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La guerra sulla cosiddetta
‘neolingua’ sta proseguendo in forme ancor più sottili e insidiose. Sul versante della cosiddetta
‘dittatura sanitaria’, infatti, le
strategie si vanno
affinando, pur continuando ad assumere i consueti schematismi dicotomici:
bene/male; amici/nemici; buoni/cattivi; pensiero unico/spiegazione scientifica. In particolare,
‘No vax’ e
‘negazionisti’, che già al termine della
pandemia vedranno
smentite le proprie accuse di
‘dittatura sanitaria’ e che, molto probabilmente,
‘millanteranno’ il ritorno alla normalità come una loro
vittoria, in realtà lasceranno sul terreno
quasi due anni di
bugie, ‘fake news’ e
rimozioni allucinatorie, che dovrebbero servire a segnalare in negativo tali soggetti presso l’opinione pubblica, generando un vero e proprio
‘stigma’. Ma nella fase attuale,
cospirazionisti e
‘No vax’ ancora non rinunciano a rielaborare i loro tentativi di discredito nei confronti di
fantomatici nemici, con la consueta
lettura superficiale di dati e documenti. Dopo
‘figuracce’ continue, essi si sono accorti di essere finiti in una condizione di
palese ‘off side’, poiché smaschersati da importanti studi di
linguistica e di
comunicazione. Come nel caso delle narrazioni contaminate da
interessi ‘altri’, quali le
‘marchette pubblicitarie’ provenienti dal
marketing, oppure dalla vera e propria
propaganda politica mascherata da
bollettini di informazione alternativa, basata su coordinate che, in realtà, discendono direttamente dalla
contestazione del ’68: ripetitività del messaggio (che nel vero
giornalismo divulgativo sarebbe deontologicamente scorretta,
ndr);
autoreferenzialità (idem con patate: il
vero giornalista dà
spazio agli altri, non
porta avanti se stesso, ndr); assunzione di
fonti marginali; depistaggio comunicativo; faziosità di parte. Eppure, a sentir loro, ci vorrebbe una
seconda Norimberga per i
giornalisti del ‘mainstream’, cioè quelli della
‘corrente dominante’, per la loro informazione poco obiettiva:
siamo al bue che dà del cornuto all’asino. In ogni caso, presi in contropiede da argomentazioni solidissime, come la
‘dissonanza cognitiva’ e le
‘correlazioni spurie’, ovvero una serie di informazioni rimescolate tra loro come dentro a un
frullatore –
Matteo Salvini è un
fedele seguace di tali forme di
manipolazione – essi hanno ripreso, imperterriti e senza vergogna alcuna, a cercare di ribaltare anche tali concetti. Prendiamo, per esempio, il caso dei
due report del
Servizio sanitario britannico relativi agli eventi avversi segnalati subito dopo la somministrazione dei vaccini di
Pfizer e
AstraZeneca. Sul fronte
negazionista, ancora una volta ci ritroviamo di fronte ai soliti
errori di superficialità nel trattare
dati e
informazioni. E alcune
reazioni avverse vengono
‘rivestite’ con
un’immagine negativa, totalmente apparente, quando in realtà si tratta di
casi non correlati con
l’assunzione dei vaccini (altro esempio di
correlazione spuria, ndr), soprattutto se paragonate ad altre
patologie del passato completamente
debellate, come la
‘polio’. Alcuni
effetti collaterali, infatti, in inglese assumono definizioni obiettivamente inquietanti, come
‘acute cardiac event’; oppure,
‘atrial fibrillation’: frasi tipicamente
idiomatiche del
gergo anglosassone, che nella loro
traduzione letterale tendono a generare nuove
strumentalizzazioni opportunistiche. Distorsioni le quali ci riportano a uno dei metodi principali che
complottisti e
‘No vax’ insistono a utilizzare
senza orrore verso se stessi, come quello della
‘dissonanza cognitiva’: da una parte, si continua a sostenere che i
vaccini siano uno strumento per
controllare le masse; dall’altra, ci si rende conto che
Stati Uniti, Gran Bretagna e
Israele stanno uscendo dalla
crisi pandemica proprio perché hanno somministrato i
vaccini anti-Covid su
larga scala, liberando le terapie intensive e abbattendo la
curva dei decessi. Tale dissonanza viene, perciò, compensata sostenendo, ancora oggi, dopo più di
centomila morti, che il
Covid 19 sia semplicemente una grave
sindrome influenzale e che i
vaccini siano
dannosi, ma che la gente non vada a leggersi i
report degli enti sanitari e non si accorga della
“grande menzogna” (depistaggio comunicativo: non siamo noi ad aver preso una
‘cantonata’, bensì lettori e cittadini a essere dei
‘pecoroni’, ndr). Ma andiamo per ordine e proviamo anche noi a leggere cosa dicono veramente i
