L'11 maggio scorso, presso la sala
'Bruno Buozzi' della
Uil, a Roma, il centro studi economici e sociali
Eurispes ha organizzato e promosso la conferenza
'Una proposta per trasformare l'Unione europea attraverso l'Eurozona', con l'obiettivo di aprire il dibattito su una serie di proposte elaborate da esperti e studiosi per migliorare il processo d'integrazione europea. Il
'Laboratorio Europa', coordinato da
Carmelo Cedrone, composto da esperti del mondo accademico e universitario, insieme a esponenti e operatori della società civile, era stato annunciato a gennaio, in occasione della presentazione del
30° Rapporto Italia dal presidente dell'Eurispes,
Gian Maria Fara. L'ambiziosa iniziativa di
riflessione sull'Europa ha visto intervenire:
Carmelo Cedrone (coordinatore Laboratorio Europa);
Gian Maria Fara (presidente Eurispes);
Sergio Fabbrini (Università Luiss, Sole 24 Ore);
Francesco Saverio Romano (responsabile del Dipartimento per il Mezzogiorno dell'Eurispes);
Enzo Cannizzaro (Università La Sapienza);
Sandro Guerrieri (Università La Sapienza);
Francesco Gui (Università La Sapienza);
Umberto Triulzi (Università La Sapienza),
Mario La Torre (Università La Sapienza);
Fausto Durante (dirigente Cgil);
Andrea Mone (dirigente Cisl);
Cinzia Del Rio (dirigente UIL);
Antonio Enrico Morando (viceministro dell'Economia);
Pier Paolo Baretta (Sottosegretario al Mef); l'on.
Marco Maggioni (Lega Nord). Ha moderato brillantemente l'incontro il giornalista
Antonio Armellini. Perché, dunque, un laboratorio?
Carmelo Cedrone ha tenuto a precisare che non è
"per aggiungere un'altra cosa", ma che
"si tratta di un gruppo di persone libere, aperto ad altri contributi, con lo scopo di ragionare e fare proposte sulla questione europea. La crisi economica in cui versa l'Italia, unita alle altre crisi che sono sopraggiunte in Europa negli ultimi anni, ha fatto esplodere le contraddizioni dentro all'Unione, ha fatto capire le debolezze istituzionali e i limiti del processo decisionale. Tutto questo comporta un cambio di percezione da parte dei cittadini. L'Unione ha provato a risolvere i problemi", ha aggiunto
Cedrone, "ma non c'è riuscita. O meglio, ha fatto un lavoro parziale e la gente l'ha percepito: ci sono dei meccanismi che portano a dei svantaggi. C'è, da un lato, chi vuole uscire dall'Unione e dall'Euro, dall'altro chi vuole restare tentando di tamponare, andando avanti a piccoli passi: cerchiamo di starci sapendo che comunque la Ue, di per sé, porta sempre dei vantaggi complessivi per tutti. Ormai non è più possibile continuare su questa strada, quindi bisogna impegnarsi per trasformarla, questa Unione". Cedrone ha poi insistito sul fatto che
"è fondamentale ritornare ai Paesi: dalle istituzioni europee non verranno spinte al cambiamento. Non hanno la forza e la possibilità per farlo. A prescindere dalla posizione politica, si dovrebbe trovare una sintesi che consenta all'Italia di tornare a essere protagonista con più forza. E' importante lavorare per individuare proposte creative, che servano per il Paese, ma anche all'Europa nel suo insieme. L'obiettivo principale deve essere quello di risolvere i problemi delle persone. Bisogna invertire la rotta", ha concluso lo studioso,
"e trovare una soluzione per la gente: serve un nuovo inizio serio che possa portare a un cambiamento reale". Gian Maria Fara, presidente
dell'Eurispes, ha invece sottolineato:
"Siamo stati molto critici sulle politiche economiche e con le derive che l'Europa andava assumendo. Però, essere critici, evidentemente, non è sufficiente: bisogna anche avere il coraggio di fare proposte". Ecco perciò l'idea di
Eurispes di creare un luogo di incontro e di riflessione che consenta, a tutti coloro che amano
l'Europa, di avere la possibilità di discutere e confrontarsi. Nella prima fase, sono stati individuati
12 punti su cui lavorare. Nessun
'messaggio in bottiglia' da affidare, ma un laboratorio come luogo di riflessione e, principalmente, di ascolto. Secondo
Sergio Fabbrini della Luiss
"parte dalla crisi europea nasce da sfide storiche senza precedenti. Dalla loro coincidenza e dalla loro sovrapposizione, abbiamo avuto una crisi finanziaria formidabile e una crisi migratoria epocale, che a loro volta si sono intrecciate con una crisi della sicurezza e della difesa e con attacchi terroristici nelle principali città europee. E' indubbio che la crisi dell'Unione europea nasce da un contesto esterno estremamente complicato", ha precisato il docente universitario.
