Un esperto di
arte islamica, nel
2016, ha segnalato che un
pugnale d'oro stava per essere venduto presso una casa d'aste a
Londra. Esso era identico a quello trafugato, insieme ad altri oggetti di valore, dal
museo Stibbert di
Firenze nel
1977. Per decenni, i carabinieri si erano messi alla ricerca di quella
merce 'scottante', riuscendo nel suo recupero parziale. Ma qualcosa, come sempre in questi casi, era rimasta nascosta, riemergendo all'improvviso. Bisogna solo intercettarla. E, per farlo, occorrono tanti occhi e orecchie piazzati ovunque. E' questa la
'normale amministrazione' di chi si occupa della
tutela e del
recupero dei beni trafugati in
Italia. Stiamo parlando del
Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale (Tpc): un'eccellenza che ci invidiano anche all'estero. Potremmo definirli:
"I custodi della nostra identità culturale", come il titolo di una mostra dello scorso anno tenutasi presso gli
Uffizi di
Firenze, in cui è stato esposto proprio il
'pugnale ritrovato'. Un lavoro incessante quello del
Tpc, se si pensa che ha a che fare con un patrimonio censito di
149 mila 091 beni archeologici e di
514 mila 416 beni storici e artistici, numeri tratti dal
Catalogo generale dei Beni culturali. Ogni anno, questo reparto riporta a casa centinaia di migliaia di
'pezzi' scomparsi. Per avere una qualche idea, leggiamo il rapporto del
2016, che illustra così le diverse azioni di recupero: beni antiquariali, archivistici e librari:
24 mila 570; reperti archeologici:
58 mila 961; 799 i falsi sequestrati. Il valore economico stimato dei beni recuperati è di
53 milioni 831 mila 129 euro: niente male. E cosa si preferisce rubare? Quadri e sculture, nonostante una leggera flessione del reato. Il dato più significativo si evince raffrontando la serie storica dei furti di opere d'arte segnalati nei vari rapporti. Scopriamo così che, tra il
2011 e il
2016, si è consolidata una
curva al ribasso, passando da
906 a
449: un segnale importante, testimoniato anche dal fatto che il
2016 ha registrato un
+360% di arresti di persone per
'furti artistici'. Le storie sembrano somigliarsi. Prima o poi, un candelabro d'oro o una tela viene segnalata: basta saper attendere. Anche anni, se necessario, seguendo il mercato e i
'battitori'. Nel
2015, sono messi all'asta alcuni libri antichi che, grazie alla dicitura del timbro, vengono fatti risalire alla
Biblioteca del Capitolo della cattedrale di Città della Pieve (Pg). Alcuni mesi dopo, sono stati recuperati
41 di quei testi. Altri
12 son saltati fuori nel prosieguo delle indagini, che hanno portato alla luce un caso di libri rubati in precedenza. Ma un recupero non sempre è così facile. E' anche successo che una nota casa d'aste, la londinese
'Sotheby's', abbia battuto un pezzo prezioso ritenendolo frutto di una cessione regolare, contrariamente alla posizione espressa dal
Governo italiano. Si tratta di una
tavoletta del '400 che fa da copertina del documento con cui si indicava il
'bilancio statale', come diremmo oggi. Quella di realizzare un'elegante copertina per il registro di bilancio dell'amministrazione finanziaria della città di
Siena era una tradizione durata secoli, segno di una civiltà - tutta italica - che non ha mai scisso il
'bello' dal
senso civico. Tornando alla vicenda, nella fattispecie si tratta di una tavoletta di legno dipinto, raffigurante una
flagellazione. Tecnicamente, il soggetto, alquanto difficile, è stato ben realizzato, convincendo gli esperti nel suo essere un piccolo capolavoro di
45 centimetri per 30, in
tempera e
oro. In effetti, quelli di
'Sotheby's' l'hanno presentata come
"un'opera incantevole del Maestro dell'Osservanza". Il suo valore oscilla tra i
500 mila e
700 mila euro, ma è stata
'battuta' per
1 milione e 632 mila. Tutto regolare per
'Sotheby's', nonostante il parere opposto del nostro ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo
(Mibact), che ritiene quella copertina
"parte integrante degli archivi statali", esattamente come le altre. In sintesi, appartiene al
demanio, quindi va restituita. Per i venditori inglesi si tratta, invece, di un'opera detenuta, da almeno un secolo, da una famiglia tedesca, che ha avuto tutto il diritto di sottoporla a una vendita all'asta. Un caso particolare, in cui un bene è stato lecitamente acquistato, anche se derivato da un furto precedente:
caso chiuso e Italia 'beffata'. In un'occasione simile siamo riusciti, viceversa, a far valere il principio per cui non può ritenersi valida
'l'usucapione di beni dello Stato'. Nel
1917, la casa d'aste londinese
'Christie's' stava per battere all'incanto una parte
dell'archivio dei Medici, contenente lettere e registri vari. Ne nacque una causa terminata favorevolmente, per l'allora
