“L’Italia è dominata in lungo e in largo da oligarchie potentissime e prepotentissime qui, ma debolissime su scala globale, in linea con lo “score”, il “record” complessivo di un paese che da una parte non produce quasi più Premi Nobel o grandi romanzi o grande cinema e, dall’altra, ha perso quasi tutto sul fronte della chimica, della meccanica, o della grande distribuzione”. Così
Daniele Capezzone, in un inciso della sua relazione al congresso dei
Radicali italiani, uno degli attori che compongono l’area radicale che sembra ora, quasi tutta univocamente orientata, alla realizzazione di
un soggetto politico nuovo socialista, radicale, laico, liberale, da realizzarsi con i socialisti dello
Sdi e con
il Nuovo Psi guidato da Bobo Craxi. Ma perché nasce questa esigenza? Gli equilibri di potere in Italia non sono mai stati il prodotto del gioco democratico. Il problema dell’instabilità, il problema della governabilità e della decisione, quello della rappresentanza e della legittimazione esplodono in modo irreversibile e
nessun tentativo di camuffare il conflitto riesce ad essere credibile. Tra tanti che si proclamano
riformisti, non si vedono purtroppo
“riformatori”, e men che mai si vede (quanto ce ne sarebbe bisogno) chi non solo vuole riformare, ma addirittura
“trasformare”, che è il compito più alto e umanistico e umano di una politica degna di questo nome.
Doveva esserci la
grande speranza – dicono i radicali - della riforma maggioritaria, presidenzialista e americana, e ci ritroviamo
nella palude proporzionalista, e con la devolution di Calderoli, che condurrà alla paralisi istituzionale: far approvare un disegno di legge da Camera e Senato sarà un autentico safari… Passiamo all’economia: doveva esserci la
grande liberalizzazione, e ci siamo ritrovati con la difesa corporativa dei forestali calabresi, con le compagnie aeree a basso costo accusate – nientemeno - della crisi dell’Alitalia, e con i libri da no global dello stesso Tremonti… Il titolo e la proposta politica al congresso dei Radicali Italiani è
quell’”alternanza per l’alternativa” su cui Pannella e Bonino, l’Associazione Luca Coscioni e Radicali italiani hanno così insistito in queste settimane. La scelta è inequivoca. Ma, detto e chiarito questo, “con la stessa franchezza” – sostiene
Marco Pannella - con cui abbiamo detto prima per il centrodestra, se uno pensa all’attuale centrosinistra si rischia di gettare il seme liberale sulla pietra. Dobbiamo dire che di qua non c’è una proprio una valle ubertosa, insomma non c’è
Tony Blair”. "Rinnovarsi o perire”, diceva un grande socialista italiano. Senza ricerche frettolose di ‘nuovismi’, ma – anche - senza feticismi e passatismi: anzi, i due vizi appaiono come le due facce di una stessa medaglia.
Tony Blair, Loris Fortuna e Rodriguez Luis sono i riferimenti scelti per un nuovo e creativo progetto per le libertà. La cultura, laica, socialista, radicale e liberale appare oggi di rinnovata e urgente attualità, ribadiscono con fermezza
Capezzone e Enrico Borselli all’unisono. Nel documento redatto recentemente a Fiuggi, Radicali e Sdi sottolineavano che
socialisti e radicali, forti delle esperienze unitarie maturate nelle
lotte per l’estensione dei diritti civili e per l’introduzione in Italia del divorzio e della legalizzazione dell’aborto, hanno un grande
patrimonio ideale e politico in comune, ancora da esplorare e da rendere operativo. Non ci si deve meravigliare ma
considerare naturale che tornino oggi a incontrarsi, guardando assieme al futuro dell’Italia perché sia
laica, equa e libera in un’Europa da costruire e in una “comunità delle democrazie e del diritto alla democrazia” che contribuisca a far crescere nel mondo sicurezza e pace con giustizia e libertà. Potrebbero essere parole o costituire una premessa necessaria per spingere, sulla base di una storia antica,
un progetto che alla luce delle disillusioni e del disagio imperanti possa divenire
la base culturale e aggregativa per il mutamento di cui in molti avvertono il bisogno. “Insomma, quel che conta è il coraggio di una incessante, inesausta ricerca, senza calcoli micragnosi o tatticismi sparagnini” afferma orgogliosamente
Emma Bonino. Dicono perfidamente (ma quanto giustamente!) gli inglesi che quando si sta in politica, si è
troppo impegnati a restarci e si rischia di avere tempo solo per quello, cioè solo per restarci. Ci si augura che non sia questo che prevalga. Il simbolo della
“Rosa nel pugno” sembra quello prescelto. L’evocazione simbolica del
cambiamento mitterandiano è sufficiente a dare corpo a questa speranza? Che dire:
se son rose fioriranno…
Direttore Responsabile dei 'Quaderni radicali'
Articolo tratto dal sito www.agenzieradicali.it