Gaetano Massimo MacrìEsattamente un secolo fa, il 15 gennaio 1920, gli americani facevano la fila per accaparrarsi quante più bottiglie di alcolici possibili. Dalla mezzanotte, infatti, sarebbe entrato in vigore il XVIII emendamento, votato con favore esattamente un anno prima, conosciuto anche come 'National Prohibition Act', ma più noto come 'Volstead Act', dal nome del presidente della commissione Giustizia che lo ripropose dopo il veto tecnico del presidente Woodrow Wilson. Gli Stati Uniti sarebbero rimasti 'a secco' per 13 anni. Nelle intenzioni politiche, gli Usa si stavano avviando verso la strada della libertà dai pericoli della dipendenza da alcolici. Il divieto - che allora venne definito 'Grande esperimento' - consegnò l'industria degli 'spirits' in mano alla malavita; alimentò il mercato 'nero' degli alcolici; determinò un grave danno erariale, per il mancato incasso delle vendite; incrementò il rischio sanitario per la produzione di alcolici 'artigianalmente', con prodotti potenzialmente dannosi per la salute. In un certo senso, il sogno di Andrew Volstead poteva ritenersi realizzato. Approvata la 'sua' legge, ebbe a dire: "Le porte dell'inferno si sono chiuse per sempre". Per migliaia di americani, in effetti, si aprirono quelle più nascoste degli 'speakeasies': bar spesso arrangiati, nascosti sotto scantinati, spesso e volentieri gestiti dalla mafia e dalla criminalità organizzata.


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