due report inglesi sui vaccini della
Pfizer e di
AstraZeneca. In effetti, si tratta di una doppia raccolta di dati i quali riportano una serie di
eventi avversi, alcuni anche
gravi. Ovviamente, dopo una prima lettura superficiale, i numeri sembrano
confortare i ‘No vax’ nelle loro
posizioni preconcette. Ma si tratta, ancora una volta, di una
‘polarizzazione’ che
‘traveste’ i dati in
risultati assoluti, mentre invece sarebbe più corretto
distinguerli. Disaggregandoli, infatti, ci si rende immediatamente conto che i
casi gravi di reazioni avverse realmente verificatisi sono
pochissimi. E i
decessi addirittura
minimi (correlazione spuria: si mette
tutto assieme, anche cose molto diverse tra loro,
ndr). Approfondendo ulteriormente l’analisi, senza cioè fermarsi ai numeri, bensì
‘spaccandosi la testa’ pagina dopo pagina, ci si accorge ben presto che le ricerche britanniche giungono a
tre tipi di conclusioni, totalmente opposte rispetto a quelle decantate come un
‘mantra’ da
negazionisti e
‘No vax’: 1) gli eventi avversi non risultano significativi rispetto alle milioni di dosi somministrate e non segnalano alcun decorso grave;
2) la correlazione temporale tra la somministrazione del vaccino e l’evento avverso, lieve o grave che sia, non implica necessariamente un collegamento causale, ovvero un rapporto di causa-effetto con l’assunzione del farmaco;
3) una percentuale significativa degli eventi avversi riguarda soggetti con
patologie pregresse. In base a tali conclusioni, emerge il solito metodo delle
‘correlazioni spurie’: fino a prova contraria, in base ai risultati riportati a seguito delle fasi più avanzate di sperimentazione e dai riscontri accertati e previsti nei rispettivi
‘bugiardini’ dei due farmaci, si segnala che:
a) gli
effetti indesiderati sono piuttosto
rari; b) in quelli gravi, nessuno ha accertato con certezza se essi siano
conseguenza diretta delle
vaccinazioni (dato relativo ‘spacciato’ come assoluto, ndr); c) i
decessi avvenuti rientrano nei casi di
morte naturale o per
patologie pregresse; d) gli
effetti a lungo termine non esistono proprio. In sostanza, secondo i
due report della
Sanità britannica, un’alta percentuale delle persone vaccinate fino a oggi in
Inghilterra e
Galles segnalavano
fragilità o
patologie pre-esistenti. Pertanto, sono state
l’età avanzata o le
malattie croniche le cause più probabili degli eventi avversi. In secondo luogo, le segnalazioni di questi presunti danni dei
vaccini anti-Covid non sono sufficienti nemmeno a suggerire che esse siano collegate con le
dosi assunte. E il dato che alcune persone fossero in larga parte anziane, o affette da patologie croniche in fase avanzata, risulta
più significativo nello spiegare gli eventi avversi. Ed è questo il vero
‘peso specifico’ del
‘dato relativo’, che ovviamente non lo rende
assoluto, bensì
più probabile. Per quanto riguarda, infine, i
‘bugiardini’, essi elencano anche
effetti indesiderati ‘non accertati’, al fine di
prevenire cause legali in seguito ad alcune
sentenze palesemente errate del passato, per le quali anche specialisti e scienziati illustri sono risultati
danneggiati, nonostante la
comunità scientifica, nella sua interezza, abbia
criticato e, in molti casi, addirittura
smentito i
dispositivi e le
conclusioni raggiunte da
giudici e
magistrati. A riprova del fatto che indagare su questioni che appartengono al terreno del
giornalismo ‘settoriale’ o
scientificamente specializzato non può esser fatto con gli strumenti
dell’informazione ‘generalista’, la quale tende a
‘sparare’ colpi in
tutte le direzioni, fino a quando non coglie
almeno uno degli obiettivi prefissati a monte o per mero pregiudizio. Avrai anche scovato qualche
‘brandello’ di verità, caro
‘negazionista’, ma per trovarlo hai fatto
‘il diavolo a 4’, sparando anche sulla
Croce Rossa. Il
vero giornalista, invece, è un professionista assai più simile a un
‘cecchino’ che spara
un colpo solo ben mirato, spesso col
silenziatore. Il
vero giornalista, inoltre, non ha alcun bisogno di
‘sbandierare’ i propri ‘scoop’, poiché egli è soprattutto un
cronista: provoca le rivoluzioni, non le esalta a cosa fatte. E quando la
‘bomba’ esplode veramente, si accontenta che
l’opinione pubblica abbia scoperto la
verità, perché è questo il metodo deontologicamente migliore per
avvicinarsi il più possibile a essa.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale GIUSTAPPUNTO!, pubblicata su www.gaiaitalia.com)