Si può ascoltare la radio e lasciarsi cullare dalle suadenti voci
dell'intrattenimento. Oppure, ci si predispone all'indignazione per le
violenze simboliche, che strutturano i contenuti linguistici degli
inserti pubblicitari. È infatti inaccettabile che il vecchio adagio
'Donne e motori, gioie e dolori' riesca ancora oggi a fornire spunti per la promozione di un
autoveicolo. La scelta della macchina non è un episodio secondario nella storia dell'individuo, soprattutto per chi non la considera un semplice
mezzo di trasporto, bensì un naturale prolungamento rafforzativo della propria
libertà di circolazione. Ma secondo il messaggio del
marketing, è ancora e solo
l'uomo a decidere con quale veicolo una famiglia debba effettuare i suoi spostamenti. E per la stessa ragione, è sempre un
maschio eterosessuale a
'scarrozzare' una donna. Si ascolta dalle reclame:
"Con la mia nuova automobile, risulta tollerabile persino andare a pranzo da mia suocera, o accompagnare la propria partner in estenuanti sedute di shopping". La
'vanteria' è un atteggiamento tipicamente
maschile, che emana dal
'sesso forte' di fronte a una camicia divenuta troppo stretta sui pettorali leggermente inflacciditi, oppure sui pantaloni troppo corti, che lasciano il calzino colorato in vista. Di conseguenza, c'è il
piacere dell'autoveicolo a rendere loro sostenibile la
quotidianità di coppia. Ma la vettura non è un semplice mezzo di trasporto: è più simile alla
'lampada dei desideri'. Proprio come
Siri, Cortana e
Alexa (non è un caso se gli assistenti di dispositivi hanno tutti nomi femminili,
ndr), l'automobile esaudisce ogni desiderio verbalmente espresso dal suo padrone. Persino l'atto di aumentare la
temperatura dal lato del passeggero, affinché la ragazza con cui si consuma il primo appuntamento sia portata a
togliersi il cappotto, decisamente troppo ingombrante e coprente. Potremmo articolare la classica domanda, che in genere formula chi sta dall'altra parte: quale reazione avrebbero le donne se si presentasse un contenuto mediatico a
parti invertite? Ma la questione, posta in questi termini, risulta
controproducente. La proposta non è di
polarizzare i generi in due schieramenti, dividendoli e rendendoli nemici. Perché il
maschilismo fa male anche a chi lo esercita. Accade ogni volta che un ragazzo, a maggior ragione se non attratto da individui dello stesso sesso, si senta tagliato fuori dal
'branco' dei suoi coetanei, perché non ama il
calcio, né le
automobili, bensì
dipingere o
cantare. Il problema è la reiterata necessità di
'strizzare l'occhio' a strutture di pensiero già così difficili da
scalzare. La
pubblicità può nutrirsi dell'intrattenimento, per trovare strategie di comunicazione più efficaci. Ma il fatto che se ne parli, non significa che si ottenga automaticamente il risultato sperato: non identificare le case automobilistiche il cui
reparto marketing continua a nutrirsi di
'sessismo' è il primo passo per
concentrarsi sulla Luna, anziché limitarsi a osservare il
dito che la indica.