Tra i protagonisti della 57esima Esposizione Internazionale d'Arte 'La Biennale di Venezia', l'artista veneto ci racconta il suo nuovo progetto 'Capanno al mare in blu verbale', presentato a Forte dei Marmi lo scorso 1° luglio, con qualche interessante riflessione sul lavoro svolto nel corso della sua trentennale carriera e sugli eventuali compiti, o propositi, dell'arte contemporanea 'Capanno al mare in blu verbale', alla
Fondazione Villa Bertelli di
Forte dei Marmi, è un progetto artistico di
Marco Nereo Rotelli a cura di
Guido Pautasso, organizzato dall'associazione culturale
'Art Project' (catalogo Edizioni Franche Tirature). Un percorso trentennale di creazioni artistiche - tecnicamente e stilisticamente variegate - realizzate proprio nella città che ospita la rassegna e il cui titolo è legato al lavoro del noto pittore
Carlo Carrà: una serie di tele, intitolate
'Capanni al mare', che ritrae volumetrici e
'silenziosi' ripari, adagiati su arenili sabbiosi, a determinare solitari paesaggi
'metafisici', sintesi perfetta tra forma e colore. Il riferimento all'opera di
Carrà è particolarmente evidente per l'uso del colore
blu, che tuttavia
Rotelli rende attuale, moderno, vivo: il
blu profondo del mare, che si sposa con il tema della luce (alla ricerca dell'Assoluto),
l'azzurro e il
bianco del cielo a materializzare un pensiero, un'emozione. Oltre i confini della pittura, le sue installazioni luminose, le sue superfici specchianti, le sue
'foto-pitture', i suoi
'grafo-poemi' e le sue
'giare della poesia' sono il frutto di un'intensa sperimentazione materica. Le sue
'cre-azioni' solidificano, contaminano parole, forme e colori, generando immagini primitive. Attraverso l'ibridazione dei diversi linguaggi artistici,
Rotelli, con i suoi quadri e le sue installazioni, dà forma a piccoli
'spazi di libertà': luoghi magici, superfici interattive e pulsanti, in assoluto dialogo con gli spazi della
Villa Bertelli, capitale culturale della
Versilia. Dal
1° luglio al
4 settembre 2017 a
Villa Bertelli, via Giuseppe Mazzini 200, 55042 -
Forte dei Marmi (Lucca). Dal martedì alla domenica, dalle ore
16.30 alle
19.30.Maestro, come nasce il progetto 'Capanno al mare in blu verbale'?"È un progetto, il termine è giusto. Più precisamente: un 'pro: getto'. Non si tratta solo di una mostra retrospettiva, ma della possibilità di porre in relazione opere realizzate in diversi anni della mia ricerca, spostandoli, gettandoli proprio, in nuovi campi di significato. Nello specifico, però, il titolo è altamente metaforico: 'Povera casa del linguaggio, ormai sei un capanno di fronte il mare della realtà'. Da questo punto di vista, ovviamente il discorso si concettualizza e torna a un tema centrale, per me: la parola e il suo naufragio".Parliamo del luogo scelto per l'evento-mostra, Forte dei Marmi, in Versilia: quanto ha ispirato la sua produzione?"Beh, partiamo dal fatto che Forte dei Marmi è un luogo familiare, dove d'estate mi trasferisco e lavoro. Qui tutto è molto bello: a Pietrasanta, vi sono artigiani con cui collaboro e poi, in generale, c'è un'aria che mi ispira. In verità, era più percepibile nella serie di 'opere blu' degli anni '80 e '90, per le quali Fernanda Pivano coniò la definizione 'un blu oltre ogni blu'...".Il suo rapporto con il pittore Carrà, invece?"Carrà è un pittore che ho sempre amato: la sapienza nell'uso del colore, la sua amicizia con i poeti, la posizione solitaria che ha raggiunto, quasi autonoma dal contesto artistico. Ciò che più mi interessa è il modo in cui è stato in grado di dipingere il reale, trasmettendone il respiro. Il senso di quiete che le sue opere suggeriscono, ancora oggi è un monito a un mondo in corsa".La sua poetica trascende i confini della pittura e assume una connotazione 'multi-disciplinare' e 'polimaterica', che scardina le più tradizionali definizioni artistiche: quanto peso ha, tale sperimentazione nel progetto presentato alla Fondazione Villa Bertelli?"Quella di Villa Bertelli è una mostra composta con confini ben precisi: l'ambiente è determinato dalla sala degli acciai, la sala blu, la sala d'oro, la sala delle porte. Eppure, tutte queste stanze dialogano ed è spiazzante passare da una sala con pigmenti materici a una dove i segni sono a laser. Opere a prima vista opposte: eppure, io sento fortemente che il mio stile è non avere stile, la mia forma è avere più forme e la scrittura, per me, è quel lungo filo che lega tutto".I suoi 'grafo-poemi' si configurano come vere e proprie 'epifanie visive' di carattere ancestrale: come mai ha scelto il 'simbolo grafico' e la parola scritta, per caratterizzare il suo 'ductus' formale?"In verità, io non ho scelto niente: è venuto a me naturale, perché poi, creare dimensioni ancestrali con i laser che incidono grafemi, ha un senso. Di fronte, l'impossibilità di una 'nuova Arte': penso a un nuovo rapporto con il già visto. Quando ho guardato al cinema, per esempio, ho pensato di prendere gli 'stravisti' manifesti dei film e renderli visibili in un modo del tutto originale e inedito. Io credo che questo 'spostamento' di vedute sia alla base della mia ricerca, perché pone l'osservatore in una posizione di 'straniamento', che è la condizione ideale verso lo stupore".Infine, quale crede che sia il 'compito' dell'arte contemporanea, oggi, sempre ammesso che ne abbia uno?
"Scomodare. Il design, l'architettura e altri linguaggi simili devono accomodare e dare riposte alle esigenze dell'essere. L'arte, invece, non ha nessun compito, se non quello di interrogare, pensare altro, pensare altrimenti".Biografia Marco Nereo Rotelli è nato a Venezia nel 1955, dove si è laureato in architettura nel 1982. Da anni persegue una ricerca sulla luce e sulla dimensione poetica, che Harald Szeemann ha definito come "un ampliamento del contesto artistico". Rotelli ha creato, negli anni, una interrelazione tra l'arte e le diverse discipline del sapere. Da qui, il coinvolgimento, nella sua ricerca, di filosofi, musicisti, fotografi, registi. Fondamentale, nel suo lavoro, è il rapporto con la poesia, la quale, con il tempo, è divenuta un riferimento costante per tutta la sua produzione. Rotelli espone i suoi lavori e realizzato le sue installazioni interattive nei più importanti musei e centri culturali internazionali. Ha partecipato, tra le altre cose, a otto Biennali di Venezia (dal 1986 al 2017), tra cui l'ultima, con la sua opera 'l'Art de Vivre' (completamente realizzata su Crystalexe(r)), dedicata all'acqua di Venezia e alla magia dei suoi riflessi. Una vera e propria stanza in vetro pensata come spazio della memoria tra sogno e realtà, all'interno del 'Padiglione Venezia' e dell'esposizione monografica 'Luxsus', curata da Stefano Zecchi.