Emanuela ColatostiIl ‘concertone’ del Primo Maggio è noto per essere il più grande evento gratuito di musica dal vivo d’Europa. Che quest’anno fosse ancora impossibile il suo tradizionale svolgimento in piazza San Giovanni era una certezza. Che si sarebbe svolto alla guisa di uno spettacolo televisivo è un’altra faccenda. Per quanto la Cavea dell’Auditorium di Roma sia stata una cornice meravigliosa per l’esibizione degli artisti che hanno animato il palinsesto; per quanto abbia dato un momento di sollievo ad alcune maestranze del mondo dello spettacolo, ferme dall’inizio della pandemia. Tuttavia, sarebbe scorretto paragonare due eventi come il ‘concertone’ e il Festival di Sanremo. Quest’ultimo, infatti, anche in condizioni normali, per la maggior parte degli italiani è un evento fruibile grazie alla diretta trasmissione sulla prima rete nazionale. In 2 mila seguono l’evento direttamente dalla platea e qualche altro migliaio di persone dalla piazza antistante l’Ariston. In qualche modo, lo ‘spirito di Sanremo’ non è stato tradito dalle straordinarie contingenze con cui è stato proposto quest’anno. Scorretto, invece, fare lo stesso ragionamento con il ‘concertone’, la cui modalità classica di fruizione è stata sovvertita in modo radicale. È un evento che, negli anni, è sempre riuscito a tenere gli spettatori sotto il palco, nonostante la pioggia. E, per diversi anni, si è toccato il milione di avventori. Decidere di trasmetterlo soltanto in diretta ha avuto sicuramente il merito di non tener ferma ‘Icompany’, la società che produce l’evento, insieme a tutte le maestranze dell’Auditorium 'Ennio Morricone'. Davvero non si poteva fare a meno di mediatizzare anche il concerto di piazza San Giovanni? Altri Paesi d’Europa, Spagna e Germania in prima fila, stanno studiando, almeno da settembre 2020, le migliori strategie per rimettere in moto l’industria degli eventi. Le prove generali d’autunno dello Stato iberico consentiranno l’uscita, a fine maggio, della ‘line-up’ del Primavera Sound Festival. E l’Inghilterra sembra aver risolto il problema alla radice, vaccinando la quasi totalità della popolazione. Certo, ripensare il ‘concertone’ in sicurezza non può essere frutto di improvvisazione: avrebbe richiesto delle ‘prove generali’, affinché tutto il mondo dello spettacolo potesse ripartire in sicurtà. Aprire la Cavea per un evento in cui potevano accedere solo gli addetti ai lavori è stata una scelta facile. Sarebbero servite capacità e volontà manageriali di tutt’altro rilievo, per pensare al concerto del Primo Maggio come al primo grande evento della riapertura: una conquista cui si poteva arrivare per gradi. L’ippodromo delle Capannelle, luogo del rock in Roma, poteva essere un valido candidato. Tamponi rapidi all’ingresso, obbligo di mascherina fpp2, un tetto massimo di partecipanti e la delimitazione degli spazi per consentire solo agli spettatori che hanno prenotato insieme di stare nello stesso lotto. Insomma, si trattava di ripensare la fruizione di un concerto, piuttosto che negarla totalmente, fino a pandemia conclusa. Ora, la bella stagione è cominciata. Ma non solo la campagna vaccinale è ben lungi dall’essere a buon punto: ancora non c’è neanche l’ombra di un tentativo di programmare e organizzare degli eventi artistici all’aperto. La scorsa estate ci sono state fiere in piazza e cinema all’aperto, ma è assurdo che al ministero dei Beni culturali non si sia andati oltre il ‘Netflix della cultura’. Un progetto, peraltro, che non è ancora andato in porto. In tutte le regioni d’Italia, i cittadini sono liberi di contagiarsi sui mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro. Questo perché soltanto il misero 20% delle aziende che possono far lavorare i dipendenti in ‘telelavoro’ poi lo fanno veramente. La popolazione può assumersi una percentuale di rischio per consumare un pasto in un ristorante, oppure per fare compere nei grossi centri commerciali. E forse, la percentuale di rischio in un evento all’aperto potrebbe essere addirittura più bassa, qualora si pianifichi attentamente la logistica all’interno della struttura prescelta o, addirittura, all’interno degli spazi urbani. Senza lasciare niente al caso.





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