Regno d'Italia. L'esperienza insegna che, quando un oggetto varca i confini, anche se sottratto con frode, non è poi scontato il suo rientro. Lo vedremo meglio in seguito, ma prima citiamo ancora un altro caso, speculare al precedente. Ci riferiamo al
'Cristo portacroce trascinato da un manigoldo' del
Romanino: un capolavoro del
1538 circa. In questa vicenda, gli eredi della
famiglia Gentili di Giuseppe cercarono di reclamare alle autorità italiane il legittimo possesso del quadro di
Girolamo di Romano, detto il
Romanino. Il dipinto era stato sottratto a
Federico Gentili di Giuseppe a
Parigi. Dopodiché, fu venduto all'asta. Dopo vari passaggi, negli
anni '90, la
Pinacoteca di Brera lo ha acquistato da un privato collezionista. Si diceva dell'importanza del varcare o meno i confini. In questo caso, è avvenuto esattamente questo: l'opera è stata prestata a un museo della
Florida per una mostra. E lì è rimasta, dopo il fermo del procuratore americano
Pamela Marsh, con la seguente motivazione:
"Vi è il sospetto che il dipinto faccia parte di quelle opere d'arte trafugate da un governo filonazista come quello di Vichy ai danni della famiglia ebrea Gentili di Giuseppe. Con la stessa procedura di richiesta, la famiglia si era fatta restituire cinque opere esposte al Louvre". Sembra una trama da intrigo internazionale. In effetti, la vicenda era sorta in
Francia, durante il periodo di occupazione nazista, coinvolgendo una famiglia ebraica e il suo membro più illustre, collezionista d'arte. Quindi, c'è il
Louvre e
l'Fbi che accusa
l'Italia di furto di opere d'arte:
Milano e Dio sanno bene quanti ambasciatori che, come da protocollo,
'non abbiano portato pena' nel cercare di fare da mediatori, inutilmente. Alla fine, la
Corte d'Appello di Parigi considerò quell'incanto
"un atto di spoliazione per ragioni razziali", ordinando la restituzione delle opere. Il
Louvre acconsentì;
Brera no. Da lì, lo scandalo internazionale, finché il
'Cristo' è stato restituito agli eredi e messo all'asta da
'Christie's' per
3 milioni e 650 mila euro.
I PIRATI DELL'ARTE
Il mercato dei
pirati dell'arte non conosce una sola direzione. Oltre alle opere trafugate
dall'Italia, ce ne sono alcune che entrano fraudolentemente come
'autentiche', con la scusa di un
restauro. E' successo per alcuni quadri di
manifattura senese e fiorentina (XIV-XVI sec.): i falsari speravano, in questo modo, di ottenere la
certificazione di autenticità emessa dal
Mibact che andasse ad avvalorare la provenienza delle opere. Operazione sventata, anche in quel caso, grazie all'intervento del
Nucleo Tpc fiorentino, che ha avviato un'ottima collaborazione con
l'Agenzia delle dogane proprio per evitare certi giri. La speciale
'task force' dell'Arma dei Carabinieri possiede una banca dati unica nel suo genere e, ancora oggi, può essere definita come il solo
'database dedicato' esistente al mondo. Al suo interno sono convogliati i dati di qualsiasi reperto proveniente da
Soprintendenze, Dogana, Polizia, Carabinieri e
Interpol. Aggiornata quotidianamente (chiunque può entrare e fare una segnalazione), essa è ormai divenuta una vera e propria
'piattaforma', che permette la ricerca multilingue di oggetti e persone, offrendo anche la possibilità di generare statistiche. Un vero strumento da cui partire per indagare, o semplicemente farsi un'idea chiara, sul reale stato dell'arte dei nostri beni culturali illecitamente sottratti. Dalla collaborazione tra questo nucleo speciale e la studiosa
Francesca Manzari, una ricercatrice di
Storia dell'arte medievale de
'La Sapienza' di
Roma, è stato compiuto uno dei più importanti recuperi degli ultimi anni. Si tratta del
foglio miniato facente parte di un corredo liturgico custodito nel
duomo di Santa Maria Maggiore a
Guardiagrele, in provincia di
Chieti, sottratto nel
1979 e restituito alla città nel settembre del
2011 proprio grazie all'intervento del
Nucleo dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale di
Roma. Negli anni a seguire, un'esperta della Soprintendenza,
Giorgia Corso, stava compiendo alcune ricerche sul materiale fotografico dei
libri liturgici, ritrovando altri fondi contenenti fotografie d'epoca sui manoscritti di
Guardiagrele. Venne così portato alla luce un importante materiale fotografico, che inserito nella
'banca-dati' del Tpc, ha
permesso altri recuperi. La vicenda dimostrò la necessità della riproduzione fotografica, in questo caso delle
miniature, con relativa pubblicazione nel
'database' del
Nucleo, al fine di tutelare il nostro patrimonio culturale. Pur non essendo una catalogazione scientifica (chiunque può inserirvi informazioni), questo
'database' è più che sufficiente per svolgere una funzione di riconoscimento in caso di furto, oltre che di semplice
'inventariato'. Stando alle ultime informazioni disponibili, oggi il database contiene quasi
6 milioni di 'pezzi' schedati e circa
600 mila fotografie.
