Facendo un giro in
internet, tra siti di libri o librerie virtuali come
Amazon, è possibile rintracciare studi di ogni genere, manuali di aiuto per genitori e nonni, testi di educazione alimentare e comportamentale, il
'galateo' del bambino, nonché libri di aiuto per far diventare il figlio una persona allegra, intelligente, autoironica, felice e sicuro di sé. Il repertorio è vasto e variegato, in grado di soddisfare tutte le curiosità o le paure di qualsiasi genitore. Tuttavia, in una jungla del genere un libro, pubblicato negli
Stati Uniti, ha suscitato in questi anni vivo interesse.
'Origins' di
Annie Murphy Paul (Simon & Schuster edizioni) illustra, infatti, le possibili
correlazioni alimentari che intercorrono tra la madre e il feto. L'autrice consiglia, per chi vuole sviluppare l'intelligenza nel proprio figlio, di mangiare più
pesce. Ma non solo: più in generale,
l'alimentazione condotta durante i nove mesi di
gravidanza può avere risvolti decisamente
'eccezionali'. Secondo uno studio citato dall'autrice e svolto da
Fiona Matthews dell'università di
Exeter e da due colleghi
dell'Università di Oxford, le donne che assumono
cereali ogni giorno a colazione hanno maggiori possibilità di concepire un figlio
maschio. Al contrario, quelle donne che, invece,
'saltano' la prima colazione, o mantengono un dieta poco calorica, difficilmente riusciranno a
'sfornare' un
'maschietto'. La ricerca è stata soggetta, per ovvi motivi scientifici, a diverse
critiche. Anche perché, non sembra vi sia
nessuna correlazione scientificamente provata - la soluzione adottata dalla
Matthews sembrerebbe essere frutto del caso - che coniughi il sesso del nascituro all'alimentazione seguita durante i primi mesi di gravidanza dalla madre. Di certo, quel che la donna assume durante i nove mesi viene direttamente assimilato dal feto, tramite il
cordone ombelicale. Ma rendere addirittura responsabile alcuni alimenti del sesso del feto appare più probabilmente un sorta
'credenza folcloristica post-moderna'. In ogni caso,
'Origins' ha avuto il merito di affrontare anche altre questioni legate al nascituro e al comportamento materno, cercando per quanto possibile di trattare determinati argomenti in maniera
'para-scientifica' rifacendosi, in parte, all'esperienza personale di madre della stessa autrice - a proposito dell'induzione del sesso del feto attraverso l'assunzione di cereali ogni mattina,
Annie Murhy Paul ammette ironicamente di aver mangiato tutti i giorni a colazione durante la sua seconda gravidanza la
'crusca di uvetta' e di aver dato alla luce un sano e robusto figlio maschio - in parte seguendo le ricerche scientifiche condotte da diversi ricercatori e specialisti del settore. Il risultato è un libro
a cavallo tra un saggio scientifico e un
manuale di 'auto-aiuto', nel quale rintracciare argomenti seri e informazioni utili per le donne in gravidanza, come per esempio i risultati di uno studio americano, condotto da alcuni esperti, secondo il quale un moderato livello di
stress durante la gravidanza può garantire la placidità dell'ambiente uterino. Inoltre, sempre secondo quanto riportato in via informale da una ricerca dell'esperta della
Johns Hopkins, Jane Di Pietro, i neonati di due settimane, nati da madri che durante la gravidanza hanno vissuto esperienze relativamente stressanti, presentano uno sviluppo nella
conduzione neuronale più rapida, segno questo di una più decisa
maturazione cerebrale. Una cosa sembra essere certa: il
feto non è certo un
essere inerte, bensì una creatura
reattiva e
dinamica, capace di adattarsi e di
'reagire' alle situazioni che coinvolgono la madre. Una donna può influire con il proprio comportamento quotidiano sul percorso evolutivo del nascituro, attraverso il regime alimentare perseguito, le emozioni e le sensazioni vissute, i traumi subiti. Se dunque l'ambiente che ci circonda e il modo in cui noi stesse riusciamo a interpretarlo e a farci condizionare da esso può influire direttamente o indirettamente sul nostro feto, allora possiamo, fin dalle prime settimane, maturare un
progetto di controllo più a lungo termine sulla nostra prole? La tesi è controversa, ma un
'nesso', in qualche modo, sembra sussistere.