"Tuttavia queste crisi hanno prodotto degli effetti negativi, in quanto le istituzioni non sono state in grado di gestirle. Ci sono sempre tante ragioni in una crisi: valori, missioni, cultura. Inoltre, si è perso il senso della leadership. Ma coloro che vogliono 'cambiare il mondo' devono anche saper guardare ai contesti precisi che reggono quel mondo: le istituzioni sono un punto inevitabile di passaggio. Abbiamo avuto una carenza di leader in Europa e un non funzionamento delle istituzioni, perché sono state costruite 'a pezzetti e bocconi'. Fino al 1989, l'Europa si interessava del mercato. Dopo il 1989, invece, l'Europa ha dovuto interessarsi della difesa, della sicurezza, della politica estera. E dopo l'ottobre 1990 si è dovuta occupare anche della gestione della politica economica di un'immensa area che sarebbe diventata soggetta a una nuova moneta: l'Eurozona. Di fatto senza nessun disegno strategico, si è costruita una seconda modalità decisionale, un regime intergovernativo. Già dal 1992", ha spiegato ancora il docente di
Scienze politiche alla Luiss,
"in Europa si sono formate 'due Unioni': una sovranazionale per il mercato e una 'intergovernativa' per le grandi politiche strategiche. Le due Unioni hanno convissuto fino a quando il 'vento' era 'buono'. Ma quando è iniziata la tempesta, le due Unioni hanno cominciato a collidere e a contrastarsi. La crisi degli ultimi decenni avviene esattamente in quelle politiche che a Maastricht furono assegnate alla costituzione intergovernativa. Tuttavia, dobbiamo anche chiederci", ha concluso
Fabbrini, "come mai siamo il Paese con il secondo debito pubblico dell'Eurozona e tra i più elevati al mondo: è colpa di un Stato che non ha saputo prendersi cura dei propri basilari obiettivi esistenziali e non delle 'plutocrazie' esterne. Le debolezze dell'Italia vanno risolte in Italia: la crisi ha semplicemente mostrato che ci sono più Europe dentro l'Europa. E che ci sono strategie d'integrazione diverse. Ci vuole più coraggio, più idee e una buona strategia", ha concluso. Il sottosegretario all'Economia e Finanze,
Pier Paolo Baretta ha poi affermato:
"Andare verso la costruzione degli Stati Uniti d'Europa può rappresentare un percorso per raggiungere una maggiore integrazione, tenendo conto, però, che siamo tutti diversi e che esistono diverse velocità". L'onorevole
Marco Maggioni, invece, ha sottolineato come
"il risultato del voto nei diversi Paesi europei è la conferma che l'Unione ha bisogno di saper ascoltare quello che pensano i cittadini e tener conto della realtà. E la realtà è quella dei problemi degli imprenditori, degli agricoltori, dei disoccupati e dei giovani". I vari interventi che si sono succeduti hanno infine fatto emergere l'importanza di generare idee e nuove proposte per
ripensare l'Europa. E' necessario contribuire a modificare alcune politiche
nell'Eurozona e accelerare alcuni provvedimenti, coinvolgendo maggiormente le parti sociali nelle scelte
dell'Unione. Per non allontanare sempre di più i cittadini dalle istituzioni occorre attuare una trasformazione, avviando concretamente le politiche necessarie a favore della collettività. Serve una
responsabilità politica comune, condivisa e trasparente per reagire contro i
nemici dell'Europa. Un'ideale e una prospettiva che mantiene alcuni
meriti 'storici' di
pace e di
stabilità incontenstabili, che danno molto fastidio alle
forze reazionarie e
disgregratrici, le quali vorrebbero tornare alle sovranità piene per mettere nuovamente il popolo e i cittadini
fuori dalla 'porta' della Storia. E' questa consapevolezza, quella che è venuta a mancare. Ed è per questo fondamentale motivo che il sogno della
costruzione europea deve cominciare a essere
difeso da ognuno di noi.