LE NUOVE 'PISTE' D'INDAGINECerchiamo di capire, ora, dove finiscano i beni trafugati tramite furto o rapina. La tendenza ci porta lungo i canali
internet, in aumento, oltre a quelli tradizionali: un vero e proprio mercato illecito dei beni culturali via
web, che ha spinto i
Carabinieri del Tpc a prendere contromisure, incrementando i controlli e i monitoraggi. Anche in questo senso, gli ultimi dati, quelli del
2016, sono incoraggianti, col sequestro di
2 mila 326 beni (
712 in più rispetto all'anno precedente). Per quanto riguarda quei beni che sono fuoriusciti oltre i confini nazionali, un valido aiuto è rappresentato dalla rete di rapporti che il
Tpc ha con
l'Interpol e altri soggetti simili. Tuttavia, si dimostra necessario anche il monitoraggio dei
siti esteri e dei
cataloghi delle case d'asta. Il problema si presenta dopo l'individuazione, cioè in presenza di un reato di furto riscontrato che non si può perseguire penalmente per riavere indietro l'opera. Per il recupero del bene, infatti, sono fondamentali due aspetti, che devono risultare chiaramente:
a) la proprietà;
b) la data dell'ultimo reato ai danni del bene stesso. Chiarito ciò, si procede alla
rogatoria internazionale. In caso di esito negativo, ma anche in parallelo a questa procedura, si può tentare la via
'extra-giudiziale': la strada della cosiddetta
'diplomazia culturale'. E' il
Mibact a percorrerla, col supporto del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale
(Maeci) e
dell'Avvocatura generale dello Stato, in cui rientra come membro anche il
Tpc. Il continuo stato di allerta di questi
'detective del passato', nonostante un lavoro encomiabile non ha impedito il cosiddetto
'colpo grosso'. Mentre le cronache di questi giorni parlano del caso del
Palazzo ducale di Venezia, non dobbiamo dimenticare che
l'Italia ha subìto, nel
1998, il furto di un
Paul Cézanne (Le cabanon de Jourdan) e di due
Vincent Van Gogh (Il giardiniere e L'Arlesienne) presso la
Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Le modalità sono semplici: attendere la chiusura e immobilizzare i custodi, costringendoli a disattivare gli allarmi. Ma il colpo del secolo dopo quello de
'La gioconda' al
Louvre è durato poco più di un mese: i dipinti sono ritrovati intatti e la banda arrestata. Un successo investigativo di cui
Roma può vantarsi su
Parigi, che nello stesso periodo ha perso, proprio al
Louvre, un
Camille Corot.
UN NOSTRO 'SCOOP'
Chiudiamo con un altro recupero degno di nota: quello, recentissimo, del
mosaico a decoro di una
nave di Caligola, di cui anche noi ci siamo occupati grazia a un approfondito servizio del nostro
Giuseppe Lorin, pubblicato sul sito della rivista mensile
'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it). Si tratta di una parte del
pavimento a mosaico che decorava l'imbarcazione dell'imperatore romano, ritrovato durante una campagna di scavi, alla fine degli
anni '20 del secolo scorso, sulle rive del
lago di Nemi e subito custodito all'interno del
Museo della cittadina laziale. Il mosaico venne portato via, in seguito a un incendio, per opera dei nazisti. Il ritrovamento è avvenuto negli
Usa, all'interno dell'abitazione di una signora italiana, rea di possedere anche altri reperti rubati. La rogatoria, in questo caso, ha avuto successo. Per la cronaca, il
museo della navi romane di Nemi è un piccolo
'gioiello': aperto tutti i giorni e al costo di soli
3 euro, è stato costruito tra il
1933 e il
1939 per ospitare alcune grandi navi dell'imperatore
Caligola. Ovviamente, è in fase di completamento un nuovo allestimento.