L’infodemia che infetta il
giornalismo italiano non riesce a star dietro alle proteste dei
lavoratori che si moltiplicano da mesi. A parte qualche
aforisma d’effetto, dal sapore di seconda rivoluzione industriale, che ovviamente fa il giro dei
social network. “I lavoratori ricordino che oggi il lavoro è un privilegio”, hanno affermato, lo scorso fine settimana, i vertici di
Confindustria ai
lavoratori portuali di Genova, in sciopero per chiedere il rispetto dei contratti. Sembra di sentire
Morgan che dice a
Bugo: “Ringrazia il cielo che sei su questo palco”. Ma non sono solo gli operai dei cantieri del
capoluogo ligure a essere in mobilitazione. Ci sono anche quelli della
Whirpool, di
Mirafiori, della
Texprint di
Lucca e tanti altri. Il comunicato rilasciato il
10 marzo scorso dai
‘Si Cobas’ (Sindacato intercategoriale Comitati di base, ndr) apre uno spaccato di realtà in cui le conquiste di
200 anni di
lotte sindacali risultano totalmente
azzerate. Il fatto increscioso assume tutti gli aspetti di una
ritorsione per gli scioperi dei mesi scorsi nel magazzino
Fedex-Tnt di
Piacenza. E la questura locale
“ha dato vita”, si legge nella nota,
“a uno spettacolare blitz nelle case di decine di lavoratori e dei principali operatori provinciali del ‘Si Cobas’, i quali riuscirono a imporre una battuta d'arresto ai piani di ristrutturazione della multinazionale americana”. Il lavoro sindacale dei
Cobas, infatti, aveva portato, negli anni, a un miglioramento dei
contratti nel settore della
logistica, liberando
facchini e
autisti dal
caporalato delle
cooperative. Ovviamente, con la
pandemia si è trovato
l’alibi perfetto per scaricare sui lavoratori i costi della
crisi, all’avvicinarsi del momento dei
rinnovi contrattuali. Gli effetti
dell’azione repressiva contro gli
operai scioperanti si è tradotto in:
5 divieti di dimora nel comune di
Piacenza; 6 avvisi di revoca dei
permessi di soggiorno; 21 indagati con possibili misure di sorveglianza speciale e relativi sequestri dei
personal computer; 13 mila 200 euro complessivi di multa per
‘violazione delle misure di contenimento dai contagi’ e
2 arresti domiciliari di sindacalisti. Il
sindacato intercategoriale sottolinea, inoltre, come
“un'operazione di polizia di tali dimensioni non può essere il frutto di una dinamica puramente locale, né solo la conseguenza di uno sciopero che si stava svolgendo in maniera del tutto pacifica fin quando una carica unilaterale del reparto-celere, con lacrimogeni sparati ad altezza-uomo contro gli scioperanti, non portasse a trasformare una vertenza sindacale in un problema di ordine pubblico”. I
Cobas ritengono vi sia un
disegno politico, dietro la negazione di
piazza Montecitorio per il
18 febbraio per la presentazione delle istanze degli operai di molteplici settori, al fine di screditare
“l'unica voce fuori dal coro che si sta levando contro il clima di ‘unità nazionale’ e di pacificazione sociale di cui il governo Draghi è espressione”. Ricordiamo che
l’8 marzo scorso c’erano sempre i
‘Si Cobas’ davanti i cancelli di
Amazon, per tutelare i diritti di
lavoratori ancora
non sindacalizzati. E torneranno in piazza a
Piacenza domenica
13 marzo, per i lavoratori di
Tnt. L’appuntamento del
22 marzo, però, è di estrema rilevanza. In tale data, infatti, si terrà il primo
sciopero nazionale di 24 ore dei lavoratori
Amazon di tutta
Italia, indetto da tutte le maggiori sigle sindacali, dalla
Cgil alla
Uiltrasporti. Sperando, ovviamente, che l’epilogo delle mobilitazioni di piazza della
logistica non sia analogo a quello degli operai e delle operaie di
Italpizza. Anni di scioperi iniziati dai
‘Si Cobas’ avevano portato i lavoratori a ottenere l’internalizzazione di
600 dipendenti su mille del colosso della distribuzione industriale della
pizza e a
un sostanziale
miglioramento dei contratti, in linea con quelli nazionali del settore alimentare. Ma i
120 che avevano firmato la
prima vertenza, la quale aveva dato il via agli
scioperi, non sono stati semplicemente
messi alla porta, bensì portati in
tribunale. E i
facchini della
Tnt di
Piacenza sembra stiano ricevendo il medesimo
accanimento giudiziario.