"La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre". La frase è autosufficiente e autoconsistente. E poteva bastare a dimostrare il giusto disprezzo e la riprovevolezza verso un atto
arrogante e
odioso, che colpisce la donna e che la umilia, rendendo il suo corpo un mero oggetto nelle mani di un altro, di un uomo. Invece,
Deborah Serracchiani, governatrice
'dem' del
Friuli Venezia Giulia, ha deciso di aggiungere un inciso che ha stravolto tutto:
"Ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese". In sostanza, con l'aggravante della presunta
'rottura' di un
patto di accoglienza, una violenza sessuale acuisce la sua
odiosità. Non è, quindi, l'abuso sul corpo femminile a essere odioso, quanto la provenienza geografica del soggetto che lo commette, o il suo
'status' di
immigrato. La
Serracchiani ha
"fatto il tunnel nella Sacher", direbbe il
Nanni Moretti di
'Bianca'. Ovvero, nelle paure delle persone, in quel sentimento popolare e populista che vede nell'immigrato
l'usurpatore dei diritti nazionali e, fors'anche, del possesso del corpo delle
donne nostrane. Una morale che riporta ai tempi passati, quando fino al
1996, con le modifiche del codice penale introdotte con la
legge 66 del 15 febbraio 1996, la violenza sessuale era considerata un
reato contro la moralità pubblica e il
buon costume. La vecchia legge, difatti, valutava tale forma di violenza non come un
delitto contro la libertà individuale, bensì sotto un aspetto di
natura moralistica, cui erano accomunate altre fattispecie di delitti ora abrogati, quali: il
ratto a fine di matrimonio; il
ratto a fine di libidine; il
ratto di persona minore di quattordici anni, o la
seduzione con promessa di matrimonio commessa da persona coniugata. Fino al
1996, dov'era la
libertà individuale della donna e la
tutela del diritto alla libertà sessuale? E dov'è, oggi,
nell'antiquato ragionamento della Serracchiani? La libertà della donna è forse subordinata all'appartenenza sociale e geografica dell'uomo che la
'protegge', o che le sta vicino? Uno stupro è sempre uno stupro, le cui aggravanti sono stabilite dal codice e dalla giurisprudenza. E la violenza su una donna è sempre una violenza su una donna, senza distinzioni di provenienza geografica o sociale, senza tratti somatici particolari o differenze linguistiche, senza passaporti o permessi di soggiorno. E, come tale, va condannata, sempre.
La moralità non c'entra nulla. Così come non c'entra nulla la fiducia, la riconoscenza, o un presunto patto sottoscritto tra un Paese accogliente e il suo accolto. Dov'è la riconoscenza nel marito, nel fidanzato, nell'amico o nell'amante che violenta la moglie, la fidanzata, l'amica, l'amante che ha scelto di non volerlo più al suo fianco? Forse, la cura domestica del proprio compagno, salva dalla violenza dell'uomo abbandonato? Se laviamo e stiriamo le camicie dei nostri uomini siamo
automaticamente protette dai loro possibili attacchi di rabbia, perché proveranno
riconoscenza nei nostri confronti? Sembra
un'oscenità il solo pensarlo. E cercare di indurlo nelle coscienze delle persone è, questo sì,
un'aggravante, perché si propone di persuadere le coscienze comuni, convincendole a
'scaricare' tutte le proprie frustrazioni e insoddisfazioni personali su un
nemico immaginario, che impedisce il raggiungimento della felicità.
L'immigrato ci ruba le nostre donne e il nostro lavoro. Noi lo accogliamo e lui poi ci ringrazia stuprando le ragazze che, si sa, sono
'roba' nostra e non vogliamo che qualcuno le stupri al posto nostro. Il discorso ricorda qualcosa? Certo, i famosi
fatti di Colonia del
1° gennaio 2016, quando un gruppo di immigrati, sbronzi e ingrati, turbarono i festeggiamenti per l'anno nuovo della cittadina tedesca molestando un po' a casaccio donne
'rigorosamente tedesche' in giro per la città. Già, perché a leggere le notizie, l'aggettivo che veniva più utilizzato era proprio:
"Ingrato". L'immigrato, quell'ingrato che prima
'si prende' la nostra accoglienza e poi ringrazia tentando di molestare le nostre donne. È certamente più
facile identificare in un nemico comune o in un altro,
'IL' nemico da combattere, da allontanare, da rifiutare. E' una
tentazione politica molto nota, in cui forse la
Serracchiani è caduta, scivolando su una viscida
'buccia di banana'. Ci auguriamo che la razionalità sia più forte della tentazione e che il
Partito, quello
democratico o
sedicente tale, sappia reagire al
'virus' del populismo, tanto caro alle destre e a quei movimenti
'anti-establishment' che del populismo hanno fatto la loro
'virtù'. Ideologica, ovviamente.