifiuti indifferenziati, in valori di concentrazione pari a 1,2 microgrammi per litro, contro il limite fissato a 0,15: circa l’800% in più. Le ‘ecoballe’ smaltite ad Albano saranno anche a norma di legge, ma il sito di Roncigliano è decisamente compromesso. In pratica, gli agenti inquinanti hanno attraversato il terreno e avvelenato l’acqua. I costi economici dell’ennesimo danno ambientale saranno distribuiti in modo sufficientemente equo tra tutti i cittadini. Ma quelli sanitari, come al solito, inseguiranno la povertà.





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