Troppo spesso, la rigenerazione urbana sta diventando un vero e proprio serial killer, soprattutto se calata dall’alto. Luis Alberto Alvarez, pittore messicano, il 12 giugno scorso è stato picchiato mentre ultimava un murales per il Festival internazionale ‘Regeneration Pandemic Pigneto’, a Roma. L'opera, patrocinata dal V Municipio e organizzata da 'Pigneto Pp' e 'Waldo Event Network', è nata sulla parete dell'ex cinema Avorio, in via Macerata. Sulla saracinesca, ridipinta di azzurro, c’era un graffito di Christian Ballena, conosciuto da tutti come Saor. Era un 'rapper' e artista peruviano antifascista dell'underground casilino, morto di overdose nel 2019. Secondo la stampa locale e gli organizzatori del ‘Regeneration Pandemico Pigneto’, i moventi degli aggressori sarebbero stati fascismo e xenofobia, mossi dal fatto che anche il compianto Saor sarebbe stato fascista. Ma è davvero così? La risposta sarebbe apparsa dopo qualche giorno sul grande murales, sotto forma di uno sfregio a lettere cubitali. Con lo spray nero, sul muro dell’ex sala cinematografica, sono state scritte le ragioni per cui la ‘gentrificazione’, quando imposta dall'alto, può innescare un meccanismo di rifiuto dalle parti sociali: “+street -arti$t$”; “un peruviano dalla pelle scura è il fascista della vostra montatura”; “Saor rest in punk”; “notizie a effetto, disinformazione, scusa farlocche e gentrificazione”. Le amministrazioni si ostinano a rimanere sorde ai codici attraverso cui si sviluppa il dialogo tra i ‘writers’ di ogni quartiere. Per questo motivo, ogni volta che commissionano un murales con l'intento di migliorare l'estetica di quartieri popolari si ottiene solo rabbia. I fautori dell'aggressione ai danni di Luis Alberto Alvarez restano tuttora sconosciuti. Per quanto non si debbano chiudere gli occhi sulle responsabilità individuali, la lezione da imparare si trova su un altro livello. Il dipinto, bellissimo, porta la firma dell’artista messicano e di Chiara Vannucchi: una pioggia acida sopra una ferita ancora aperta e sanguinante. La ‘gentrificazione’ non è necessariamente un male, ma quando è ‘dirigista’, priva di quel rispetto dato dalla conoscenza delle dinamiche sociali e delle biografie delle persone che il quartiere lo hanno vissuto e lo abitano ogni giorno, risulta un’operazione violenta a sua volta. Diceva Bertold Brecht: “Tutti vedono la violenza del fiume in piena, ma nessuno vede la violenza degli argini che lo costringono”.